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La Biblioteca Universitaria di Napoli svela l’arte della legatura amata dai Borbone

Oltre un milione i volumi conservati, tra cui testi rari come le preziosissime incisioni dantesche attribuite al Botticelli e la prima edizione napoletana della Divina commedia del 1477

Pubblicato:25-11-2021 13:30
Ultimo aggiornamento:25-11-2021 13:45

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NAPOLI – Velluto rosso e seta, oro laminato, inaspettate decorazioni floreali. Preziosissime rilegature frutto del lavoro certosino dei più abili artigiani e orefici del regno, timbrate a secco perché il tempo e la Storia non lasciassero dubbi sulla provenienza. È un viaggio nel cuore della cultura borbonica la Biblioteca Universitaria di Napoli, perla custodita in un antico complesso del centro storico, sede del Collegio Massimo dei gesuiti dal 1554 al 1767, quando i religiosi furono costretti ad abbandonare il palazzo per volere del re Ferdinando IV, che assegnò l’edificio all’Università. Nei due secoli di permanenza, però, i gesuiti regalarono al complesso architettonico nuovi edifici e il monumentale Cortile delle Statue, ornato dal 1861 dai busti di Giordano Bruno, Giambattista Vico, Tommaso d’Aquino e Pier delle Vigne, a cui successivamente, tra il 1865 e il 1930, si sono aggiunte le statue di Bertrando Spaventa, Francesco Fiorentino, Antonio Tari, Salvatore Tommasi, Francesco De Sanctis, Luigi Palmieri, Giacomo Leopardi e Carlo Troya.

Proprio sotto al Cortile delle Statue, durante i lavori di ristrutturazione che la Biblioteca ha eseguito nel 2008, sono tornati alla luce i resti di una chiesa cinquecentesca e tracce di strutture di età medievale e moderna, ma anche di epoca romana e, in alcuni punti, addirittura paleosuoli e strati vulcanici dall’età del bronzo, fino all’età eneolitica/paleolitica. In accordo con la Soprintendenza di Napoli che ha supervisionato i lavori, quei reperti ora sono visibili dalle sale della Biblioteca, testimonianza di una storia millenaria di cui l’Universitaria rappresenta l’ultimo tassello. Fu sempre grazie ai gesuiti che all’interno del Collegio entrarono i primi nuclei di pubblicazioni, passati poi alla Biblioteca con la soppressione degli Ordini religiosi insieme ai fondi degli altri monasteri e alle raccolte dei famosi bibliofili Francesco Taccone e Francesco Orlando.

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Nel 1815 il ritorno dei Borbone dopo il decennio francese segnò il definitivo rilancio della Biblioteca, chiamata all’epoca dei Regi Studi, a cui venne dedicato il Grande Salone al primo piano. Nonostante un editto che nel 1819 costrinse l’istituto a trasferire le pubblicazioni di maggior pregio alla Biblioteca Reale, l’Universitaria aprì ufficialmente le sue porte al pubblico nel gennaio del 1827 e con l’Unità d’Italia divenne una Biblioteca di prima classe. Molti dei volumi della collezione privata dei Borbone rimasero al Collegio Massimo e oggi costituiscono un fondo che copre un periodo tra il 1750 e il 1860. È proprio nel Grande Salone che la direttrice della Biblioteca, Maria Lucia Siragusa, responsabile anche della Tutela e della conservazione della Bun, mostra le legature pregiate volute dai Borbone.

“Sono testi che si distinguono per un timbro particolare a secco che si trova all’interno. Le copertine con cui sono legate queste opere- spiega indossando dei guanti a protezione della carta antica- sono il frutto delle migliori botteghe artigiane napoletane, a cui affluivano anche orefici e incisori che forgiavano sia i ferri sia gli attrezzi per fare queste magnifiche decorazioni sulle coperte”. Di dimensioni e argomenti diversi, dai romanzi ‘rosa’ ai trattati scientifici, i libri scelti dai Borbone per la loro collezione privata conservati dalla Biblioteca Universitaria di Napoli sono in grado di restituire un’immagine del regno forse persa nelle vicende storiche, ma ancora vivissima nei tessuti e nei materiali che compongono le legature. Un’attenzione che si ritrova nei motivi floreali fatti stampare sui tagli esterni delle pagine, nelle decorazioni dorate che scandiscono il titolo delle opere sui preziosi tessuti, perfino nelle armi dei Borbone impresse su ogni pubblicazione.

“Sono opere particolari non solo per l’aspetto così elegante, estetico- aggiunge Siragusa- ma anche per la provenienza storica, perché è un momento della storia che ha fatto parte del nostro regno e che è racchiusa in queste edizioni che ci fanno comprendere come e a cosa erano attenti questi sovrani nei loro studi e anche nelle loro selezioni di raccolte, perché tutti questi testi venivano scelti dai sovrani stessi”. Oggi la Biblioteca Universitaria di Napoli conserva oltre un milione di volumi, tra cui più di 148 manoscritti, circa quattromila cinquecentine e 464 incunaboli. Molti sono testi rari, come le preziosissime incisioni dantesche attribuite al Botticelli.

La Biblioteca possiede la prima edizione napoletana della Divina commedia del 1477, di cui sono censite 14 copie al mondo, oltre la prima edizione fiorentina del poema di Dante del 1841 che ha addirittura un corredo di illustrazioni commissionate all’epoca al Botticelli. Un’opera in formato in folio impreziosita dal commento del Landino”, spiega Siragusa. Tra le primissime edizioni a stampa, poi, spicca il Lattanzio Firmiano dei due prototipografi Sweynheym e Pannartz, che nel 1465 introdussero in Italia la prima edizione a stampa. “Al monastero benedettino di Subiaco, dove furono accolti, produssero proprio il Lattanzio con le iniziali miniate, particolare che rende evidente il passaggio dal codice miniato al primo libro a stampa”, racconta la direttrice.

Storie di innovazioni, di viaggi e di scoperte, come quelle racchiuse nella suggestiva e ricca serie di Atlanti antichi, diari di viaggio e carte geografiche, a cui la Bun la scorsa primavera ha dedicato una mostra. Testi corredati da mappe, immagini e colori, come il diario del leggendario esploratore Jacques Cook, in grado di descrivere minuziosamente mondi sconosciuti che si svelano nelle sale della Biblioteca Universitaria di Napoli.

Realizzato dal Ministero della Cultura, guidato da Dario Franceschini – con l’agenzia di stampa DIRE – il progetto è un viaggio alla scoperta dei 46 Istituti statali italiani, scrigni di bellezza e custodi di un patrimonio documentario che ammonta a circa 40 milioni di esemplari: https://cultura.gov.it/bibliotecheditalia. Il documentario sulla Biblioteca Universitaria di Napoli è disponibile sul nuovo profilo Instagram @bibliotecheditalia: https://www.instagram.com/tv/CWsaGMNNt8V/. Il prossimo appuntamento con una nuova Biblioteca da scoprire è giovedì 2 dicembre. 

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