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Con il caldo estremo, gli incendi in aumento e la deforestazione c’è il rischio di nuove epidemie

Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima): "E' necessario rendere le città resilienti ai cambiamenti climatici"

Pubblicato:26-07-2022 17:48
Ultimo aggiornamento:26-07-2022 17:48

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Temperature record, siccità estrema e forti temporali improvvisi, cedimenti di montagne, incendi che divampano sempre più frequentemente in tutto il Paese, deforestazione, sono tutti effetti dei cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo e che incidono, in misura diversa, sia sulla salute dell’uomo che su quella degli ecosistemi.
“L’incremento del numero di incendi dovuto all’aumento delle temperature estive porta con sé un primo impatto negativo a causa della formazione di polveri tossico nocive che si liberano in atmosfera e che vanno a incrementare, nelle zone interessate, il tasso di inquinamento”, spiega Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), professore alla Statale di Milano, e nel tavolo tecnico Salute e ambiente del ministero. “Ci sono poi i fenomeni estremi come la siccità da un lato e i temporali forti e improvvisi dall’altro che creano problemi sia alle coltivazioni sia alle infrastrutture con conseguenti ripercussioni sulla sicurezza della continuità alimentare- continua Miani- fenomeni che in questo momento non riguardano direttamente l’Italia ma che portano a carestie in molti paesi con conseguenti migrazioni delle popolazioni”.

IL PERICOLO DELLE DEFORESTAZIONI

“L’uomo sta invadendo sempre di più territori naturali che prima non venivano toccati e questo avverrà in misura sempre maggiore tanto che le previsioni internazionali dicono che entro la fine di questo secolo vedremo un innalzamento medio dei mari nell’area del Mediterraneo di circa 1 metro, questo vuol dire- continua il presidente Sima- una riduzione delle terre per fini agricoli e dunque ricadute importanti per l’uomo”.
“A livello globale- sottolinea Miani- la contaminazione umana di territori selvaggi porta al fatto che ci sia una possibile contaminazione tra specie selvatiche portatrici di virus a noi oggi sconosciuti. Non solo, l’innalzamento delle temperature sta portando nel nostro Paese una serie di specie ‘aliene’, ossia che non fanno parte delle nostre latitudini, sia vegetali sia animali, che possono essere vettori per virus o possibili fattori di zoonosi, cioè il passaggio di malattie dall’animale all’uomo. Stiamo assistendo già adesso a un’anomala invasione d’insetti come zecche, cavallette e zanzare tigri- spiega il presidente Sima- In questo contesto, insieme all’inesorabile deforestazione del pianeta, all’estinzione di numerose specie viventi e a una sempre minore biodiversità, vanno emergendo e diffondendosi nuove epidemie e malattie”.

SPAZIO ALLE ENERGIE RINNOVABILI

Un quadro allarmante quello lanciato dal presidente Sima che sottolinea come “ il punto di non ritorno sta per essere raggiunto. Se non cerchiamo di porre immediatamente rimedio a questa situazione, almeno cercando di rallentare questo processo- dice- saremo costretti ad assistere a fenomeni estremi che saranno sempre più frequenti e questo porterà con sé patologie, fragilità e costi enormi in termini economici”, evidenzia l’esperto per il quale il primo step è “l’abbandono dei combustibili fossili verso fonti di energia rinnovabile”.


SE LE CITTA’ SONO RESILIENTI

Non solo. “Sappiamo che entro la fine del secolo le città da metropoli diventeranno megalopoli e ospiteranno almeno il 70% della popolazione mondiale- continua Miani- dunque è importante mettere al centro la salute dei cittadini. Quando ci sono fenomeni estremi o di grande caldo sono, infatti, proprio le città quelle in cui se ne risente di più. Dunque l’obiettivo dovrebbe essere quello di renderle resilienti ai cambiamenti climatici, ci si dovrebbe occupare di ‘urban health’ ossia pensare e pianificare la città sulla base delle esigenze di salute di chi le abita”. Un esempio? “Il verde urbano- dice Miani- un recente studio americano afferma che se avessimo la superficie di una città per il 40% coperta di verde (pensile, verticale o piantumato) potremmo ridurre la temperatura di ben 8 gradi centigradi. Mettere alberi sparsi ,senza una pianificazione corretta, invece riduce la temperatura solo nel raggio di 100 metri dalla presenza della pianta”. Uno dei problemi, però, “è che non abbiamo abbastanza alberi- evidenzia l’esperto- e quindi bisogna fare ricorso a nanotecnologie, ad esempio sotto forma di vernici che sono in grado di intercettare per 10-20-30 anni tutti i principali inquinanti atmosferici che si trovano nelle città. Li intercettano e li neutralizzano ossia li trasformano in sottoprodotti non negativi per la salute. Se questo sistema fosse applicato sulle superfici esposte della città- come i palazzi- sarebbe in grado di ridurre l’inquinamento urbano del 40%”.
Ma se “a livello mondiale molti paesi stanno già andando nella direzione di rendere resilienti le loro città e dunque di abbattere gli inquinanti atmosferici con le nanotecnologie e la riforestazione, in Italia siamo indietro- osserva Miani- il nostro non è un paese resiliente da questo punto di vista. Eppure stando agli scenari internazionali, proprio il nostro paese, essendo al centro del Mediterraneo, sarà un’area particolarmente colpita dagli effetti dei cambiamenti climatici. Dunque bisogna investire in ricerca ma anche in buone pratiche. Vanno pensate le cose ascoltando un po’ di più la scienza e dimenticandosi degli interessi particolari di tipo elettoralistico”, conclude il presidente Sima.

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