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I-Com: “Entro il 2026 Italia connessa al 68% alla rete ultraveloce”

Tra cinque anni sarà il Friuli Venezia Giulia la prima regione per copertura ad almeno 1 gigabit per secondo. Seconda la Sicilia, terzo il Trentino Alto Adige

Pubblicato:26-10-2021 10:46
Ultimo aggiornamento:27-10-2021 11:17
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ROMA – Nel 2026 sarà il Friuli Venezia Giulia la prima regione italiana per copertura ad almeno 1 gigabit per secondo, con una percentuale vicina all’84% dei numeri civici. Lo rivela un’elaborazione curata dal team di ricerca dell’Istituto per la Competitività, I-Com, sulla base dei dati forniti da Infratel, la società in house del ministero dello Sviluppo economico che ha condotto la recente consultazione sullo stato delle reti fisse nel nostro Paese e sulle intenzioni di investimento degli operatori da qui al prossimo quinquennio, nel quale l’Italia dovrà portare a compimento il Piano nazionale di ripresa e resilienza, Pnrr.

Senza le risorse del Pnrr, il 71% dei numeri civici presenti sul territorio nazionale beneficerebbe al 2026 di una rete con velocità superiore a 300 megabit al secondo, prevalentemente costituita da rete a velocità superiore a 1 gigabit per secondo, mentre il restante 29% del Paese sarebbe oggetto di intervento. Andando avanti nella classifica, al secondo e terzo posto si posizionano la Sicilia e il Trentino Alto Adige, che tra cinque anni avranno rispettivamente il 79 e il 78% dei civici coperti. Seguono la Liguria, 76%, il Lazio, 75%, le Marche, 75%, e il Veneto, 74%, mentre nel Mezzogiorno solo Puglia e Molise figurerebbero al di sopra della media nazionale del 68%. Le restanti regioni meridionali compaiono, invece, insieme a Toscana e Valle d’Aosta, nella parte bassa della classifica, con coperture a più di 1 gigabit per secondo nettamente inferiori al resto d’Italia.

Sono questi alcuni dei dati principali che emergono dal rapporto dal titolo ‘Fare reti nella ripresa. Gli scenari del decennio digitale italiano ed europeo‘ condotto dall’Istituto per la Competitività, I-Com, nell’ambito dell’osservatorio annuale sulle reti e i servizi di nuova generazione. Lo studio, curato dal presidente dell’istituto Stefano da Empoli, è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno pubblico a cui hanno preso parte oltre trenta relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese. L’osservatorio è stato promosso in collaborazione con Eolo, Facebook, Google, HPE, Iliad, Linkem e Open Fiber.


Spostando il focus a livello provinciale, quelle del Nord Est, di Genova, Roma e Prato sono tra le prime che raggiungeranno la copertura alla velocità massima, maggiore di 1 Gbps, entro il 2026. Ma pure le province di Ascoli Piceno, Bari, Barletta-Andria-Trani, Cagliari, Palermo, Caltanissetta, Siracusa, Catania e Ragusa. Tutte con un dato superiore all’80%. Dall’altro lato, invece, ci sono quelle in cui sarà indispensabile un importante intervento statale per poter raggiungere la soglia di 1 gigabit per secondo necessaria a garantire gli obiettivi di connettività definiti nel Digital Compass europeo. Si tratta, nello specifico, di Oristano, di Nuoro, del Sud della Sardegna, dove l’intervento riguarderà all’incirca 3 civici su 4, di Sassari, Chieti, Vibo Valentia, L’Aquila, Catanzaro, Teramo e Potenza.

Le risorse finalmente ci sono, sebbene siano ancora in discussione i meccanismi di assegnazione – ha sottolineato il presidente I-Com Stefano da Empoli – al netto dei tempi burocratici, i restanti quattro anni a disposizione per l’infrastrutturazione costituiscono un tempo assai limitato, in cui rischiano persino di non essere sufficienti le imprese e le risorse umane necessarie a portare a termine i lavori. Per questo motivo potrebbe essere utile prevedere meccanismi incentivanti per ottimizzare il numero degli interventi e favorire la condivisione delle opere tra i diversi operatori, così come valutare opportune politiche di reskilling aziendale finalizzate ad aumentare la forza lavoro impegnata in queste mansioni”.

