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La legge sulle unioni civili: riforma o grande ipocrisia?

di Barbara Varchetta,  (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali) L’approvazione al Senato della legge sulle unioni civili,

Pubblicato:26-02-2016 12:59
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:03

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di Barbara Varchetta (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali)

L’approvazione al Senato della legge sulle unioni civili, che avrebbe dovuto segnare una svolta verso la declamata rivoluzione culturale sostenuta dal Governo nonché il tanto anelato riconoscimento dei diritti alle coppie gay, si è trasformata in una vittoria di Pirro per ciascuno degli schieramenti politici presenti in Parlamento. Non può parlarsi di una vittoria compiuta per il PD che, dal dibattito delle ultime settimane, è uscito più lacerato che mai e costretto a prendere atto dell’inesistenza di una maggioranza schiacciante a sostegno di Renzi.

Dover tornare sui propri passi, pietire il supporto del gruppo che fa capo a Verdini, fino a poco tempo fa il deus ex machina di Forza Italia e fedelissimo di Berlusconi, cedendo alle pressioni del Ncd di Alfano, Movimento Cinque Stelle e qualche sparuto rappresentante dei cattolici, non è stato proprio uno spettacolo edificante, al netto dei trionfalismi manifestati su twitter dalla maggioranza di governo. Stralciare la stepchild adoption ma rinviare, di contro, alla legislazione vigente in materia di adozioni è apparsa soltanto come una grande ipocrisia. Non è una vittoria neanche per i Cinque Stelle che, tirandosi indietro proprio all’atto della decisione, e dopo aver trascorso anni a battersi (con sensazionali parole e prese di posizione virtuali) per i diritti civili, hanno finito sostanzialmente col tradire il mandato conferito loro dagli elettori, mostrandosi pavidi e timorosi forse in nome di una manciata di preferenze che ne hanno condizionato l’agire.


Sconfitta clamorosa, poi, per Ncd, FI, Lega Nord e “cattolici riuniti” che hanno dovuto incassare l’approvazione della legge (per la quale si attende ancora il sì della Camera) che per differenziare le unioni dal matrimonio si limita ad escludere l’obbligo di fedeltà nelle prime. Dunque invariata, nella sostanza, rispetto alla sua formulazione originaria. In tema di stepchild adoption, invece, i partiti di cui sopra hanno potuto incidere soltanto limitatamente, dovendo ingoiare il rospo di un diretto rinvio, contenuto nel testo (art. 20) appena passato al Senato, all’attuale normativa regolante le adozioni. Del resto anche la stepchild adoption prevedeva che fosse un giudice ad avere l’ultima parola sull’adozione del figlio naturale dell’altro coniuge….

Avranno compreso, i belligeranti parlamentari, di aver votato comunque a favore di unioni civili ed adozioni? Probabilmente sì, ma i toni della propaganda, ai fini elettorali, devono rimanere alti per dar prova di un supposto (ma non verificato) attivismo… non fosse altro che per tentare la conservazione, simile ad una fusione a fuoco, di poltrone e ruoli. A creare ulteriore sgomento sono arrivate le immagini del voto al Senato, diffuse da televisioni e giornali, che hanno consegnato agli italiani la vera essenza dei loro rappresentanti, talmente interessati alla “storica” legge che stava per essere approvata da essere quasi tutti assenti; lo scadente dibattito, fatto di improperi, urla isteriche, silenzi incomprensibili, che ha caratterizzato gli interventi dei presenti. A farne le spese la dignità di quella che viene definita una minoranza, che conta però migliaia e migliaia di persone, adulti consapevoli, che hanno deciso di esporsi e combattere fine in fondo la loro battaglia, calpestata in nome di questioni di principio più prossime alla discriminazione che all’etica a cui spesso i politici hanno inteso appellarsi trattando il tema delle unioni gay. Senza contare le cattiverie gratuite riservate ai bambini nati in famiglie omogenitoriali che, in molti dibattiti pubblici, dominati dalla più cruda ignoranza, sono stati descritti come “prodotti geneticamente modificati”… una mortificazione per chiunque vanti la facoltà dell’intelletto.

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