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VIDEO | “Altro che porto sicuro, la Libia è un inferno”

"A Tripoli scontri ancora più intensi da tre mesi": parla il responsabile migrazioni di Intersos, una delle poche ong attualmente nel Paese

Pubblicato:25-09-2019 11:33
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:44

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ROMA  – “La situazione in Libia per i migranti è grave. Lo scorso fine settimana ci sono stati scontri a Tripoli, i più intensi degli ultimi tre mesi. Il livello di conflitto sta aumentando, sempre più pesanti gli armamenti impiegati. La situazione è fuori controllo – come dimostra il fatto che l’aeroporto è chiuso già da un po’ – e lo è anche nei centri di detenzione, già oggetto di bombardamenti diretti”. A denunciare questa situazione all’agenzia Dire è Cesare Fermi, responsabile migrazioni di Intersos, tra le poche ong rimaste in Libia ad assistere i migranti.

L’intervista avviene a margine di una conferenza stampa a Roma in cui i responsabili della campagna ‘Io Accolgo’, di cui Intersos è parte assieme ad oltre 40 organizzazioni della società civile, hanno lanciato un appello alle istituzioni italiane affinché abroghino i Decreti sicurezza approvati dal precedente esecutivo e pongano fine agli accordi con la Libia, attraverso i quali la Guardia costiera libica ottiene finanziamenti con cui poter intervenire in mare. L’incontro segue un vertice a La Valletta in cui i ministri degli Interni di Italia, Francia Germania e Malta hanno discusso la strategia europea sul fenomeno migratorio. Nel corso dell’incontro è stato ribadito che la Libia costituisce “un porto sicuro”, in cui è possibile “riportare i migranti”. Secondo il responsabile Intersos, però, la Libia non è affatto un Paese stabile e sicuro, anche alla luce dei combattimenti scoppiati ad aprile a sud di Tripoli tra le milizie del generale Khalifa Haftar e quelle fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Serraj. “Fino ad oggi – denuncia il responsabile – la situazione non è migliorata da nessun punto di vista, né nella protezione delle persone detenute nei centri, né per coloro che sono fuori perché nei centri sta solo una minima parte di coloro che in Libia hanno bisogno di protezione”. Fermi sottolinea che “bisogna dire le cose come stanno“. “La Libia non è un porto sicuro, è un Paese in guerra, dove attualmente non c’è protezione neanche minima dei diritti delle persone” denuncia il responsabile di Intersos: “Abbiamo letto anche stamani su alcuni giornali della proposta di creare Centri di protezione internazionale in Libia. Mi auguro che sia un errore o un refuso perché, in realtà, ci troviamo di fronte a una situazione che può definirsi una tragedia: la Libia è un inferno, le persone muoiono a causa delle torture, dei ricatti e del traffico di esseri umani“. Questo, denuncia il responsabile Intersos, “lo vediamo ogni giorno attraverso i racconti delle persone che arrivano e testimoniano ciò che laggiù subiscono sulla loro pelle. In realtà non esistono piani di aiuto per queste persone ma solo piani di chiusura delle frontiere violando i diritti minimi da garantire”.


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