Lo studio, inoltre, contiene anche quest’anno l’I-Com Broadband Index, l’indice elaborato dall’istituto che misura lo sviluppo dei servizi digitali nei mercati nazionali ed europei, con un focus particolare sul piano della domanda, quindi il grado di digitalizzazione degli italiani, e dell’offerta, ovvero il livello di sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione. Nella classifica generale risulta che l’Italia abbia guadagnato due posizioni rispetto alla scorsa edizione, piazzandosi al 20° posto. A dispetto di questo risultato positivo, va sottolineato però come il punteggio si sia in realtà ridotto, seppure di poco, quasi tre punti, a causa di un aumento del divario rispetto al vertice della classifica, facendo rimanere il nostro Paese sotto la media europea per gran parte degli indicatori.

In sostanza, vi sono diversi Stati membri dell’Unione che quest’anno hanno fatto peggio di noi. A tal proposito lo studio evidenzia, ad esempio, come le aspettative sull’andamento dell’e-commerce siano state in realtà disattese. Nonostante il 2020 sia stato un anno scandito da lockdown e restrizioni varie, solo il 44% degli italiani ha acquistato beni o servizi su Internet, a fronte di una media Ue del 65%. Non è un caso a questo riguardo che siamo terzultimi in Europa, seguiti solo da Romania e Bulgaria. Tornando all’indice IBI, è il Nord Europa a registrare i risultati migliori. A fare la parte del leone è la Danimarca, che prende il posto della Svezia, quest’anno in seconda posizione. Seguono nella graduatoria i Paesi Bassi al terzo posto e la Spagna al quarto mentre la Germania e la Francia si posizionano rispettivamente al 14° e 18° posto.

Il rapporto, tuttavia, evidenzia il segnale positivo che arriva dall’Italia sul fronte della domanda: per la prima volta il nostro Paese si posiziona al di sopra della media Ue nel grado di penetrazione della banda larga ultra veloce, con quasi il 47% degli abbonamenti con una velocità almeno pari a 100 megabit per secondo. Un dato cresciuto di oltre l’11%, che ci ha consentito di superare la media europea di 2,2 punti e salire al 22° posto. In generale, la classifica ricalca quella stilata lo scorso anno, con la Spagna prima tra i principali Paesi europei alla luce del quarto posto conquistato anche quest’anno. Sul lato dell’offerta, infine, l’Italia ha perso una posizione, passando dal 15° al 16° posto con un punteggio di 76,3 su 100, oltre 10 punti in meno rispetto all’anno precedente. Si tratta di un risultato dovuto principalmente a un modesto incremento nella copertura dell’FTTP, cresciuta di soli quattro punti a fronte di un incremento medio a livello europeo del 9%.

LISI (ANORC): DIPENDENTI AZIENDE POCO CONSAPEVOLI PROBLEMA HACKER

Quasi ogni giorno abbiamo notizia di attacchi hacker a un ente pubblico, a piccole aziende o anche a medio-grandi società. L’ultima in ordine di tempo è stata la San Carlo. Si tratta di malware soprattutto, che si introducono non tanto a causa di sistemi di sicurezza deboli, quanto piuttosto per scarsa consapevolezza del problema da parte dei dipendenti. Basta una mail, un click sbagliato e il gioco è fatto”. Lo ha detto il presidente di Anorc (Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali), Andrea Lisi, nel corso di un’intervista all’Agenzia Dire, commentando l’incremento degli attacchi hacker secondo l’ultimo rapporto I-Com.

LISI (ANORC): IN ITALIA TROPPA DISTANZA TRA NORD E SUD

“L’Italia sta cercando di investire su politiche di digitalizzazione, anche considerando i fondi a disposizione del PNRR. Si percepisce però che c’è un’Italia di serie A e una di serie B. Ci stiamo rendendo conto che il Nord ha uno sviluppo di rete e di infrastrutture oltre che di consapevolezza della digitalizzazione, e una parte del Paese che invece frena, il Sud. La pandemia ha invece fatto capire che non avere una buona digitalizzazione significa faticare ad avere rapporti con la P.A. ma anche con il sistema sanitario”. Lo ha detto il Presidente di Anorc (Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali), Andrea Lisi, nel corso di un’intervista all’Agenzia Dire, commentando l’ultimo rapporto I-Com sul livello di digitalizzazione in Italia.

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