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ROMA – Il 61% delle persone affette da patologie reumatologiche sono preoccupate e/o molto preoccupate per gli effetti provocati dall’emergenza Covid-19, con impatti negativi sul proprio stato d’animo (aumento dell’irritabilità, disturbi dell’appetito, riduzione della qualità del sonno). Una persona su tre non è soddisfatta del supporto fornito dal proprio medico di famiglia in questo periodo di emergenza e tre su quattro (76%) hanno dovuto rimandare visite specialistiche e di controllo legate nella quasi totalità dei casi (88%) alla patologia. Addirittura, quasi uno su 4 (22%) pensa che non tornerà mai più sereno come prima dell’arrivo della pandemia. Sono alcuni risultati che emergono dalla survey ‘Le patologie reumatologiche e Covid-19’, realizzata dall’Osservatorio dell’Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, in collaborazione con Helaglobe, presentati nel corso del webinar dal titolo ‘Cronache della cronicità sospesa’ promosso dall’APMARR.
“Per una persona affetta da patologie croniche- commenta Antonella Celano, presidente dell’Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APMARR- risulta essere quasi un ossimoro quello di aver dovuto interrompere, da un momento all’altro a causa della pandemia, la malattia cronica con la sospensione dei controlli, delle visite ospedaliere e della possibilità di avere diagnosi precoci. La malattia, infatti, non si ferma a causa del Coronavirus e ci sono prestazioni e terapie che non possono essere considerate ‘differibili’, con l’inevitabile effetto di un peggioramento del quadro clinico che provoca un incremento dei costi sanitari e sociali. Il nostro Servizio sanitario nazionale dovrebbe essere a misura di paziente garantendo l’accesso, la presa in carico, le cure territoriali, la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, la riabilitazione, l’assistenza domiciliare, senza differenze tra Regioni”.
Da questa emergenza, dalla necessità di dare risposte concrete e in tempi brevi alle persone, secondo la presidente di APMARR potrà essere messa in pratica la “tanto spesso teorizzata continuità ospedale-territorio e lo sviluppo di una rete di sostegno sanitaria, assistenziale, sociale. In questo senso- aggiunge Celano- la telemedicina è certamente uno strumento innovativo che potrebbe aiutarci a superare tutti questi bisogni insoddisfatti di salute e cura”.
Dalla ricerca emerge quindi forte il tema della fragilità per le persone affette da patologie croniche. “A livello più intimo l’emergenza desta preoccupazione nel 60% dei casi- fa sapere Davide Cafiero, managing director e partner fondatore di Helaglobe, autore della ricerca- e una delle possibili soluzioni per affrontare il problema potrebbe essere quella di garantire ai pazienti un supporto emotivo e psicologico. Malgrado i pochi casi di difficoltà a seguire il piano terapeutico (12%), circa la metà delle persone sarebbe interessata a ricevere un servizio di infusione/somministrazione domiciliare”.
L’assenza di percorsi di accesso alle cure facilitati e di indicazioni per l’emergenza, indicata nel 68% dei casi, certifica poi “la scarsa capacità dei centri ospedalieri di modificare rapidamente la loro offerta– prosegue Cafiero- lasciando così spesso solo il paziente”. Efficace invece il supporto fornito dalle associazioni pazienti, le quali però dovranno “certamente incrementare il numero degli assistiti: tre persone su cinque, infatti, hanno dichiarato di non avere contatti con loro”. La survey evidenzia “certamente un cauto ottimismo per il futuro, con la voglia di apprezzare maggiormente la vita, dedicando un’attenzione particolare alla salute”, conclude il managing director di Helaglobe.
“Questa pandemia Covid-19 ha avuto un impatto molto severo sul Paese, mettendo in grandi difficoltà tutti i cittadini e non risparmiando il sistema sanitario, messo a dura prova dall’emergenza, con conseguenze e ricadute che sono andate a ripercuotersi anche su pazienti già particolarmente fragili come le persone affette da patologie reumatologiche e croniche”. Così la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, commentando i risultati emersi dalla survey ‘Le patologie reumatologiche e Covid-19’.
“Le patologie reumatologiche- prosegue Zampa- sono malattie croniche di enorme serietà, anche per la condizione di vita spesso realmente critica che impongono alla persona colpita. Necessitano, nello specifico, di una particolare attenzione a livello di percorsi terapeutici e di assistenza, a cominciare dalla fase di diagnosi, in cui ogni secondo guadagnato può essere determinante in funzione dell’obiettivo primario, che è e resta il bene del paziente”.
Per questo, sottolinea ancora la sottosegretaria alla Salute, esistono il Piano nazionale delle cronicità e i percorsi dedicati che “il nostro Sistema sanitario nazionale prevede con l’obiettivo costante dell’impegno a migliorare”. Ora, in virtù della necessità di ripartire, in un momento “quanto mai critico e delicato come questo della appena iniziata fase 2- aggiunge infine Zampa- è importante confrontarsi per trovare insieme strade e indirizzi comuni che rendano possibile assicurare comunque la presa in carico di ogni persona per le cure di cui ha bisogno”.
