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Mancato accesso alle carceri, comitato Onu contro la tortura sospende visita in Australia

Esperti delle Nazioni Unite lamentano ostruzionismo delle autorità locali. 70 ong: atteggiamento governo preoccupa

Pubblicato:25-10-2022 12:42
Ultimo aggiornamento:25-10-2022 12:42
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suicidio detenuto terni
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ROMA – Un comitato delle Nazioni Unite per la prevenzione della tortura ha interrotto una missione in Australia a fronte della mancata collaborazione delle autorità locali, che hanno più volte impedito al personale dell’Onu di visitare delle strutture detentive. A renderlo noto è stato il Subcommittee on
Prevention of Torture (Spt), questo il nome dell’organismo, che agisce su mandato del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura (Opcat), siglato nel 2017 e poi ratificato da diversi Paesi, fra i quali la stessa Australia.

Stando a quanto si apprende da un comunicato, alla delegazione del Spt, composta da quattro esperti, fra le altre cose “è stato impedito di visitare diversi luoghi in cui le persone sono detenute” e “non è stato garantito l’accesso a tutte le informazioni e la documentazione pertinenti che aveva richiesto”. Problemi particolari si sono verificati negli Stati del Queensland, nel nord-est, e del New South Wales, nel sud-est Secondo quanto riferito dal governo di Canberra, le autorità locali di quest’ultima regione in particolare hanno impedito al personale Onu l’accesso a qualsiasi istituto di detenzione statale. Gli esperti hanno quindi ritenuto “compromessa” la collaborazione con l’Australia e hanno sospeso la missione, che era iniziata il 16 ottobre e che sarebbe dovuta terminare il 27.

LA RISPOSTA DEL GOVERNO AUSTRALIANO

Il ministro della Giustizia australiano Mark Dreyfus, oltre a dirsi “deluso” dall’atteggiamento dell’amministrazione del New South Wales, ha detto di “rammaricarsi” della decisione del
comitato Onu, affermando che la sospensione della visita “poteva essere evitata“. Dreyfus ha detto che l’Australia proseguirà nel suo impegno per il rispetto dei diritti umani.


Il sistema penitenziario australiano, in modo particolare i centri di detenzione per i migranti, compresi
quelli gestiti dall’Australia in Paesi vicini nell’ambito di accordi di esternalizzazione delle frontiere, sono da anni sotto accusa per le violazioni dei diritti umani che vi si verificano, stando a quanto documentato dall’Onu e da numerose ong.

70 ONG DENUNCIANO IL COMPORTAMENTO DELLE AUTORITÀ

Oltre 70 organizzazioni locali, fra le quali l’Australian Lawyers for Human Rights, si sono detti in una nota “profondamente preoccupati” dal fatto che “l’ostruzionismo incontrato” abbia spinto l’Onu a interrompere la sua visita sull’isola. Le ong hanno quindi chiesto all’esecutivo del primo ministro Anthony Albanese e ai governi locali di “prendere in considerazione le raccomandazioni dell’Opcat“, tenendo in conto che “il diritto all’esenzione dalla tortura è una norma inderogabile del diritto internazionale“.

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