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Etiopia, il premier Abiy: “No a interferenze esterne sul Tigray”

Resta alta la tensione in Etiopia dopo l'offensiva del governo contro la provincia del Tigray, iniziata il 4 novembre e ad oggi ancora in corso

Pubblicato:25-11-2020 11:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:38
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ROMA – La comunità internazionale “resti fuori” dal confilitto nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia, almeno finché Addis Abeba “non chieda aiuto”. Così il primo ministro Abiy Ahmed, che ha espresso il rifiuto “di ogni interferenza” negli affari interni del Paese. Secondo il capo di governo, bisogna “rispettare i principi fondamentale di non-intervento stabiliti dal diritto internazionale”.

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Da domenica scorsa sta crescendo il timore che un’offensiva annunciata dall’esercito etiope verso il capoluogo del Tigray, Macallè, possa alimentare una crisi umanitaria e costituire un crimine di guerra.


Una riunione in videoconferenza sul tema era prevista per ieri al Consiglio di sicurezza ma è stata annullata su richiesta degli stessi Paesi che ne avevano chiesto la convocazione, tra i quali Sudafrica e Tunisia, visto che “i mediatori africani non sono ancora riusciti a recarsi in Etiopia”.

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Si moltiplicano intanto le voci secondo le quali una presa di Macallè potrebbe non comportare una fine delle ostilità, cominciate il 4 novembre. Fonti del Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf), il partito al potere nella regione, hanno sostenuto di “controllare ancora buona parte delle aree rurali della regione”. Secondo un consigliere del Tplf, Fesseha Tessema, citato dalla stampa internazionale, “la soluzione militare resta impraticabile” e ne esiste solo una “che implica negoziati politici”.

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