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Il micro orto in orbita che cambierà i viaggi spaziali

Si chiama GREENCube ed è il primo esperimento del genere

Pubblicato:25-07-2022 17:56
Ultimo aggiornamento:25-07-2022 17:56

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ROMA – C’è un microscopico orto che viaggia a 80 km sulle nostre teste, ruotando in orbita attorno al pianeta, racchiuso in una scatola altamente tecnologica. Un ‘fazzoletto’ di 30 centimetri di larghezza, 10 di lunghezza e 10 di spessore che potrà dare all’uomo risposte in grado di cambiare il destino dei viaggi spaziali. Si chiama GREENCube ed è il primo esperimento del genere, partito col volo inaugurale del vettore Vega-C dell’Agenzia Spaziale Europea lo scorso 14 luglio dalla base di Kourou. L’orto spaziale è in realtà un sistema altamente avanzato composto di due unità e progettato da un team scientifico tutto italiano composto da ENEA, Università Federico II di Napoli e Sapienza Università di Roma.

Si tratta di una coltura di crescione idroponica a ciclo chiuso, che permette di ridurre al minimo l’utilizzo di acqua e nutrienti, e che non ha bisogno di terra.  E’ protetta da una scatola high tech pressurizzata, impenetrabile dal vuoto esterno e dalle temperature spaziali.  Al suo interno sostiene lo sviluppo della vita vegetale grazie a sistemi di illuminazione specifica e di controllo di temperatura e umidità. Un sistema integrato di sensori per il monitoraggio e controllo da remoto dei parametri ambientali, della crescita e dello stato di salute delle piante è in grado di trasmettere a terra, in totale autonomia, tutti i dati acquisiti.

Perché questo piccolo cubo può cambiare le sorti dei viaggi spaziali? Il sistema di coltivazione in orbita consentirà di massimizzare l’efficienza sia in termini di volume che di consumo di energia, aria, acqua e nutrienti. Inoltre, saranno studiati gli effetti delle radiazioni, della bassa pressione e della microgravità sulle piante grazie al confronto con un orto gemello mantenuto in condizioni atmosferiche identiche ma nei laboratori terrestri. Il confronto tra i risultati degli esperimenti ottenuti nello spazio e a terra sarà cruciale per valutare la risposta delle piante alle condizioni di stress estremo e la crescita delle microverdure in orbita.


Per gli astronauti, avere a disposizione un alimento fresco ed altamente nutriente nelle future missioni potrà fare la differenza. “Oltre alla capacità di convertire anidride carbonica in biomassa edibile, gli organismi vegetali sono in grado di rigenerare risorse preziose come aria, acqua e nutrienti minerali. E non è da sottovalutare anche il beneficio psicologico per l’equipaggio, derivante dalla coltivazione e dal consumo di verdura fresca che richiamano la familiarità di abitudini e ambienti terrestri in condizioni di isolamento. Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie ENEA, spiega che “le piante hanno un ruolo chiave come fonte di cibo fresco per integrare le razioni alimentari preconfezionate e garantire un apporto nutrizionale equilibrato, fondamentale per la sopravvivenza umana in condizioni ambientali difficili.

I piccoli impianti di coltivazione in assenza di suolo come GREENCube possono svolgere un ruolo chiave per soddisfare le esigenze alimentari dell’equipaggio, minimizzare i tempi operativi ed evitare contaminazioni, grazie al controllo automatizzato delle condizioni ambientali”. Nei laboratori terrestri, ora si attende che le temperature interne siano ottimali per dare il via libera alla sperimentazione che durerà 20 giorni.

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