“In futuro, per poter soddisfare quelli che sono i bisogni delle persone affette da malattie croniche, è necessario potenziare l’assistenza territoriale, la medicina del territorio e la telemedicina”. Così la senatrice Paola Boldrini, componente della XII Commissione Igiene e Sanità, intervenendo al webinar ‘Cronache della cronicità sospesa’.
“Il Piano nazionale della Cronicità esiste da quattro anni- prosegue Boldrini- ma come tutti i piani è necessario poi che venga applicato in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, rafforzandolo e riducendo al minimo le differenze di applicazione, che tuttora esistono tra le Regioni”.
“L’emergenza Coronavirus ha acuito ancor di più la fragilità fisica e psicologica dei pazienti con la frustrazione, per loro, di non poter avere un contatto fisico e diretto con il proprio medico curante”. Così l’onorevole Elvira Savino, componente della XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea, intervenendo al webinar organizzato dall’APMARR.
“Esiste dunque la necessità per il nostro Servizio sanitario nazionale di orientarsi sempre più verso la telemedicina e la telesalute– prosegue Savino- strumenti fondamentali e da implementare, facilitando così l’accesso alle cure dei pazienti cronici e garantendo loro una diagnosi precoce”. Secondo Savino, infine, è “indifferibile l’avvio di un processo di revisione ed estensione del Piano nazionale della Cronicità”, conclude.
“In questa fase emergenziale il problema più grosso per noi reumatologi, oltre alla sospensione delle cronicità, è stato quello di non poter fare o dover ritardare le diagnosi precoci della malattia. Nelle patologie croniche, infatti, è fondamentale individuare subito l’insorgenza della malattia per poter così intervenire tempestivamente”. Così il reumatologo Roberto Caporali, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia Clinica dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano e professore di reumatologia al dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell’Università di Milano, intervenendo al webinar.
“E invece, causa pandemia- prosegue Caporali- molti pazienti con artrite reumatoide in fase precoce non sono riusciti ad arrivare in ospedale. Ecco perché, nella fase 2, dobbiamo assolutamente riprendere, in piena sicurezza, tutte le visite sospese. La telemedicina infatti è importante, ma da sola non basta, rimane necessario il contatto diretto e fisico tra medico e paziente”. Durante l’emergenza sanitaria, conclude infine il reumatologo, i pazienti cronici si sono ritrovati “spesso soli, lontani dal proprio medico curante e senza alcuna possibilità di accesso alle strutture ospedaliere”.
“Dematerializzazione delle ricette, telemedicina, teleconsulto, triage telefonico sono stati certamente degli strumenti utili per noi medici in questa fase d’emergenza, ma un paziente malato acuto va visto di persona e soprattutto va visto in tempi brevi”. Così il pediatra reumatologo Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’Unità Operativa di Reumatologia del dipartimento di Medicina Pediatrica IRCCS ospedale Bambino Gesù di Roma, intervenendo al webinar. “Noi corriamo anche dei rischi legali a fidarci troppo di questi consulti a distanza mediati dalla tecnologia- prosegue De Benedetti- dobbiamo renderli appropriati e obiettivabili”.
Secondo il pediatra reumatologo, non è possibile pensare “solo alla Covid-19, questa prima o poi finirà e la medicina, la scienza e la ricerca sono un insieme di tante cose e il loro futuro va pensato e organizzato adesso, utilizzando e riorganizzando al meglio le risorse disponibili”. Per De Benedetti dobbiamo infine combattere “in ogni modo il dilagare dell’infodemia e delle fake news, educando i cittadini a consultare, quale principale fonte d’informazione, i siti istituzionali”, conclude.
“Il futuro per i pazienti cronici è adesso e lo strumento ideale per affrontarlo è la telemedicina”. Così l’angiologo Sergio Pillon, dello European Public Health Alliance- Digital Health Working Group, già coautore e coordinatore della Commissione paritetica nazionale per la governance delle linee d’indirizzo sulla Telemedicina (ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni), intervenendo al webinar dell’APMARR. “Il problema qui non è la tecnologia- prosegue Pillon- ma serve riuscire a rispondere alla domanda di quale sia la linea di condotta più adeguata per un particolare paziente, in queste condizioni e in questa fase della malattia”.
La telemedicina, quindi, non è l’obiettivo “ma è lo strumento, è il nostro stetoscopio attraverso il quale è possibile acquisire dati anche direttamente a casa del paziente- aggiunge l’esperto- leggendoli e osservandoli. In Italia esistono dal 2014 delle Linee guida nazionali sulla telemedicina ma al momento soltanto due Regioni (Veneto e Toscana) le hanno recepite con delle delibere e nemmeno in maniera omogenea tra loro”. La telemedicina offre insomma delle opportunità “che vanno assolutamente sfruttate”, conclude Pillon.
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