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‘Epatite C Zero’: arriva la web serie per conoscere la malattia

'Epatite C Zero', la web serie che ti accompagna in un viaggio alla scoperta della malattia, delle vite dei malati e delle possibili cure

Pubblicato:25-11-2017 15:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:55

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ROMA – Fino a poco tempo fa, l’epatite C era considerata un tunnel con poche vie d’uscita. Oggi, grazie all’introduzione di nuove terapie e ad un nuovo obiettivo di sanità pubblica che ha aperto l’accesso ai trattamenti innovativi a tutti i pazienti a cui sia stata diagnosticata la malattia, lo scenario è cambiato e la malattia può essere paragonata ad un viaggio con un inizio e, anche questa è una buona notizia, con un finale positivo nella maggior parte dei casi.


Un viaggio che ogni paziente affronta in modo diverso, con la sua storia, le sue speranze, le sue esigenze specifiche.  È questo il filo conduttore di ‘Epatite C Zero’ , web serie originale in 5 episodi sceneggiata e diretta da Valerio Di Paola, presentata ufficialmente oggi nel corso del Roma Web Fest.

Un viaggio coast-to-coast a bordo di un van che attraversa l’Italia, per raccontare l’epatite C dal punto di vista dei pazienti nella loro unicità, coinvolgendo lo spettatore in una riflessione sulla complessità della malattia, sul valore del rapporto con il proprio medico e sulla fondamentale importanza della consapevolezza dei fattori di rischio, per una corretta prevenzione e per favorire un tempestivo intervento in caso di infezione.

Epatite C Zero è il nome della campagna educazionale promossa da Msd Italia in collaborazione con EpaC onlus e con la supervisione scientifica di Fire, fondazione italiana per la ricerca in epatologia, per creare consapevolezza dei rischi legati alla hcv, promuovere la prevenzione e informare sulle possibilità di gestione della patologia alla luce delle nuove opportunità terapeutiche.

 

 

L’epatite C è una infezione causata dal virus hcv che nel 60-70% dei casi cronicizza e, a lungo andare, può danneggiare seriamente il fegato, portando alla cirrosi. La cirrosi epatica è una delle più comuni cause di epatocarcinoma e di trapianto di fegato. In Italia, la stima dei pazienti diagnosticati supera le 300.000 persone, ma non è possibile determinare con certezza quanti abbiano contratto l’infezione da hcv senza esserne consapevoli.

“I pazienti diagnosticati con hcv rappresentano solo la parte visibile dell’iceberg dei pazienti infetti. Infatti, un numero non ben definito di persone che ha contratto l’infezione non sviluppa sintomi evidenti e dunque è difficile che venga identificata e trattata”, dichiara Loreta Kondili, ricercatrice presso l’istituto superiore di Sanità e coordinatrice di Piter (piattaforma italiana per lo studio della terapia delle epatiti virali).

“A questo proposito-continua Kondili- avvalendoci dei dati della piattaforma Piter e dei dati di trattamento forniti dall’AIFA, ci siamo proposti di studiare delle strategie per aumentare il cosiddetto linkage to care (i pazienti identificati e seguiti nei centri di cura), come un eventuale screening mirato su particolari gruppi della popolazione generale con maggiore probabilità di alta prevalenza”.

Nell’approccio terapeutico occorre tener conto dla grande varietà di situazioni cliniche che spesso presentano i pazienti: co-infezione da hiv, insufficienza renale, comorbidità cardiovascolari e metaboliche sono solo alcune di queste. Ma oggi le cure ci sono e sono adatte a rispondere ai bisogni terapeutici di quasi tutti i pazienti.

 

 

“La disponibilità di una cura efficace e con effetti collaterali di lieve entità ha rivoluzionato l’approccio alla cura dell’epatite C: oggi tutti i pazienti hanno indicazione alla terapia e possono essere trattati anche coloro che prima non erano candidabili per gravità di malattia, per comorbidità o coloro i quali rifiutavano il trattamento per timore degli effetti collaterali”, dichiara Barbara Coco, consigliere Fire (fondazione Italiana per la ricerca in Epatologia) e dirigente medico presso l’unità operativa di Epatologia dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa.

