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Feti sepolti, il comune di Roma cambia le norme: codici secretati e tutela della privacy

L'obiettivo è quello di rimediare alla lacuna giuridica sui prodotti abortivi nell'ottica di tutelare il diritto alla privacy delle donne

Pubblicato:25-11-2020 11:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:38
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ROMA – Una mozione e una delibera di Giunta, pronta per essere approvata, affinché quanto accaduto al cimitero Flaminio, dove tra settembre e ottobre diverse donne, dopo aver affrontato un’interruzione di gravidanza, hanno scoperto il proprio nome e cognome su delle croci bianche, luoghi di sepoltura – non richiesta – dei feti.

Le iniziative politiche, a firma Movimento Cinque Stelle, sono state annunciate stamattina in occasione della commissione congiunta Pari opportunità e Ambiente di Roma Capitale, avente come oggetto ‘Analisi del Regolamento di Polizia cimiteriale, alla luce della problematiche emerse in merito alle sepolture dei feti/prodotti abortivi pressi i cimiteri capitolini’.

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IL NUOVO REGOLAMENTO: CODICI SECRETATI PER GARANTIRE PRIVACY

A illustrare la delibera è stato Alessandro Aurigi, capostaff dell’assessore alle Politiche del verde di Roma Capitale, Laura Fiorini: “La delibera dell’assessorato va a colmare il vuoto normativo tra le discipline del ’79 e del ’90. L’obiettivo è quello di rimediare alla lacuna giuridica sui prodotti abortivi nell’ottica di tutelare il diritto alla privacy delle donne, andando a modificare l’articolo 4 del Regolamento di Polizia cimiteriale del Comune di Roma inserendo due passaggi per evitare il ripetersi di una situazione analoga a quanto accaduto. Se la richiesta sarà ben precisa si opererà in un certo modo, altrimenti verrà semplicemente associato un codice identificativo al prodotto abortivo che verrà inumato ma garantendo la privacy“.

Il nuovo testo del Regolamento, così come modificato dalla delibera che dovrà essere discussa nelle commissioni e poi in Assemblea capitolina, prevede che per la sepoltura dei prodotti abortivi venga istituita una apposita sezione del registro cimiteriale che contenga i dati relativi ai permessi di trasporto e seppellimento rilasciati dalla Asl e in cui vengano riportati i dati delle genitrici collegati a un codice alfanumerico progressivo, che verranno secretati.

Se i parenti presenteranno domanda potranno indicare anche la modalità di sepoltura richiesta, altrimenti si procederà all’inumazione con una targhetta identificativa riportante il solo codice alfanumerico. L’intento, ha commentato Aurigi, “è quello di colmare questa lacuna con un meccanismo che identifica i feti senza creare problematiche legate alla privacy. I pareri tecnici e contabili sono favorevoli, ma il percorso della delibera è ancora in itinere e l’assessore è disponibile a valutare possibili modifiche o integrazioni che deriveranno dal dibattito nelle commissioni e in Aula”.

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AMA METTE LE MANI AVANTI: “RIFERIMENTI NORMATIVI DEL ’39”

A tentare di spiegare la confusione normativa sulla vicenda è stato Fabrizio Ippolito, direttore dei Servizi cimiteriali di Ama: “L’azienda gestisce i servizi cimiteriali dal ’98. I presupposti giuridici, di cui sottolineo la vetustà, sono il Regio decreto del 9 luglio 1939, il Dpr sul Regolamento di Polizia mortuaria del 10 settembre 1990 e il Regolamento comunale di Polizia cimiteriale del 1979. Il Dpr per quanto riguarda la sepoltura dei prodotti abortivi dalle 20 alle 28 settimane richiede dei permessi rilasciati dalle Usl, e a richiesta dei genitori possono essere sepolti prodotti anche inferiori alle 20 settimane. Secondo il Regolamento, poi, ogni fossa è costituita da un cippo con un numero progressivo e una targhetta con nome e cognome e data di nascita e morte del defunto”.

