CESENA – Ve lo confesso, sono in serissima difficoltà: non so cosa scrivere. Perchè qualsiasi cosa dica, non sarà mai in grado di spiegare cosa è successo stasera allo stadio di Cesena. Posso solo avere una vaga idea di cosa può aver provato il pubblico, sentendo i boati che venivano giù dagli spalti. Ma il mix di adrenalina, passione, energia ed estasi che trasudava dai Mille rocker in campo, quella no, mi spiace, non riesco a spiegarla. Perchè non c’è un termine di paragone. La cosa che si avvicina di più a quella sensazione, perdonatemi, è l’orgasmo. E forse sì, a Cesena stanotte si è consumato il più grande atto d’amore per la musica che si sia mai visto. Sicuramente in Italia, ma forse anche nel mondo. La sto sparando alta? Può darsi. Ma vi assicuro che i volti illuminati, gli sguardi trasognati e le espressioni innamorate dei Mille alla fine del concerto (e anche del pubblico, diciamolo) non lasciavano dubbi.
Domenica 24 luglio, ore 17, Cesena. Today is the day. I Mille sono pronti e appena l’ingresso per gli artisti si apre, cominciano a fluire dentro al Manuzzi con un unico obiettivo: farsi una birra gelata. Anche se ha piovuto tutta mattina (lode agli addetti che hanno asciugato il campo e persino le prese di corrente coi soffioni), la calura è tanta e la lingua è arsa. Vuoi per la sete, vuoi per la tensione. L’atmosfera del pre-concerto è incredibile: facce sorridenti ovunque, gente che si saluta e si abbraccia anche se non sa neanche come si chiama, svariati “dai, cazzo” urlati per dare la carica. Ma non è tutto qui. C’è di più. Lo senti nell’aria, si tocca con mano. “Sembra di stare in un mondo parallelo“, dice Daniele, il mio vicino di basso. E ha ragione da vendere. Qui c’è solo passione, c’è solo musica. E c’è da fare la storia. Verso le 19 gli spettatori cominciano a entrare: immagino che la vista della distesa di strumenti al tramonto sia mozzafiato. I musicisti sono seduti nel settore ospiti dello stadio, chiuso al pubblico, e da lì entreranno in campo. Poi all’improvviso sbuca lui, l’eroe: Gunnarson, che ho scoperto venire da Foggia, oggi sfoggia la maglietta del vero giocatore islandese. E subito parte la “haka” scandinava in versione Rockin’1000. Dagli spalti la gente raccoglie e partecipa. Al nostro islandese foggiano non sarà sembrato vero. E infatti qualche minuto dopo lo vedi andare sotto le tribune e ripetere il rito col pubblico. A me sono venuti i brividi.
Dopo Gunnarson, tocca a Raul Casadei. Appena arrivato al Manuzzi anche lui per suonare coi Mille (“Mi batte forte il cuore”), il Re del Liscio accompagnato dal figlio va a salutare il pubblico, che nel vederlo gli tributa un grande successo della musica mondiale: Romagna Mia. E vabbè. Bello sorridente, Casadei torna nell’area dedicata ai vip, un po’ in disparte, insieme agli altri musicisti di fama che faranno parte della band più grande del mondo: Mac dei Negrita, Saturnino, Federico Poggipollini, Cesareo di Elio e le Storie Tese, Livio Magnini dei Blu Vertigo, Alteria e Nevruz di X Factor. Ma la festa vera è nella curva dei Mille: e non sanno che si sono persi. Gian Giuseppe, per esempio, che ha 15 anni e suona il violino. Circondato dai rockettari che lo incitano, parte con l’attacco di Thunderstruck degli AC/DC. Figurati, i Mille non aspettavano altro. Vanno subito dietro all’archetto impazzito, scandendo “Thunder” come a un concerto di Angus Young e compagni. Ovviamente, alla fine Gian Giuseppe è portato in trionfo. Neanche il tempo di complimentarsi, che a pochi metri riparte Gunnarson (ebbene sì, ancora lui) insieme a quattro o cinque batteristi a suonare ritmi sudamericani con le bacchette sulle panchine della curva. C’è chi gli va dietro con le mani, chi canta e chi fa il trenino. “Brazil…”
Alle 21 scatta il countdown e iniziamo a entrare in campo, sfilando tra gli applausi. Il Manuzzi è pieno (me la tirerò tutta la vita per aver suonato in uno stadio sold out, sappiatelo) e al posto delle gambe ho due stracchini di Nonno Nanni. Quando i musicisti sono in posizione (ci abbiamo messo mezz’ora!), entra il maestro Marco Sabiu in sella a una motocicletta e celato sotto l’accappatoio di Rocky Balboa (maestro, ma una roba un po’ meno kitsch no?). Sale sulla torretta e poi, il buio. Agli spettatori viene chiesto di accendere le luci dei telefoni. Io per poco non mi sento svenire. Partono i violini con Bitter Sweet Symphony dei Verve e quando attaccano i Mille viene giù lo stadio. Perchè puoi avere tutte le aspettative che vuoi, ma sentire questa cosa dal vivo è tutta un’altra musica. Letteralmente. Ti arriva nella pancia, ti rimescola le budella, ti scuote le ossa e ti cattura cuore e anima. Uno dopo l’altro scorrono Come Toghether, Jumpin Jack Flash, Rebel Rebel (con omaggio a David Bowie) Born to be wild (con una pacca devastante), Seven nation army, People have the power, Rockin in free world, Song 2 dei Blur e una Smells like teen spirit da spettinare anche i calvi.
di Andrea Sangermano, giornalista professionista (e rocker m/)
(la foto in alto è tratta dalla pagina Facebook di Rockin’1000)
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