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Uno Bianca, completata la digitalizzazione dei fascicoli processuali. I familiari delle vittime: “Qualcosa non torna”

Si contano 277 faldoni e 11 allegati per un arco di tempo decennale, con etichette digitali a 260mila immagini, sulla banda che tra il 1987 e il 1994 ha provocato 24 morti e oltre 100 feriti tra Emilia Romagna e Marche

Pubblicato:26-01-2023 17:39
Ultimo aggiornamento:26-01-2023 19:26
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BOLOGNA – Si è conclusa la digitalizzazione dei fascicoli processuali sulla banda della Uno bianca. In ballo, grazie all’accordo di fondo tra Regione, Archivio di Stato, Procura e Tribunale, c’è materiale “di straordinario valore storico e giudiziario” che adesso può essere sottratto all’usura del tempo, viene segnalato da tutti gli addetti ai lavori riuniti oggi in conferenza stampa in Regione. La mole dei documenti in questione è enorme: si contano 277 faldoni e 11 allegati per quasi 50 metri lineari, in merito ad un arco di tempo che va dal 1990 al 2000, con etichette digitali a 260mila immagini.

LA STORIA DELLA BANDA DELLA UNO BIANCA

C’è tutto quello che riguarda la vicenda giudiziaria della banda, dalle prime fasi dell’indagine fino al dibattimento in Cassazione. Ma c’è anche parte del materiale delle Procure di Rimini e Pesaro. Tutto quindi potrà essere messo a disposizione per una più puntuale consultazione, a cura di studiosi, magistrati e avvocati che vogliano approfondire aspetti non ancora del tutto svelati della vicenda dei delitti della banda, di cui cinque componenti su sei erano poliziotti, che tra il 1987 e il 1994 ha insanguinato Emilia-Romagna e Marche provocando 24 morti e oltre 100 feriti.

A tirare le somme di tutto il lavoro, entrato nel vivo un paio d’anni fa, pensano oggi in Regione Emilia-Romagna il presidente Stefano Bonaccini, il procuratore Giuseppe Amato, il sindaco Matteo Lepore, la presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime Rosanna Rossi Zecchi, il vicedirettore dell’Archivio di Stato di Bologna Massimo Giansante, il presidente vicario del Tribunale Alberto Ziroldi.


L’ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME: “QUALCOSA NON TORNA”

“Per noi è un giorno fortunato”, dice commossa Rosanna Rossi Zecchi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca, intervenendo alla conferenza di oggi in Regione Emilia-Romagna in cui si annuncia la conclusione della digitalizzazione dei faldoni della Uno Bianca. Aggiunge Zecchi ripensando alla banda e ai suoi componenti: “In ogni episodio di questa storia c’è qualcosa che non torna. Abbiamo detto, quindi, ‘proviamoci’. Se ci fosse qualcos’altro è giusto che paghino per quello che hanno fatto. Hanno fatto troppo male a persone innocenti. Avevamo pensato già qualche anno fa che solo la digitalizzazione può portare verità piena su tutta la vicenda. Abbiamo telefonato in Regione e tutto si è attivato. Io, che da 25 anni sono presidente, dico che è stata durissima. Non pensavo potessimo farcela”.

BONACCINI: “RIAFFERMIAMO IMPEGNO PER NON DIMENTICARE”

Aggiunge il presidente della Regione, Stefano Bonaccini: “È una giornata molto importante. Siamo di fronte a un nuovo, importante segnale per riaffermare ancora una volta il nostro impegno per non dimenticare. Un impegno diffuso, condiviso da una intera comunità, da Istituzioni, Uffici giudiziari, Tribunale e organismi inquirenti, ministero e Archivio di Stato, società civile e, soprattutto, l’Associazione dei familiari delle vittime, alla cui presidente, Rosanna Rossi Zecchi, rinnovo la massima vicinanza: ancora una volta – sorride Bonaccini – ci siamo ritrovati insieme per sottrarre al rischio dell’oblio documenti di straordinario valore e per questo ringrazio tutti i presenti e coloro che hanno lavorato al progetto”.

