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L’EVENTO – Vaccini, l’industria e gli esperti si interrogano su ‘Disease X’

L'esperto: "“Non ci sono dubbi che presto avremo una nuova pandemia”

Pubblicato:26-03-2018 14:18
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:40
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ROMA – Per il mondo dei vaccini e della virologia il 2018 è un anno particolare, perché è l’anno del centenario dell’influenza spagnola. Inevitabile, quindi, che eventi e convegni abbiano al centro dell’attenzione il tema della “prossima pandemia”, tanto temuta quanto sconosciuta. Capace di fare più morti della Prima Guerra Mondiale, l’epidemia spagnola fu una pandemia che fra il 1918 e il 1920 uccise circa 60milioni di persone in tutto il mondo (oltre 600mila solamente nel nostro paese), dopo che il virus H1N1 arrivò a infettare circa 500milioni di persone dall’Europa alle isole del Pacifico. Fu un disastro di dimensioni apocalittiche, in cui i poveri spagnoli non c’entrarono per nulla (furono i giornali iberici a riportarne la notizia perché liberi dalle censure che esistevano nell’informazione dei Paesi in conflitto, visto che la Spagna era neutrale durante la guerra). L’origine del ceppo virale è stata indubbiamente epizoozotica, forse localizzata nella Cina meridionale, con un virus passato dai volatili ai maiali successivamente all’uomo. Negli ultimi anni il “pericolo pandemia” ha portato a reazioni più o meno scomposte (si veda il “caso suine flu”) con le organizzazioni internazionali incapaci di governare correttamente le azioni sanitarie e la comunicazione, generando anche involontariamente parte di quella “cultura antivaccino” purtroppo ben diffusa anche in Italia, che è un mix di diffidenza verso le agenzie sanitarie e i medici, e di rabbia contro le aziende del farmaco.

La 18a edizione del World Vaccine Congress

Nei prossimi giorni – proprio in concomitanza dei 100 anni della “spagnola” – si tiene a Washington uno dei più importanti eventi clinico-industriali dedicati ai vaccini: si tratta della 18a edizione del World Vaccine Congress (http://www.terrapinn.com/conference/world-vaccine-congress-washington/index.stm), conferenza che mette insieme ricercatori di prestigio, esponenti governativi, aree R&S di aziende di produzione di vaccini, agenzie regolatorie mondiali, esperti di comunicazione e di diritto.

Il “Disease X”

Dove sta l’interesse verso questo evento? Nel suo chairman: a governare il tutto sarà infatti Greg Poland, direttore del Vaccine Research Group presso la Mayo Clinic di Rochester, nel Minnesota. Virologo di fama mondiale, Poland è uno dei massimi interpreti del pericolo “Disease X”, cioè dell’ipotesi dell’arrivo di un ceppo infettivo che secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità potrebbe provocare nei prossimi anni una pandemia su scala internazionale. La “X” sta per “ceppo sconosciuto”, laddove virus come Ebola, Sars e Zika sono già ben conosciuti e in una qualche maniera rientranti all’interno dei sistemi di profilassi predeterminati. “Non ci sono dubbi che presto avremo una nuova pandemia”, ha affermato recentemente Poland, “quello che non conosciamo è il suo grado di virulenza”. Il coordinamento di Poland bene introduce i lavori di questo congresso mondiale, che si presenta soprattutto come palcoscenico di confronto e condivisione per chi fa ricerca e per le industrie di settore, che sono il vero cuore delle sperimentazioni.


Ci sarà spazio per tanti approfondimenti (dall’HIV alla Dengue, dai vaccini a nanoparticelle ai vaccini contro le neoplasie), ma Disease X sarà il protagonista sottaciuto della gran parte degli interventi degli speakers. E il loro obiettivo dichiarato è: fare velocemente senza allarmare. Vedremo quali saranno le soluzioni proposte. Interessante notare che un’intera area del programma del World Vaccine Congress è dedicata al tema della corretta comunicazione: Quali lezioni abbiamo imparato dalla gestione dell’influenza suina nel 2009-2010? E soprattutto: come comunicheremo ai cittadini e ai medici affinché le gestioni dei virus nel futuro siano basate su piattaforme non allarmistiche? Saranno due big americani come Daniel Salmon (direttore dell’Istituto per i vaccini della John Hopkins University) e Karin Bok (Direttore del dipartimento di Stato Americano per la salute) a provare a dare risposte.

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