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VIDEO | Coronavirus, la fase 2 nelle comunità terapeutiche

"La lontananza rende più complicato aiutare chi ha dipendenze"

Pubblicato:25-09-2020 10:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:56

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https://youtu.be/NOjUDggMub0

ROMA – Il mantra della fase 2 è ripartire, anche per chi non si è mai fermato. Le comunità di recupero e le associazioni di settore hanno dovuto fare i conti con il Covid attrezzandosi per poter continuare le attività in tutta sicurezza. Una delle difficoltà più grandi è quella di proseguire i percorsi terapeutici evitando il contatto fisico: “Per noi è difficile- spiega un utente di Villa Maraini– perché la vicinanza fisica è parte integrante del percorso. Prima del Covid, sia con gli altri ospiti sia con gli operatori, ci salutavamo con un bacio sulle guance o con un abbraccio, ma adesso è cambiato tutto. Per questo abbiamo dovuto trovare un modo diverso per dare e chiedere aiuto, perché con un abbraccio una persona può chiedere tante cose”.

LE MISURE DI SICUREZZA 

Mascherine, distanziamento e gel sono le nuove parole d’ordine, ma i cambiamenti riguardano tutta l’organizzazione: “Facciamo i gruppi distanziati – ha continuato – mangiamo a mensa uno per tavolo, due se il tavolo è di quelli grandi. Insomma è cambiato un po’ tutto”. Il lavoro di centri come quello di Villa Maraini deve districarsi anche fra le tante fake news che nascono sul tema tossicodipendenza, in particolare legata al tema Covid. “Ho letto recentemente – ha dichiarato Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini- un lancio di agenzia in cui si diceva che i tossicomani sono a rischio infezione per lo stile di vita che conducono. Un’affermazione del genere può essere detta solo chi non ha mai visto un tossicodipendente, noi invece ne vediamo a centinaia ogni giorno e pensiamo esattamente il contrario”. 


Il sistema immunitario di chi “si infila in vena- ha continuato- o comunque assume quantità enormi di sostanze stupefacenti che essendo illegali non sappiamo che cosa contengono. Anzi una cosa la sappiamo: sono sostanze tagliate, e hanno eccipienti, polveri e batteri. In un pacco che proviene dall’Afghanistan, ma quanti batteri, virus e porcherie ci sono? Quindi affermare che il sistema immunitario dei tossici è diverso da quello di una persona sana mi sembra una cosa di buon senso che non ha necessità di essere dimostrato”. Ciò non significa che non si siano adottate tutte le misure necessarie per evitare il contagio, “essendo un posto ‘cash and carry’. La maggioranza dei nostri pazienti non sono residenziali, all’inizio ci siamo attrezzati con tutte le misure di prevenzione che vengono raccomandate e che tuttora sono in funzione: distanziamento, mascherine e gel. Abbiamo ristrutturato la mensa aumentando anche i turni per diluire le presenze. Da marzo a oggi non abbiamo visto un paziente positivo, quando qualcuno aveva i sintomi abbiamo predisposto le analisi che sono sempre risultate negative; quindi ci riteniamo autorizzati a dedurre che sicuramente i tossicomani non sono la categoria più esposta come sono stati esposti i ricoverati nelle Rsa“.

Anche nella sala operativa dell’unità di emergenza ‘Valerio Durante’ mascherina obbligatoria, dispenser per gel e misurazione della temperatura, agli utenti viene anche dato un guanto di plastica per evitare che vengano in contatto con le superfici. San Patrignano, la comunità di recupero sulle colline di Rimini, ha gestito il periodo di lockdown grazie ad un protocollo molto rigido che ha previsto l’isolamento della struttura ben prima del decreto dell’8 marzo. Durante quel periodo erano state vietate le visite dei parenti, gli ospiti del centro non venivano più mandati in verifica a casa e sono stati bloccati i nuovi ingressi. Hanno chiuso anche molti dei laboratori, solo la sezione food è andata avanti: le vigne, la raccolta del latte e la produzione alimentare. “Per i nostri ospiti- ha spiegato Antonio Buschini, responsabile sanitario della struttura, in una intervista al Resto del Carlino- rimanere inoperosi può avere degli aspetti positivi nel percorso terapeutico. Il fatto di non avere la giornata piena di attività, consente di riflettere e pensare alla loro condizione”. Adesso la fase 2, che diventa un passaggio molto delicato perché si dovrà riaprire senza perdere di vista tutte le accortezze per evitare il contagio. Ricominceranno le visite dei parenti, grazie al totem termoscanner, ripartono anche gli ingressi, ma solo per i casi urgenti e improcrastinabili, ovviamente dopo aver osservato un periodo di isolamento. Questo non deve però far abbassare la guardia, non è un caso che in mensa siano stati raddoppiati i turni per diluire le presenze e che i tavoli da 28 siano diventati da 12. Turni anche nella sala dove solitamente gli ospiti si riunivano tutti insieme per guardare la televisione. Per quanto riguarda le riunioni si continua con la modalità virtuale, via telefono o videoconferenza.

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