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Quirinale, avanza l’ipotesi Mattarella bis

I grandi elettori mandano un messaggio ai propri leader di partito: niente nomi improvvisati o finte trattative, c'è voglia di continuità

Pubblicato:26-01-2022 17:51
Ultimo aggiornamento:27-01-2022 11:47

mattarella
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ROMA – “Mattarella, Mattarella, Mattarella, Mattarella”. Il presidente Roberto Fico inizia a leggere le schede e un sospiro ironico attraversa l’aula di Montecitorio. Le prime quattro sono inequivocabili, sintomo di un sentimento che cresce tra i grandi elettori. Solo dopo arriveranno le bianche, ancora in maggioranza, e i ‘Crosetto‘, candidato last minute di Fratelli d’Italia capace di attrarre un consenso ben più alto di quello del solo partito di Giorgia Meloni.

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Con un certo ritardo arriva anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Nome contestato in ottica Quirinale, “sarà stata impegnata a cercarsi i voti” si mormora in tribuna stampa. Ma di preferenze per lei, per ora, se ne conta solo una. Per tutta la mattina i grandi elettori hanno sfilato in maniera composta, con lo spirito degli scolari diligenti, quasi annoiati. Certo, l’aula vuota, i turni per l’ingresso e i commessi che ricordano a tutti di igienizzarsi le mani prima di votare non aiutano a dare a queste elezioni un’aura di normalità. Ma gli sguardi svogliati, rassegnati al terzo giorno di scheda bianca, restituiscono l’idea di una politica messa in lockdown dalla sua stessa impotenza.


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I primi a sfilare sono i senatori. La presidenza li chiama, loro si presentano ordinati. Gli assenti, però, sono tanti: mancano tutti i senatori di Fratelli d’Italia, ancora riuniti in conclave. Arriva la seconda chiama ed ecco fare capolino La Russa e Santanché, e poi tutti gli altri. Voteranno Guido Crosetto, mandando di fatto in soffitta la ‘terna’ presentata ieri dai leader del centrodestra.

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Poi tocca ai deputati. Silenziosi, con poca convinzione. La posa del segretario dem Enrico Letta riassume al meglio il loro stato d’animo. Braccia incrociate e testa bassa, Letta aspetta da solo il suo turno e poi via, a portare avanti delle trattative che sembrano essere ancora in alto mare.


Opposto l’atteggiamento dei delegati regionali. Entrano a passo svelto, si siedono nei posti più bassi e aspettano di essere chiamati. Zaia e Emiliano si mettono vicini, ticchettano nervosamente con le dita sugli scranni mentre Bonaccini sembra quasi andare a votare di corsa. Hanno fretta, i presidenti. Vogliono tornare nelle proprie regioni, affrontare la crisi pandemica e sociale e sembrano increduli di trovarsi in questa situazione. Come se l’elezione del presidente della Repubblica fosse qualcosa di inatteso, che ha preso tutti i partiti alla sprovvista.

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Lo spaesamento è chiaro sul volto di Nicola Zingaretti. Il presidente del Lazio parla fitto con Marco Vincenzi, delegato della sua regione. Prima scuote la testa, poi unisce le mani e le agita platealmente, quasi a dire “ma come è possibile che ci troviamo in questa situazione?”. Quello che resta è il responso dell’urna. Il presidente uscente raddoppia i voti rispetto a ieri, un messaggio dei grandi elettori ai propri leader di partito. Non servono nomi improvvisati o finte trattative. L’emergenza non è finita, il Palazzo ha fretta e i suoi desideri prendono i contorni della parola più usata in questi giorni, dentro e fuori Montecitorio: continuità. E da domani il quorum si abbassa: bastano 505 voti.

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