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Sudan, il premier arrestato dai militari. La capitale Khartoum bloccata da golpisti e manifestanti

Il primo ministro Abdalla Hamdok ha esortato la popolazione a scendere in strada contro il tentativo di colpo di Stato. Segnalati blocchi alla rete Internet

Pubblicato:25-10-2021 12:34
Ultimo aggiornamento:25-10-2021 18:05
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Abdalla_Hamdok
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ROMA – Messo stamane agli arresti da un gruppo di militari, il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdok, ha esortato la popolazione civile a “scendere in strada” per “difendere la rivoluzione” in modo pacifico dal tentativo di colpo di Stato in corso. Lo si apprende dal profilo Facebook del ministero dell’Informazione e la cultura, che ha rilanciato il messaggio del capo di governo. Alle parole del premier ha fatto eco l’Associazione dei professionisti sudanesi, un’organizzazione che rappresenta 17 tra i maggiori sindacati del Paese, che tramite Twitter ha lanciato un appello “ai comitati di resistenza di quartiere e alle forze rivoluzionarie professionali e sindacali” a resistere al “brutale colpo di Stato”, anche “erigendo barricate” e “occupando le strade”.

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IL GENERALE AL-BURHAN SCIOGLIE IL GOVERNO E DICHIARA L’EMERGENZA

Stato d’emergenza, dissoluzione del Consiglio sovrano e del governo di transizione ed elezioni per il luglio 2023. Ad annunciarli è stato il generale Abdel Fattah al-Burhan, che era a capo del Consiglio, a poche ore dal colpo di Stato militare che si è verificato oggi in Sudan. Secondo al-Burhan, che ha parlato al Paese in un discorso diffuso sulla televisione nazionale, l’accordo di condivisione del potere tra civili e militari alla base delle transizione si era tramutato in un scontro che metteva a rischio pace e sicurezza del Paese africano.


L’annuncio di Al-Burhan, un’ascesa nelle forze armate durante il trentennale governo dell’ex presidente Omar Al-Bashir, al potere tra il 1989 e il 2019, sembra mettere fine a una fase della transizione iniziata due anni fa. I due organismi sciolti da Al-Burhan erano infatti le anime della nuova stagione politica cominciata in Sudan dopo la rivolta popolare e l’intervento dell’esercito che nell’aprile 2019 avevano messo fine al potere dell’ex capo di Stato. Lo stesso organismo presieduto da Burhan, composto da civili e militari e gestito a fasi alterne da rappresentanti di questi due settori, ne era l’emblema.

LE MANIFESTAZIONI IN STRADA A KHARTOUM

Sui social media stanno circolando le prime immagini di persone scese in strada in diversi quartieri di Khartoum per manifestare contro il golpe. La casa del presidente del Consiglio è stata circondata da militari alcune ore fa. Oltre al premier sono stati arrestati almeno due ministri, quelli dell’Informazione e dell’Industria, il governatore della capitale Khartoum e i portavoce di esecutivo e Consiglio sovrano. Quest’ultimo organismo, guidato a fasi alterne da esponenti dei militari e della società civile, gestisce insieme al governo la transizione del Paese da quando, nell’aprile 2019, una rivolta popolare e un intervento delle forze armate hanno messo fine ai trenta anni al potere dell’ex presidente Omar al-Bashir. In assenza di una rivendicazione ufficiale da parte dell’esercito, i militari che stanno tentando il golpe sono descritti come “non identificati” dai media sudanesi.

Nella più importante città del Paese si starebbero verificando diverse manifestazioni contro il golpe, stando a quanto riferiscono media concordanti. Il responsabile per il Sudan della ong Norwegian refugee council (Nrc), William Carter, ha pubblicato su Twitter un video che mostra un corteo di persone che avanza lungo un’arteria di Khartoum mentre sempre su Twitter stanno circolando filmati di strade bloccate dai dimostranti con dei pneumatici dati alle fiamme.

