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ROMA – “Abbiamo bisogno del disarmo in tutto il Paese, così da vivere tutti liberi dalle armi”. A parlare è Mathiang Dut Malual, leader del villaggio di Aluak-Luak, nella regione occidentale dei Grandi laghi, in Sud Sudan.
Mathiang Dut Malual è stato intervistato questa settimana da operatori della locale missione delle Nazioni Unite (Unimiss). Quest’ultima, in un report pubblicato l’altro ieri sul suo sito, denuncia che la regione è attraversata da violenze e agguati, in un conflitto interno che oppone differenti comunità nella regione dei Laghi. Scontri tra comunità sono frequenti in tutta la zona e vedono contrapposti i diversi gruppi di etnia dinka, per dispute annose legate alla terra, ai diritti di pascolo e alle razzie di bestiame.
A peggiorare la situazione, l’impoverimento generale dovuto alla guerra civile in corso da quasi cinque anni. Alla fine del mese scorso l’Unicef ha lanciato un allarme per la malnutrizione: la fame estrema colpisce il 60% della popolazione, sei milioni di persone.
“Soffriamo, siamo nelle mani di giovani armati dai due lati” è la testimonianza di Lual Riak, un’abitante del villaggio. “Quando andiamo a cercare cibo e legna, subiamo imboscate e veniamo prese di mira. Cosa possiamo fare come donne? Abbiamo bisogno di pace, di persone che dialoghino per risolvere i problemi”.
Le condizioni di sicurezza in Sud Sudan restano precarie ovunque, anche a causa dell’alta diffusione di armi da fuoco leggere. La settimana scorsa, le Nazioni Unite hanno denunciato che, in un’impennata di violenze tra aprile e agosto nella regione dell’Equatoria occidentale, 24mila persone sono state costrette a lasciare le loro case e 900 sono state rapite.
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