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Violenza domestica e affido minori, ascoltare il bambino e basta a Ctu con Pas mascherata

Ecco l’analisi della Sostituta Procuratrice Generale Ceroni e avvocati Manente e Voltaggio

Pubblicato:25-11-2021 17:52
Ultimo aggiornamento:26-11-2021 09:31
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bambina
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ROMA – “Dove c’è violenza non si può parlare di rifiuto del minore, il rifiuto è giustificato dalle violenze fisiche o psicologiche. Voglio ricordare che la risoluzione della Commissione d’inchiesta sul femminicidio ha stabilito come ci sia sostanziale invisibilità del fenomeno della violenza del quale servizi e consulenti non vogliono occuparsi e si sentono investiti invece del compito di trasformare ‘il conflitto’, anche se appunto non si può parlare di conflitto, ma di violenza”. Questo il commento dell’avvocato Antonio Voltaggio, intervenuto alla diretta Fb dell’agenzia Dire dedicata all’approfondimento della ‘Violenza domestica, PAS (alienazione parentale) e all’affido dei minori’ con la Sostituta Procuratrice generale Francesca Ceroni e l’avvocata Teresa Manente di Differenza Donna. 

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Voltaggio ha stigmatizzato l’operato delle CTU, c’è sia un problema relativo alla loro formazione che al peso specifico del loro operato nella vicenda giudiziaria. “Se dopo questa sentenza della Cassazione- ha spiegato Voltaggio riferendosi all’ordinanza 13274 del 2019 della mamma veneta divenuta ormai nota- un consulente del giudice utilizzasse le false teorie della PAS anche in modo mascherato (vedi ‘madre malevola’), incorrerebbe nella colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti e si tratta di un vero e proprio reato, articolo 64 del codice civile. Ancora più grave se i consulenti fossero quelli che si sono apertamente schierati già prima di Cittadella (prima sentenza in Italia di alienazione parentale del 2012) per il documento psico-forense oppure per il Memorandum dell’11 settembre”.


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L’avvocato Voltaggio è tornato sul caso della storica sentenza del 2019 che ha rappresentato “un colpo quasi mortale alla Pas- aveva dichiarato allora l’avvocato alla Dire- e che viene paragonata a una teoria nazista. La pietra tombale sull’alienazione parentale- ha continuato- la mette la risoluzione del Parlamento europeo approvata il 7 ottobre che ha bandito la PAS dalla legislazione degli Stati membri. Nel caso della mamma veneta non c’erano pregressi di violenza. Il processo l’ha iniziato il padre per una maggiore frequentazione dopo un riconoscimento tardivo della bambina. Purtroppo il conflitto si è spostato in sede peritale tra madre e Ctu, la Cassazione lo riconosce”, ha spiegato Voltaggio. Per decisione del Tribunale di Venezia “la minore è stata prelevata da scuola e affidata al padre a dicembre 2019 e la madre non ha visto la figlia per più di 6 mesi. Poi ci sono stati per altri 6 mesi incontri sotto i Servizi e poi la Cassazione ha cassato i provvedimenti e si è tornati al condiviso iniziale”. Ora ci sono speranze su alcune novità della Riforma Cartabia, prima tra tutte l’ascolto del minore. “Non sarà più delegato alla CTU, ma al giudice che dovrà accertarsi dei motivi del rifiuto”.

CERONI (SOST. PROCURATRICE): “CON VIOLENZA DOMESTICA NO AFFIDO CONDIVISO

Finalmente le Sezioni Unite della Cassazione hanno detto che una pronuncia di adottabilità di un minore non può essere fondata sullo stato di assoggettamento di un genitore nei confronti dell’altro a cagione delle gravi violenze dell’uno sull’altro“. La Sostituta Procuratrice Generale presso la Corte di Cassazione, Francesca Ceroni, intervenuta alla diretta Fb dell’Agenzia Dire ‘Violenza domestica, affido dei minori e Pas. Cosa succede nei tribunali?’ ha commentato con queste parole la recente sentenza della Cassazione che ha fermato l’iter di adottabilità di una bambina, figlia di una donna vittima di violenza domestica.

“Finalmente le Sezioni Unite hanno richiamato alla Convenzione di Istanbul sul punto della vittimizzazione secondaria. Il massimo organo della giurisdizione italiana ha riconosciuto in una sentenza civile la violenza domestica. Di solito in sede civile si parlava di ‘aspra conflittualità’ e questa sentenza è quindi importante sotto due profili: dove c’è violenza domestica non ci può essere affido condiviso dei minori perché non si può chiedere a queste donne di vivere gomito a gomito con chi le ha maltrattate, vessate o ha tentato di ucciderle. E il secondo profilo è che quando queste mamme trovano il coraggio di separarsi allora in sede civile avvocati e magistrati attrezzati possono leggere gli indicatori di violenza”.

