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L’ipotesi che agita i forzisti, la federazione ‘per Draghi presidente’

Alcuni deputati azzurri sognano l'ipotesi di una Federazione di Centro: "Da Calenda e Renzi fino a Giorgetti, se ci sta", con il sogno inconfessabile del patrocinio stellato: "Per Draghi presidente"

Pubblicato:25-05-2021 16:10
Ultimo aggiornamento:25-05-2021 17:28

draghi imagoeconomica
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ROMA – E’ il dopo Berlusconi, più ancora del dopo pandemia, l’incubo che agita la truppa in sonno dei parlamentari forzisti. In giardino alla Camera, in attesa delle votazioni sul dl Covid, nei drappelli serpeggiano gli interrogativi sul futuro prossimo. Tra una stretta alla cravatta e una tirata di sigaro, alcuni deputati azzurri masticano e rimasticano l’ipotesi di una Federazione di Centro: “Da Calenda e Renzi fino a Giorgetti, se ci sta”, con il sogno inconfessabile del patrocinio stellato: “Per Draghi presidente”. Una conversazione che il cronista della Dire non ha potuto fare a meno di ascoltare.

La premessa del ragionamento fatto dai tre maggiorenti forzisti è che “Berlusconi sia d’accordo”. Al Cavaliere viene riconosciuto il ruolo del padre nobile. In fondo deve essere lui a compiere l’impresa, esercitare il suo ascendente per ottenere il tacito assenso del premier in carica. Perché è chiaro nessuno vuole schierare Draghi alle politiche. “Non lo farà mai”, taglia corto il più anziano dei tre. Macché, deve solo acconsentire che il suo nome venga usato. “Per Draghi presidente”, come spot e collante di una minicoalizione. “Ce lo mettiamo sotto…”, e traccia la traiettoria di un bandone elettorale.

C’é tuttavia una questione preliminare: i tempi della legislatura. Quanto durerà? La convinzione comune è che non si voterà nella primavera del 2022. “Alla fine Mattarella la fa sta cosa”, concordano i forzisti alludendo al fatto che il presidente della Repubblica – nonostante le ripetute manifestazioni di dissenso – “se messo alle strette” da un appello coram populo e dalle inderogabili necessità del Paese, alla fine assentirà ad un mandato bis della durata di un anno e mezzo. Tanto quanto basta per arrivare alla primavera del ’23. O meglio: scavallare l’autunno del 2022.


Perché da settembre del 2022 – sono consapevoli i forzisti – il magnete che tiene la legislatura incollata agli scranni cesserà di funzionare. “Tutti questi devono prendere la pensione…”, dice il forzista di lungo corso indicando con un movimento del braccio i colleghi – molto più giovani, tanti M5s – che popolano il giardino di Montecitorio. In effetti la diciottesima legislatura vanta il più alto numero di neoeletti nella storia repubblicana. Il 66% alla Camera, 415 deputati, il 64% al Senato, 205 senatori. Da settembre 2022 per tutti loro scattano i 4 anni sei mesi e un giorno che danno il diritto alla pensione, da incassare all’età prescritta. In ogni caso, un’attrazione fatale per il Parlamento.

Ma il problema dei ‘vecchi’ è un altro: come tornarci, in Parlamento. “La legge elettorale non si fa”, sono pronti a scommettere. E allora, con quella in vigore, il Rosatellum, è d’obbligo stare in coalizione, visto che il 37 per cento dei seggi è assegnato con metodo maggioritario, e anche la quota proporzionale ha delle soglie di sbarramento che rendono necessario lo stare insieme, piu’ o meno appassionatamente.

Di qui l’idea della Federazione. “Noi abbiamo il 7 per cento in salita. Che facciamo, lo buttiamo via?”. Neanche per sogno. C’è un magma liberale e centrista che si muove sotto le apparenze del bipolarismo. “Prendi Renzi, prendi Calenda a sinistra. E quelli che nella Lega non vogliono Salvini, dove vanno? Facciamo una coalizione. Federazione di Centro. E sotto ci scriviamo “Per Draghi presidente”. Hai voglia quanti voti…”.

C’è un problema. Ma Draghi non vuole essere eletto al Quirinale già a febbraio? Così l’operazione è bruciata in partenza. “Macché – è sicuro il più anziano dei tre – alla fine ci ha preso gusto anche lui. Hai visto la governance… Il Recovery lo deve gestire, e non dura solo tre anni…”. “Ma a noi basta che resti fino al 2023. Poi ‘Draghi presidente’… Funziona lo stesso. Presidente della Repubblica (eletto dal nuovo Parlamento) o del governo, che differenza fa?”.

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