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Terrorismo, l’italiano in Gambia: “Qui tante fedi e nessun radicalismo”

Parla Gianluca Zanini, un medico italiano che vive e lavora a Banjul

Pubblicato:26-04-2018 16:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:49

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ROMA – “Terrorismo islamico e ‘radicalizzazione’ in Gambia non esistono; qui musulmani e cristiani si mischiano perfino nelle famiglie e gli uni rispettano le celebrazioni degli altri”: a parlare con l’agenzia DIRE è Gianluca Zanini, medico italiano che vive e lavora a Banjul. Lo spunto del colloquio è il fermo di un immigrato originario del Gambia nel quadro di un’indagine antiterrorismo della Procura di Napoli.

L’ipotesi è che l’uomo, richiedente asilo, stesse progettando un attentato. In attesa dei riscontri della magistratura, Zanini sottolinea che sia il Gambia sia il vicino Senegal sono Paesi “per storia e natura contrari a ogni forma di integralismo religioso“. Il medico era a Banjul nel gennaio 2017, nei giorni della festa popolare per la dipartita di Yahya Jammeh, salito al potere con un golpe e restato poi in carica per oltre 20 anni.

“Da capo di Stato aveva stabilito che il Gambia diventasse una repubblica islamica – sottolinea il medico – ma la popolazione ha semplicemente ignorato il suo decreto, alimentando un modello di convivenza tra tante fedi, musulmana, cristiana e perfino induista”.


Il cambiamento alla guida dello Stato, con le elezioni del 2016 vinte dal candidato di opposizione Adama Barrow, avrebbe migliorato le condizioni politiche e sociali. “Molti gambiani sono rientrati dal Regno Unito, dalla Francia e anche dall’Italia portando a volte con sé un patrimonio di esperienze professionali e avviando attività artigianali o commerciali” sottolinea Zanini. Convinto che a testimoniare una fase differente sono anche i nuovi investimenti, cinesi ma anche europei, con il ritorno di Banjul nel Commonwealth e la Germania pronta a investire in una centrale elettrica per la capitale.

E l’allarme terrorismo, allora, come si spiegherebbe? “La radicalizzazione – risponde Zanini – sembra anzitutto la conseguenza dell’isolamento in Europa dei migranti, chiusi in piccole enclave e privi di opportunità”.

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