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Covid, questo matrimonio non s’ha da fare: allarme rinvii a Bologna

Un centinaio tra fotografi, wedding planner, imprese di catering, musicisti, fiorai e creatori di bomboniere sono scesi in piazza per chiedere alla Regione di ripartire

Pubblicato:26-02-2021 16:10
Ultimo aggiornamento:26-02-2021 16:10
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Manifestazione settore matrimoni sposi bologna
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BOLOGNA – Il Covid ha fermato i matrimoni. E oltre a sposi tristi sono lacrime e dolori anche per gli ‘addetti ai lavori’ del settore. “Vogliamo sapere dalla Regione una data di ripartenza. Le nostre spose hanno bisogno di risposte, altrimenti succederà che sposteranno tutto nuovamente o annulleranno addirittura”, con la conseguenza che le aziende avrebbero “due anni di fatturato nullo”. È in queste parole lo sfogo del settore dei matrimoni sceso oggi in piazza a Bologna per chiedere di ripartire: davanti al palazzo della Regione Emilia-Romagna, ci sono un centinaio tra fotografi, wedding planner, imprese di catering, ma anche musicisti, fiorai, creatori di bomboniere, persino negozi di fuochi d’artificio. E lanciano l’allarme: “Siamo ormai da troppo tempo alla canna del gas. Qui non si lavora ragazzi. I nostri sposi sfiduciati stanno nuovamente posticipando le loro nozze e le nostre aziende stanno chiudendo i battenti”, sferza il fotografo Angelo Mazzoncini, che ha promosso la manifestazione solo tramite il passaparola tra i suoi contatti e riunendo il tutto sotto il nome gruppo “Mondo eventi e wedding”.

Sul palco allestito per l’occasione campeggiano tre manichini con gli abiti da sposa, di fronte a sedie bianche lasciate simbolicamente vuote. Ad ascoltare le ragioni della protesta c’è anche Vincenzo Colla, assessore regionale al Lavoro, che ha incontrato una delegazione insieme al presidente Stefano Bonaccini e all’assessore al Bilancio Paolo Calvano. Un incontro di circa 30 minuti, durante il quale è stato recepito come “interessante” il protocollo presentato dai ‘matrimonialisti’, che si basa sull’esecuzione del tampone “durante le 48-72 ore precedenti l’evento”, con la possibilità di risalire ai nomi e contatti in caso di contagio. Con la Regione Emilia-Romagna si è parlato anche di ristori, che “non saranno più valutati come codici Ateco ma in base al calo di fatturato”. E la Regione si è detta “pronta a mettere a disposizione il proprio servizio di sicurezza e prevenzione, per un lavoro che potrebbe essere alla base di protocolli nazionali utili alla ripartenza del settore nei prossimi mesi, in vista dell’estate”, nella speranza che “i nuovi sacrifici di queste settimane possano portare a una situazione migliore nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.

Riaprire dunque, in sicurezza. “Siamo venuti qua oggi perché vogliamo sapere dalla Regione una data di ripartenza: abbiamo bisogno di ripartire, capite che mantenere delle aziende con due anni di fatturato nullo è impossibile”, è l’appello di Simone Bisognin di villa Leda e Romano a Zola Predosa, nel bolognese. E anche le istituzioni devono dare una mano. “Riguardo ai pochi eventi di cui siamo a conoscenza dove ci sono stati dei contagi abbiamo scoperto che le regole non erano state mai mantenute”, spiega Bisognin. Per questo, oltre a chiedere garanzie e date certe (“i ristori nella nostra categoria sono zero”), “chiediamo anche supervisione e controllo maggiore delle istituzioni” per tutelare chi li fa in sicurezza. Oltre a questo, se le chiusure non si dovessero fare più stringenti, dovrebbero anche infondere “tranquillità e fiducia”, aggiunge Mazzoncini, che ricorda che “l’anno scorso si sarebbe potuto fare l’85-90% dei matrimoni ma gli sposi erano spaventati“. Per questo il settore attende gli sviluppi ma l’allerta è massima. “Abbiamo subito un colpo importante a livello di fatturato e rischiamo che la maggior parte delle aziende non arrivino al 2022”, conclude Bisognin.


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