NEWS:

Egitto, il tribunale di Al-Sisi? “Creato per reprimere”

La denuncia dell'attivista Sayed Nasr, esponente di EgyptWide. Sabato a Bologna la conferenza 'L'Egitto 10 anni dopo la rivoluzione'

Pubblicato:25-06-2021 17:27
Ultimo aggiornamento:25-06-2021 17:27

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “La condanna a quattro anni di carcere per il ricercatore egiziano Ahmed Samir Santawy era tristemente prevedibile: a memoria non ricordo un solo caso per la Corte suprema per la sicurezza dello Stato che non si sia concluso con una condanna. E le sentenze di questo tribunale non sono neanche appellabili: è stato istituito nel 2017 con decreto del presidente Abdel Fattah Al-Sisi proprio con lo scopo di prendere di mira attivisti e oppositori politici“. Così all’agenzia Dire Sayed Nasr, esponente di EgyptWide, una iniziativa nata in Italia da cittadini egiziani, italiani e italo-egiziani per monitorare la questione dei diritti umani in Egittoe in particolare i detenuti di coscienza.

Tra questi, c’è anche il caso di Santawi, il ricercatore iscritto alla Central European University di Vienna arrestato al Cairo lo scorso febbraio e condannato per “pubblicazione di false notizie” per post su Facebook.

Nel 2017, continua l’attivista, oltre a istituire la Corte suprema, “Al-Sisi ha fatto scattare anche lo Stato d’emergenza, che viene rinnovato regolarmente, un altro modo per mantenere il controllo sul dissenso” a partire dalla censura e dalla compressione di diritti e libertà fondamentali.


Secondo Nasr, la vicenda di Ahmed Samir Santawi dimostra che il governo del Cairo cerca di imbavagliare non solo giornalisti, politici e attivisti ma anche studenti universitari, sia quelli “che studiano in Egitto che all’estero”. Una vicenda che ricorda il caso di Patrick Zaki, iscritto all’Università di Bologna e in carcere per “attentato alla stabilità dello Stato” dal febbraio del 2020.

Proprio pensando a Zaki EgyptWide a marzo ha lanciato l’iniziativa “60mila Patrick”, per sensibilizzare sul problema dei detenuti di coscienza perché “quello che sta succedendo a Zaki è accaduto anche a Giulio Regeni, Rami Shaath e altre decine di migliaia di persone“. Quindici di queste storie sono state raccontate nel rapporto ‘Repression Mapped’ da cui secondo Nasr emergerebbe che “il regime applica modelli standard per reprimere i diritti”.

Per discutere di questi temi, EgyptWide ha organizzato per domani alle 17.30 presso il circolo Porta Pratello di Bologna la conferenza dal titolo ‘L’Egitto 10 anni dopo la rivoluzione’.

“Vogliamo affrontare questi temi a partire dall’export italiano di armi con l’Egitto– dice Nasr- il cui volume è aumentato a un ritmo stabile nonostante le continue, drammatiche violazioni dei diritti umani e la mobilitazione di ampi settori della società civile attorno alla questione”.

Di questo parlerà la professoressa Barbara Gallo, dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo (Iriad), che come spiega Nasr, “illustrerà l’esportazione di armi verso l’Egitto nonché l’operato dei movimenti di disarmo italiani nella denuncia di tale commercio”. Interverrà poi la senatrice Michaela Montevecchi sulle sue attività per fare da ponte tra società civile e istituzioni nel favorire la liberazione di Patrick Zaki; la ricercatrice e attivista Céline Lebrun, coordinatrice della Campagna internazionale Free Ramy Shaath, parlerà del caso di suo marito, in carcere da due anni. Infine illustrerà i casi di abuso dei diritti Kareem Taha, fondatore dell’ong con sede in Francia Egyptian Human Rights Forum. A moderare il panel sarà Laura Cappon, secondo Nasr “tra le voci più significative del giornalismo italiano nel seguire la situazione in Egitto durante e dopo la rivoluzione”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it