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Giù le mani dal ‘mobile money’, in Tanzania la tassa è abolita

Ma altri Paesi africani vanno avanti con le imposte nonostante le critiche

Pubblicato:26-09-2022 15:18
Ultimo aggiornamento:26-09-2022 15:18

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(Crediti Wikicommons / The Conversation)

ROMA – Giù le tasse su prelievi bancomat, transazioni bancarie e soprattutto “MoMo”, “mobile money”, uno degli strumenti per inviare e ricevere denaro piu’ popolari in Tanzania e in Africa in genere.
La decisione, che prevede tagli radicali o abolizioni totali e sarà effettiva dal primo ottobre, è stata presa dal governo di Dodoma dopo un’ondata di critiche e proteste contro una legge in vigore dal luglio scorso.

LE AGENZIE STATALI DOVRANNO RISPARMIARE ANCHE SUGLI SNACK

A essere revocate saranno anche le imposte sui ritiri in banca e prelievi bancomat per un valore superiore a 30mila scellini locali, l’equivalente di 12 dollari e 87 centesimi.
Secondo stime illustrate in parlamento dal ministro delle Finanze Mwigulu Nchemba, con le imposte sulle transazioni bancarie e “mobile” l’erario contava di incassare in un anno l’equivalente di 213 milioni di dollari. Quello che ora, stando alle nuove direttive, dicasteri e agenzie statali dovranno risparmiare tagliando non solo viaggi all’estero, workshop e seminari ma pure tè e snack.


IMPOSTE E PROTESTE ANCHE IN ALTRI PAESI DELL’AFRICA

Un avvertimento anche per altri governi africani, che dopo l’ulteriore crescita del comparto digitale in tempi di pandemia hanno introdotto tasse analoghe per aumentare le entrate con i contributi del settore “informale”, economicamente decisivo. Il confronto resta acceso in particolare in Ghana, dove l’imposta sul “MoMo” è in vigore da maggio e prevede un’aliquota dell’1,5 per cento.
Come si ricorda in un articolo pubblicato dal portale di divulgazione scientifica The Conversation, la misura è parte di una strategia nazionale che mirerebbe a ridurre la dipendenza del governo di Accra dagli aiuti esteri.
Secondo i critici, organizzatori in Ghana anche di alcune manifestazioni di protesta, la tassa colpisce circa l’89 per cento dei lavoratori, che fanno parte del settore informale. L’accusa è che l’imposta non rispetti un principio di equità e non tenga conto del fatto che i contribuenti sono già soggetti a prelievi fiscali indiretti attraverso l’Iva su beni di largo consumo.

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