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LA DONNA CHE DENUNCIO’ VICENDA: “UN ABUSO, COSI’ IN DISCUSSIONE LA 194”

Un intervento che non è piaciuto a Marta Loi, la donna che per prima scoprì e denunciò quanto avveniva al cimitero Flaminio, anche lei presente alla commissione di stamattina: “Sono la prima donna che venne a conoscenza della vicenda, e ho deciso di denunciare sui social quello che è un vero e proprio abuso per lanciare un dibattito, perché parliamo dei diritti delle donne. In quei cimiteri non ci sono solo i prodotti delle interruzioni spontanee, ma anche come nel mio caso di quelle terapeutiche consentite dalla legge 194 per la tutela della salute e dell’anonimato della donna che è stato palesemente violato”.

“Io non sono una giurista- ha sottolineato Loi- ho solo letto il Dpr e l’articolo parla di riportare il nome del defunto: assimilare a un defunto il materiale abortivo tra le 20 e le 28 settimane vuol dire mettere in discussione l’essenza stessa della legge 194. La mia è una vicenda personale che riguarda il mio intimo e la tengo per me, ma ho deciso di espormi per denunciare la vicenda e ci tengo a dire che parlo in maniera fredda perché vengono messi in discussione alcuni diritti molto importanti: chiedo quindi ad Ama come vengono seppelliti gli arti imputati, a cui i materiali abortivi sono equiparati e che non vanno inumati in fosse singole ma in campi comuni senza alcun segno di riconoscimento. Non c’entrano nulla i prodotti dopo la 28esima settimana, che sono nati morti in quanto riconosciuti da un ufficiale di anagrafe e vanno seppelliti”.

Immediata la replica di Ippolito: “Anche le parti anatomiche- ha spiegato- vengono inumate con nome e cognome della persona, e anche su questo abbiamo chiesto la stessa secretazione del dato proponendo la registrazione con il solo codice alfanumerico”.

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GUERRINI: “DELIBERA COLMA UN VUOTO, SIGNIFICATIVO ANNUNCIARLO IL 25 NOVEMBRE”

Soddisfatta della riunione Gemma Guerrini (M5S), presidente della commissione Pari opportunità: “È significativo che questa commissione si svolga il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Questa vicenda è partita quando una donna ha trovato casualmente il suo nome su una croce in un cimitero per bambini e, indagando, ha capito che a sua insaputa lì era stato sepolto un prodotto abortivo”.

Ovviamente, ha sottolineato Guerrini, “la vicenda ha suscitato scandalo, non è una cosa da poco. Sul tema non c’è un regolamento regionale ma solo una dpr che risale al 1990 e una delibera di Giunta di Roma Capitale del 2007 che affida ad Ama i servizi di sepoltura: fino alla ventesima settimana i prodotti abortivi vengono trattati come rifiuti speciali ospedalieri, dopo questo periodo invece sono sempre sepolti su richiesta dei familiari e previa autorizzazione della Asl competente”.

Per la presidente di commissione “chi ha preso questa iniziativa non ha tenuto conto della richiesta della gestante o di chi per lei: al Laurentino sulle sepolture c’è un numero e se richiesto il nome, mentre al cimitero Flaminio la realtà è quella che abbiamo visto. Ci troviamo di fronte evidentemente a qualche slabbratura normativa o di interpretazione, in evidente violazione della legge sulla privacy e con errori di prassi, non ultimo il fatto che i simboli funerari apposti siano croci, e questo ci lascia molto titubanti perché si tratta di un chiaro riferimento al simbolo di una religione quando noi siamo uno Stato laico, interculturale e interreligioso, oltretutto in dei campi che non sono nemmeno consacrati. Noi abbiamo depositato una mozione aperta alla firma delle opposizioni per rimuovere i nomi da quelle croci in assenza della richiesta della gestante perché non succedano più fatti di questo tipo. L’assessore Fiorini, infine, ha già scritto una delibera che risolve alla radice il fatto modificando il regolamento e approfondisce la richiesta contenuta nella mozione, che sollecitava un intervento di questo tipo”, ha concluso Guerrini.

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