“Le comorbidità- aggiunge Coco- come l’insufficienza renale, le cardiopatie o le malattie neurologiche non rappresentano più una limitazione e oggi è possibile parlare di approccio personalizzato, poiché ogni paziente può contare su una categoria di farmaci idonea a rispondere alle sue specifiche necessità”.

È proprio sulle differenze che, con lo stile dei reality e il linguaggio delle docu-fiction, si snoda la trama della web serie Epatite C Zero. I protagonisti, insieme a una giovane dottoressa e un testimone estraneo ma curioso, sono quattro pazienti: l’over 65 cultore della buona tavola, il manager rampante, la giovane viaggiatrice amante dei tatuaggi, il nerd appassionato di informatica e tecnologia. Ciascuno di loro ha incontrato l’epatite C in un modo diverso. Tutti oggi possono avere la prospettiva di uscirne proprio perché ci sono terapie adatte per ciascun paziente.

 

 

“Campagne educazionali come Epatite C Zero rivestono un ruolo di rilievo nell’informare tutte quelle persone che convivono con l’infezione da epatite C e che non sono ancora pienamente consapevoli del fatto che oggi si può guarire grazie a soluzioni terapeutiche efficacissime, veloci e con effetti collaterali limitati”, afferma Ivan Gardini, presidente EpaC onlus. “Il nostro obiettivo- commenta ancora Gardini- è di lavorare con tutti gli interlocutori per fare in modo che sempre più persone possano essere curate, nel minor tempo possibile”.

La strada per l’eliminazione dell’epatite C passa anche attraverso la prevenzione. Prevenire è fondamentale non solo per non contrarre il virus, ma anche per non reinfettarsi una volta guariti. L’epatite C si trasmette per contatto con sangue infetto e, per prevenirla, bisogna interrompere la catena del contagio: non condividere aghi, glucometri, accessori personali come rasoi, spazzolini o tagliaunghie. Le possibilità di contagio aumentano in caso di rapporti sessuali a rischio non protetti. L’epatite C non si trasmette con gli abbracci o con i baci. L’infezione può essere diagnosticata con un semplice esame del sangue.

“La disponibilità di terapie efficaci e ben tollerate ha senza dubbio rivoluzionato l’approccio all’hcv, ma c’è ancora molto da fare per raggiungere l’obiettivo dell’eliminazione dell’epatite C, ad esempio dal punto di vista della prevenzione”, afferma il presidente di Fire, Mario Strazzabosco, professore di Medicina e Gastroenterologia, director of the liver cancer program, deputy director of the Yale liver center, Yale university school of Medicine, Usa.

 

 

Per promuovere l’informazione e la consapevolezza sull’epatite C, nell’ambito della campagna è stata realizzata la pagina web www.epatiteczero.it che ospita gli episodi della web serie, corredati di un semplice testo di approfondimento che, a partire dalla tematica della puntata, fornisce strumenti utili e informazioni pratiche sulla patologia.

Inoltre, nel 2018, è previsto un calendario di incontri aperti al pubblico nei quali i video della web serie saranno utilizzati come introduzione al dibattito sulla gestione dell’epatite C e la sua prevenzione. Agli incontri parteciperanno specialisti, rappresentanti delle associazioni dei pazienti e rappresentanti delle Istituzioni del territorio. L’obiettivo è prima di tutto informare, per poi stimolare una discussione, con il proposito di contribuire alla definizione di una vera cultura sanitaria sull’epatite C e su come combatterla.

In Msd vogliamo fare parte della soluzione in quanto co-responsabili del raggiungimento degli obiettivi di Sanità Pubblica, il primo dei quali, nell’area dell’epatite C, è la guarigione di tutti i pazienti che abbiano contratto il virus- afferma Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato Msd Italia- continuiamo pertanto a lavorare al fianco delle istituzioni, del mondo scientifico e dei pazienti per ricercare opportunità di cura innovative e sostenibili, sostenendo al contempo con forza la prevenzione, per incentivare il consolidamento di una cultura sanitaria diffusa nel Paese”.

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