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De Rita (Censis) al Congresso Sihta: “L’opinione è la regina del mondo moderno, difficile far penetrare la verità”

Boniolo (Unife): "Siamo circondati da diffusori di fake news, chi vi crede è cognitivamente fragile"

Pubblicato:25-10-2022 17:44
Ultimo aggiornamento:25-10-2022 17:50

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ROMA – “In un mondo segnato dal dominio della comunicazione di massa, e i suoi diversi strumenti, la coscienza collettiva tende a formarsi attraverso lo scontro fra opinioni diverse, tanto che si può dire che è l’opinione la vera regina del mondo moderno. Ma in tale scontro vale sempre più la regola che ‘uno vale uno’ e in esso non c’è dialettica reale, solo confronto continuato fra verità tutte soggettive. E non c’è dubbio che sia difficile far penetrare quelle ‘verità oggettive’ che discendono dal lavoro di ricerca e dallo sviluppo scientifico. Oggi l’esperienza diventa cultura collettiva, diventa più importante della scienza, dell’analisi e della razionalità, diventa appunto opinione. E’ giusto fare esperienza ma se diventa opinione si resta a discutere tra opinionisti. E’ un meccanismo da cui si esce solo con la pervicacia di chi ha in mano le carte migliori e deve spiegare e rispiegare”. A dirlo è Giuseppe De Rita, presidente del Censis, nel corso della seconda sessione plenaria del XV Congresso nazionale della Società italiana di health technology assessment (Sihta), in programma a Roma fino al 27 ottobre, dal titolo ‘Tra deriva populista e scientificità’.

Sulla necessità di curare, così come fossero affetti da una malattia clinica, chi cade nella trappola delle cosiddette ‘bufale’ è Giovanni Boniolo, professore di Filosofia della Scienza e Medical Humanities presso l’Universita`di Ferrara (Unife). “Siamo circondati- ha detto Boniolo- da diffusori di fake news, ma soprattutto da individui che vi credono. Proprio questi ultimi sono affetti da carenze tali da poterli pensare come individui ‘epistemicamente o cognitivamente fragili’ che necessitano di essere curati, esattamente come necessitano di essere curati gli individui affetti da patologie cliniche. E’ una forma di patologia cognitiva che esisteva anche prima del Covid ma poi la pandemia l’ha messa in evidenza”. Come si interviene? “Attraverso una buona scuola- dice Boniolo- che deve essere il momento in cui si insegna il pensiero critico, si insegna a pensare in maniera autonoma”.

TRA DERIVA POPULISTA E SCIENTIFICITA’

L’esperienza del Covid-19 ha portato all’esondazione di un mare di informazioni spesso condite da populismo e sentimento anti-scientifico. Senza un approccio basato sul valore, il rischio è che la politica trovi più rapido giungere alle scelte ascoltando direttamente gli ‘esperti’ da un lato e i pazienti-cittadini dall’altro, senza passare per la mediazione di un approccio trasparente, scientifico e robusto per l’analisi del valore delle innovazioni nel settore sanitario. Il dialogo tra opinione pubblica e scienza vive da sempre fasi altalenanti, fra entusiasmi e incomprensioni. La pandemia ha dato sfogo a scontri ma ha avuto anche il merito di porre sotto la lente il modo in cui si comunica. Questo il tema del panel su cui si sono confrontati, oltre a Boniolo e De Rita, medici, filosofi, giornalisti e sociologi che si sono occupati del rapporto fra scienza e informazione. I loro interventi sono stati moderati da Giandomenico Nollo, vice presidente vicario della Sihta, e Dario Sacchini, membro del direttivo.

“Nella gestione del bene salute- ha sottolineato Nollo- c’è un elemento, sempre più evidente e preponderante di cui il decisore deve tener conto, ovvero la percezione del cittadino, il giudizio e l’accettazione che la società dà a determinati interventi, siano essi di sanità pubblica, di innovazione terapeutica, di capacità diagnostica. Si apre in particolare il tema di come comunicare le scelte, come esercitare la funzione bidirezionale del comunicare ovvero informare ed ascoltare. Non basta buona scienza serve buona politica, anzi policy, cioè politica pubblica, capace di dare soluzioni concrete ai problemi comuni rimanendo affidabile e credibile”.

Per Ottavio Davini, già direttore sanitario e di dipartimento, Città della Salute – Molinette, componente del comitato tecnico scientifico della Società, la comunicazione scientifica durante la pandemia ha commesso molti errori. “Esiste un problema ‘strutturale’ della nostra mente, genotipicamente identica a quella dei cacciatori-raccoglitori, quando la sopravvivenza dipendeva dalla capacità di reagire velocemente ai pericoli, facendo prevalere il ragionamento istintivo su quello analitico; soprattutto da qui derivano gli innumerevoli bias cognitivi che deformano la realtà. Inoltre, la complessità globale crescente e la quantità sterminata di informazioni disponibili ci annichiliscono. L’incapacità di comprendere è terreno fertile per la nascita delle teorie del complotto, che sono sempre esistite perché spiegano in modo semplice ciò che non è istintivamente comprensibile. Infine, la scienza è spesso controintuitiva e può sbagliare. Per questo la comunicazione dovrebbe spiegare anche l’incertezza”.


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