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Svamini Atmananda Giri, la monaca che con la danza offre “se stessa a Dio”

La danzatrice e monaca induista si racconta a pochi giorni dal Dipavali Festival, la festa indù della luce

Pubblicato:26-09-2019 13:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:45

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ROMA – “La danza è una forma di preghiera, una comunicazione con Dio, totalmente legata alla spiritualità. É così che la scelta di diventare monaca induista è stata per me un proseguimento naturale dopo aver dedicato tanti anni allo studio di questa disciplina. Attraverso la danza io continuo ad offrire me stessa a Dio”. Lo ha detto all’Agenzia Dire Svamini Atmananda Giri, danzatrice e monaca induista, a pochi giorni dal Dipavali Festival, la festa indù della luce, che si terrà a Roma il 3 e 4 novembre.

‘LA DANZA: UNA GOCCIA CHE MI HA FATTO SCOPRIRE UN OCEANO’

Una passione nata da piccola, grazie ad una famiglia “da sempre molto vicina alla cultura indiana- ha spiegato- Dopo aver assistito per la prima volta ad uno spettacolo di danza indiana ho iniziato a studiarla in Italia con insegnanti indiani e successivamente anche in India in vari viaggi, iniziando dal Bharathanatyam, uno stile di danza classica molto complesso, in cui- attraverso una disciplina graduale del proprio corpo che ti permette poi di muoverti con consapevolezza nello spazio anche attraverso un linguaggio simbolico dei gesti- si arriva ad un tipo di comunicazione che mi ha da subito affascinata. La danza in effetti ha accompagnato tutta la mia vita e il mio percorso di crescita e nel 1997, a 15 anni, ho conseguito il titolo di danzatrice ufficiale, con il rituale Aranghetram ‘dono delle cavigliere’. Da quel momento, in contemporanea all’Università, ho iniziato anche a fare spettacoli”. Una vita che l’ha portata successivamente ad entrare nel Monastero induista Svami Gitananda Ashram di Altare, a Savona, e a diventare monaca induista nel 2008 con il nome di Svamini Atmananda Giri, che, come ha spiegato, “è un augurio, un’aspirazione, una maniera per avvicinarsi a Dio e trovare una connessione con esso”. (Atmananda infatti significa ‘attraverso l’anima si raggiunge la beatitudine’, Svamini è il titolo di monaca, e Giri si riferisce all’ordine monastico). In monastero “ho continuano a studiare danza, e mi sono avvicinata anche allo yoga, allo studio del sanscrito, della filosofia. La danza è stata una goccia che mi ha fatto scoprire un oceano”.

LA GIORNATA DI UNA MONACA

“La vita di una monaca/o è dedicata completamente a Dio e alla comunità- ha raccontato Svamini Atmananda Giri- La giornata è scandita in maniera precisa: si inizia la mattina molto presto con un momento di preghiera personale nella propria stanza, poi ci si riunisce nel tempio per un momento di condivisione e meditazione, per avere poi un momento più dinamico legato allo yoga. Successivamente ogni monaco segue le sue attività, sia dentro che fuori dal monastero, che si differenziano in base alle sue attitudini. Prima del pranzo ci si riunisce di nuovo nel tempio, poi si mangia e ognuno ritorna alle proprie attività. Prima della cena ci si dedica allo studio delle scritture con una guida, poi si cena e prima di andare a dormire una preghiera più meditativa nel tempio. Per quanto mi riguarda io esco per insegnare danza o praticare, perché lo studio di queste arti orientali non prevede mai un punto di arrivo, ma è un laboratorio continuo così come nella pratica monastica. L’attenzione ai proprio pensieri e alle proprie attitudini- ha spiegato- scandisce ogni momento, è un lavoro su se stessi che diventa in entrambe le pratiche quasi un’esperienza mistica”. Per quanto riguarda la possibilità di diventare monaci, “nell’Induismo chiunque può decidere di diventare monaca/o, naturalmente dopo aver fatto un percorso di rinuncia rispetto alla vita secolare ed è quasi un passaggio inevitabile, come uno stadio della vita”.


MONACI INDUISTI: NE’ UOMINI, NE’ DONNE

“Quando si sceglie la vita monastica l’identità di genere sparisce, non si è più nè uomo nè donna. In un monastero come il mio per esempio, ci si ritrova come fratelli e sorelle e ognuno pratica il suo cammino, non è il sesso che ci distingue, ma l’attitudine personale”.

INDUISMO ED EUTANASIA

Dopo la sentenza della Consulta sulla non punibilità di Marco Cappato per aver aiutato DJ Fabo a morire, è forte in Italia il dibattito sull’eutanasia. “Nella religione induista c’è un grandissimo rispetto per la vita, sacra e rara, e per quanto riguarda l’eutanasia- ha concluso Svamini Atmananda Giri alla Dire- di certo la vita va vissuta interamente anche per motivi ‘karmici’, ogni azione è legata a una catena di causa-effetto. Ciò non esclude la responsabilità individuale riguardo alle scelte e andrebbe valutato quindi ogni singolo caso a riguardo”.

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