LEPORE: “VALORIZZARE IL NOSTRO POLO DELLA MEMORIA”

Condivide il sindaco di Bologna, Matteo Lepore: “I protagonisti di questo risultato hanno messo risorse, cuore e testa in questo obiettivo, quindi grazie a tutti. Siamo impegnati nella valorizzazione del nostro polo della memoria, che ha un ruolo democratico nel paese per raccontare i suoi dettagli. La Uno Bianca non può essere certo derubricata come una questione del secolo scorso, perché è di grande attualità. Come tutti – conclude il sindaco – attendiamo di capire se ci saranno ulteriori sviluppi. Saremo sempre a fianco di familiari”.

IL PROCURATORE: “NUOVE INDAGINI? APPROFONDIAMO ESPOSTI”

Si possono aprire nuove indagini dopo la conclusione della digitalizzazione dei faldoni della Uno Bianca? “Abbiamo ricevuto alcune indicazioni, denunce ed esposti, che doverosamente stiamo cercando di approfondire per verificare se ci sono elementi che possono avere una loro rilevanza penale. Questo è il nostro compito”. Lo conferma il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, nel corso della conferenza stampa sulla digitalizzazione dei fascicoli processuali della storia della banda.

COSA CONTIENE L’ARCHIVIO DIGITALIZZATO SULLA UNO BIANCA

Tutto da giugno sarà consultabile col sistema ‘Sestra’, messo a disposizione dalla Regione. L’accesso libero spetta all’Autorità giudiziaria e alle parti, tutti gli altri dovranno accreditarsi chiedendo l’autorizzazione, motivata, al ministero dell’Interno attraverso lo stesso l’Archivio di Stato. Tra i documenti, ci sono rilievi della polizia scientifica, referti autoptici, fotografie di identikit, registrazioni dibattimentali e intercettazioni telefoniche, materiale anche questo censito e puntualmente descritto. Si tratta di 67 bobine, 49 audiocassette e 141 videocassette, per le quali è previsto un successivo intervento di conservazione e digitalizzazione finanziato dal ministero della Cultura.

In conferenza non sono presenti la Procura di Rimini e di Pesaro, i territori insieme a Bologna in cui la banda agì, ma Amato sfuma: “Nella storia di questo processo, indiscutibilmente, non poteva non emergere un difetto di coordinamento, che sicuramente c’è stato tra le forze di polizia e le Autorità giudiziarie. Ma questo è il passato. Oggi non si può pensare che questo coordinamento non ci sia”.

Sul fatto che ci si concentri sulla documentazione presente a Bologna, anche in questa nuova fase, continua il procuratore: “Lo si fa perché è quella che ha portato poi all’affermazione della responsabilità penale dei fratelli Savi e degli altri complici. È quel processo, che è stato scannerizzato e reso fruibile a tutti. L’assenza di Rimini e Pesaro? Non vedo un difetto o una mancata presenza di altri addetti ai lavori, sono presenti quelli – insiste Amato – che hanno partecipato alla raccolta di questa documentazione”.

Puntualizza poi Amato: “Il risultato è fruibile per gli storici ma anche per chi, come noi, fa un mestiere diverso e certamente può trovare degli spunti, se ci sono, per gli approfondimenti che, come ho detto in altre occasioni, sono ancora in piedi. A differenza dello storico, il magistrato, anche usando questa documentazione, deve valorizzare solo gli elementi spendibili. Non ci possiamo permettere il lusso, noi, di fare la storia. Perché lo storico ha un privilegio, quello di poter esporre una tesi plausibile, mentre noi non possiamo accontentarci di una ricostruzione plausibile, per il rispetto che si deve ai protagonisti di questa vicenda. Dobbiamo, se ci riusciamo, valorizzare elementi che siamo in grado di poter spendere processualmente, con affermazioni alla fine che reggano al vaglio di un giudice. Diversamente, non faremmo il nostro lavoro. Col rischio – avvisa Amato in sala – di creare confusione e di mancare di rispetto alle vittime stesse”.

Il nuovo intervento di digitaliazzione, sostenuto dalla Regione, è stato reso possibile da accordi tra l’Archivio di Stato e la Procura da un lato e tra lo stesso Archivio e il Tribunale e la Corte d’Assise di Bologna dall’altro, per il versamento anticipato, rispetto a quanto fissato dal Codice dei Beni culturali, del materiale delle fasi delle indagini e del dibattimento.

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