 “Disconoscimento della violenza domestica, imposizione della bigenitorialià e un’ermeneutica della tutela del minore tutta adultocentrica” sono le costanti che ricorrono nell’inchiesta ‘Mamme coraggio’ dell’agenzia Dire. In questa direzione “la sentenza segna passi importanti anche se la strada rimane ancora molto lunga”, ha detto Ceroni che però rispetto al diritto alla sorellanza e fratellanza, citato nella sua requisitoria ha affermato che “quella delle Sezioni Unite è stata un’occasione persa”. Si tratta di un diritto che in caso di allontanamento dei bambini dalle madri viene spesso trascurato, come nel tristemente noto caso dei ‘fratellini di Cuneo’.

“La famiglia di origine si declina anche attraverso il diritto alla fratellanza e sorellanza. Credo- ha detto la Sostituta Procuratrice- che separare fratelli e sorelle sia la violenza della violenze e purtroppo è una prassi generalizzata. I bambini spesso non hanno nessuno che dica per loro ‘non ci potete dividere'”, ha concluso.

AVV. MANENTE: “SI ARRIVA AD ALLONTANAMENTI SENZA AVER VISTO I BAMBINI

 “Perchè non vengono applicate le leggi? Si seguono prassi che non trovano fondamento nelle leggi, ma che seguono stereotipi e pregiudizi”. È l’avvocata Teresa Manente di Differenza Donna a mettere sotto la lente il corto circuito penale-civile e le ‘storture’ del sistema che portano a un occultamento della violenza. Intervenuta alla diretta Fb dell’agenzia Dire, l’avvocata ha passato in rassegna le criticità di un sistema che le leggi le ha, ma le ignora.

“Non vi è alcuna tempestività del Tribunale civile in relazione all’affido dei figli quando una donna denuncia violenza domestica” e magari deve scappare e rifugiarsi, non c’è “quando si chiede un ordine di allontanamento (norma emanata nel 2001) anche inaudita altera parte, o la sospensione immediata delle visite, o il fatto che i bambini non possono frequentare la scuola perché il padre non autorizza l’iscrizione ad un’altra. Queste donne- ha denunciato Manente- perdono la responsabilità genitoriale, possono essere denunciate per sottrazione dei minori perché l’autorità giudiziaria tace, e non hanno spesso mantenimento”.

Nel penale, ha raccontato Manente, forse solo in un paio di casi ha visto applicato un assegno periodico, previsto nelle misure di allontanamento e non avvicinamento. “La tendenza recente- ha dichiarato l’avvocata- è l’affido dei minori ai servizi sociali e la sospensione dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e questo è gravissimo e viene motivato nel contesto della conflittualità anche quando pende un processo penale sull’uomo, anche in presenza di misure cautelari e anche di condanne. I servizi sociali- ha detto a gran voce Manente- sono gestiti da cooperative, precari…ma quale specializzazione e formazione, ignorano il penale e sì- ha ammesso- c’è un pericolo per i bambini perché non c’è conoscenza del fenomeno della violenza”.

Altra contestazione Manente l’ha lanciata sulle Ctu. “Chi ha detto che le Ctu devono essere sistematiche a maggior ragione nei casi in cui il pm ha inviato al giudice civile la misura cautelare emessa o il rinvio a giudizio? Il rifiuto dei bambini di incontrare il padre deve essere letto- ha spiegato- quale trauma cagionato dall’esposizione a violenza. Siamo al punto che il giudice- ha detto- decide che una madre è alienante sulla base di una consulenza e decide per l’allontanamento o la decadenza senza aver mai visto in faccia quel bambino”.

“Come consulente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio abbiamo analizzato oltre 211 fascicoli di femminicidio: solo il 15% aveva denunciato e aveva detto di avere paura per incolumità propria e dei figli“. E ha concluso: “In trent’anni di esperienza nell’assistenza della donne vittime di violenza maschile che si rivolgono a Differenza Donna stiamo assistendo in questi ultimi dieci anni a prassi che manifestano incredibili paradossi giudiziari che portano le donne ad essere non solo vittime del partner violento, ma di un sistema civile e penale che le colpevolizza invece di proteggerle”.

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