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Egitto, a casa degli scomparsi di Al-Sisi. Fotoreportage

Il fotoreporter Adel Karim racconta le vittime della repressione nell’Egitto di Abdel Fattah Al-Sisi

Pubblicato:26-03-2018 09:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:40
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Il Cairo, Nisreen mostra una foto del suo amico Hassan Al-Banna, fatto scomparire al Cairo con il suo coinquilino Mustapha Al-Aasar. Oggi Hassan è detenuto in attesa di processo

di Giulia Beatrice Filpi

ROMA – Nisreen accetta di farsi fotografare, ma non vuole parlare di sé, né rivelare il suo vero nome. Tiene tra le mani un telefono che mostra la fotografia del suo amico Hassan, fatto sparire il 4 febbraio scorso insieme al collega Mustafa mentre usciva per andare a lavoro.

Il Cairo, Hassan (nella foto che appare sul tablet) lavorava come correttore di bozze per la testata indipendente “Shourouk News”. E’ stato fatto sparire proprio come Giulio Regeni

L’arresto di Hassan Al-Banna, un giornalista di 25 anni, è stato formalizzato solo due settimane dopo la scomparsa. Le accuse, uguali a quelle di migliaia di detenuti politici ancora oggi nelle carceri egiziane, sono di “appartenenza a un gruppo terroristico” e “diffusione di false notizie sulla situazione attuale dell’Egitto”.


Il Cairo, Hassan Al-Banna è accusato di “Appartenenza a un gruppo terroristico” e “diffusione di false notizie sulla situazione attuale dell’Egitto”

“E’ depressa, forse avrebbe voluto raccontarmi di più di come vive questo momento, ma ha paura di dire qualsiasi cosa che possa rivelare la sua identità” spiega il fotografo Adel Karim, autore per l’agenzia DIRE del ritratto della donna, uno dei volti di questo fotoreportage sulle vittime della repressione nell’Egitto di Abdel Fattah Al-Sisi.

Attraverso le immagini e le storie di chi convive costantemente con l’assenza di un amico, di un fratello, di un figlio, Adel racconta il lato più oscuro del regime di Abdel Fattah Al-Sisi, quello delle detenzioni arbitrarie e delle sparizioni forzate.

Il Cairo, piazza Tahrir. Moussa Mustapha Moussa (nei cartelloni in basso) è l’unico sfidante del presidente uscente Al-Sisi

Nelle elezioni al via oggi e in corso fino a mercoledì, l’ex-generale vedrà riconfermato il suo monopolio sul potere: tutti i concorrenti sono stati arrestati o costretti a ritirarsi, eccetto Moussa Mustafa Moussa, un uomo politico poco conosciuto, che appoggiava il presidente fino al giorno della sua candidatura, giunta pochi minuti prima dello scadere dei termini utili per la presentazione.

Hajja Reda, mostra una foto di suo figlio Mahmoud ‘Shawkan’, arrestato nel 2013 mentre seguiva, come fotoreporter, la manifestazione repressa nel sangue a piazza di Rabaa Al Adawya

Hajja Reda è la madre di Mahmoud Abou Zeid, noto semplicemente come Shawkan. Il fotoreporter fu arrestato mentre, il 14 agosto 2013, documentava la manifestazione dei Fratelli musulmani a piazza Rabaa Al-Adawiya, repressa nel sangue, con almeno 817 morti. Proprio mentre Adel la ritraeva, seduta sul letto, con in mano la foto del figlio, per Mahmoud si svolgeva l’ennesima udienza di un processo infinito.

È stato rinviato per la 54esima volta al 31 marzo, mentre le condizioni di salute del trentenne, in carcere da oltre mille giorni, continuano ad aggravarsi. Rischia di essere impiccato con l’accusa di “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio” e “tentato omicidio”: l’associazione Reporters sans frontières ha condannato la “totale sproporzione della sentenza proposta”.

“La madre di Shawkan snocciolava informazioni su suo figlio fissando la tv. Di tanto in tanto si interrompeva, come se stesse realizzando quello che diceva, e la sua espressione si faceva più triste” racconta Adel.

“Poi mi ha mostrato le sue cose, ma ho avuto la sensazione che, già da prima, avesse voglia di guardarle” racconta il fotografo Adel Karim.

“Mi ha parlato di quando era un ragazzino, della sua passione per la fotografia e delle sue avventure. Era così orgogliosa, mentre mi spiegava che non vuole lasciare il suo lavoro… Poi mi ha mostrato le sue cose, ma ho avuto la sensazione che, già da prima, avesse voglia di guardarle”.

Anche Islam Khalil l’hanno portato via, facendolo sparire nel nulla. L’8 marzo 2018, questo giovane di 29 anni, impiegato come addetto alle vendite, si trovava ad Aswan: secondo l’ong Karama, che ha sede al Cairo, è stato fatto scomparire lo stesso giorno. A raccontare la sua storia è Nour, il fratello: entrambi non sono mai stati attivi in politica, ma soltanto, ha spiegato Nour ad Adel Karim, “partecipato a manifestazioni che avevano a che fare con i propri bisogni, come ogni cittadino egiziano”. Il 25 gennaio 2014, Nour è stato arrestato e accusato di manifestazione non autorizzata e adesione a un gruppo terroristico. È stato incarcerato per tre mesi, poi rilasciato.

Gharbia, Egitto. Nour Khalil è il fratello di Islam, fatto scomparire per la seconda volta l’8 marzo di quest’anno

Il 24 maggio le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sua casa e arrestato lui, il padre e il fratello: è stato portato in una stazione di sicurezza per interrogatori durante i quali ha subito diverse forme di tortura.

Gharbia, Egitto. Nel 2016 Islam Khalil è stato bendato e torturato per 122 giorni consecutivi. Suo fratello Nour (nella foto) ha subito diverse forme di tortura nello stesso anno

Lui e il padre sono stati rilasciati rispettivamente dopo quattro e dieci giorni, ma la sorte di Islam è stata diversa. Per 122 giorni è stato spostato da un centro di detenzione all’altro e torturato, rimanendo costantemente bendato e ammanettato.

Nell’ottobre del 2016, Nour ha testimoniato al Consiglio supremo dei diritti umani e chiesto che il caso della sua famiglia venisse presentato al procuratore generale. In seguito alla denuncia, le autorità gli hanno intimato di dimenticare ciò che gli era successo e di non parlarne più con nessuno, in particolare con i media.

Gharbia, Egitto. Nour è stato arrestato diverse volte. L’ultima, dopo aver denunciato gli abusi subiti dalla sua famiglia

Il padre di Nour, un commerciante di riso, è stato arrestato di nuovo lo scorso ottobre: gli è stato detto di lasciar cadere le denunce contro il governo, e di tenersi lontano, insieme al figlio, da qualsiasi azione giudiziaria. Lo stesso mese, il padre di Nour è stato condannato a un anno in prigione. Per la scomparsa di Islam è stata sporta una nuova denuncia al procuratore generale. Per ora, non c’è stata alcuna risposta.



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