I fatti di stamane seguono di circa un mese un tentativo fallito di colpo di Stato. Il contesto è segnato da settimane di tensioni tra l’ala militare e quella civile della transizione nonché dalla crisi economica e di approvvigionamento di beni essenziali e carburante. Dal Sudan arrivano notizie di blocchi alla rete internet e di telefonia mobile, manifestanti contro l’intervento militare in strada e massiccia presenza di soldati e milizie vicine alle forze armate nella capitale Khartoum, i cui principali punti di accesso sarebbero stati chiusi dai golpisti.


Il premier arrestato Hamdok, stando a quanto riferiscono media internazionali, si sarebbe anche rifiutato di pubblicare una dichiarazione a favore del pronunciamento, come gli era stato richiesto dai militari. Stando a quanto riferisce il sito internazionale di monitoraggio della rete internet Netblocks, si osserva “una significativa interruzione del servizio Internet in Sudan a partire dalla mattina di oggi”. Ricostruzione confermata anche dall’agenzia Dire, che ha potuto verificare che contatti presenti a Khartoum, al momento, non riescono a ricevere i messaggi.


Secondo il corrispondente dalla capitale dell’emittente Al Jazeera inoltre, “le vie e i ponti di accesso” alla città sarebbero stati chiusi. Nel frattempo il ministero dell’Informazione ha reso noto tramite Facebook che i militari avrebbero fatto irruzione nelle sedi di radio e televisione statali a Ondurman, un sobborgo di Khartoum. Per adesso inoltre, i principali media del Paese, compresa l’agenzia Suna, non sembrano aggiornare i loro canali di comunicazione. L’emittente Radio Dabanga, a esempio, sta solo rilanciando contenuti pubblicati da altri.

FARNESINA: “SI TORNI ALLA TRANSIZIONE DEMOCRATICA”

La Farnesina esprime preoccupazione per le notizie che giungono da Khartoum. Da parte italiana si auspica che, con il contributo di Unione europea, Unione africana ed
organismi regionali africani, si possa tornare al più presto allo spirito del processo di transizione democratica in Sudan, sostenuto dalla Comunità Internazionale”. Così il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale in una nota, in seguito alla presa del potere in Sudan da parte dei militari.

L’ATTIVISTA CARTER (NRC): “A KHARTOUM REGNA L’INCERTEZZA”

“Incertezza” ma “tutto sommato” una certa calma pervadono in queste ore Khartoum, la capitale del Sudan, dove la priorità è che, qualsiasi cosa accada, “sia possibile continuare a sostenere le 13 milioni di persone che in tutto il Paese hanno bisogno di assistenza umanitaria“. Lo dice all’agenzia Dire William Carter, responsabile della ong Norwegian Refugee Council (Nrc) nel Paese africano. Il responsabile è stato raggiunto telefonicamente nella capitale a pochi minuti dall’annuncio con il quale il generale Abdel Fattah Al-Burhan ha sciolto il Consiglio sovrano, di cui era a capo, e il governo. Il generale ha sospeso anche l’amministrazione dei governatori locali, dichiarando lo Stato di emergenza e convocando elezioni per il luglio 2023.


Cosa attenda il Paese africano, dice ora Carter, “è difficile da prevedere”. Secondo il dirigente dalla ong con sede a Oslo però, da qualche tempo “era chiaro che qualcosa stava succedendo“. L’ultimo mese in Sudan è stato segnato da un tentativo di colpo di Stato fallito, a fine settembre, a causa di proteste e dissidi tra civili e militari, con proteste e manifestazioni dei sostenitori di entrambe le parti. Il Paese vive inoltre una generale crisi economica e di approvvigionamento di beni essenziali e carburante. Quest’ultima è a sua volta provocata dai blocchi alle infrastrutture – tra cui figura il fondamentale hub di Port Sudan – organizzati da alcune comunità che vivono nell’est del Paese, che chiedono maggior riconoscimento e autonomia da Khartoum. “La priorità è poter continuare ad assistere i più vulnerabili e le 13 milioni di persone che nel Paese hanno bisogno” su un totale di 43 milioni di abitanti, dice Carter. In un comunicato, il Norwegian Refugee Council ha inoltre esortato la comunità internazionale a “non abbandonare il Paese africano“.

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