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Dante Alighieri? “Era narcolettico”

Ne è convinto Massimo Zenti, presidente dell'associazione italiana narcolettici e ipersonni (ain): "Le similitudini con noi narcolettici sono davvero molte"

Pubblicato:25-03-2021 16:44
Ultimo aggiornamento:25-03-2021 16:45

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ROMA – Nel ‘Dantedì’, giornata nazionale che si celebra oggi in memoria del poeta fiorentino, a 700 anni dalla sua morte Dante Alighieri è più attuale che mai e, a sua insaputa, potrebbe essere il testimonial d’eccezione di una patologia che in Italia affligge 2.500 persone, la narcolessia. Il curioso sospetto nacque alcuni anni fa, quando il neurologo Giuseppe Piazzi, professore all’Università di Bologna, pubblicò un articolo in cui sosteneva che Dante avesse una conoscenza personale di questo disturbo del sonno e che ne avesse descritto le caratteristiche nelle terzine della Divina Commedia.

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“È davvero possibile che Dante Alighieri soffrisse di narcolessia. Effettivamente sembra che proprio nel suo viaggio narrato nella monumentale opera il sommo poeta abbia descritto il classico sonno della persona narcolettica. Un sonno attraverso un sogno lungo e ricco di avventure meravigliose“. Ne è convinto Massimo Zenti, presidente dell’associazione italiana narcolettici e ipersonni (ain), intervistato dall’agenzia Dire. “Le similitudini con noi narcolettici sono davvero molte – spiega – e da come Dante si racconta sembra davvero di leggere la narrazione di una persona che vive la narcolessia in prima persona. Questo emerge anche dalla sua estrema creatività, una delle principali caratteristiche del narcolettico, con la descrizione di sogni che possono essere belli o brutti, come ad esempio quelli legati all’Inferno”.


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“Sono situazioni che possono essere correlate all’epoca di Dante – informa Zenti – quando la religione era molto più sentita rispetto ad oggi. È probabile che il poeta abbia avuto vere e proprie visioni e che da queste sia nata la sua opera, poiché Dante stava davvero vedendo ciò che stava vivendo”. Dante il sommo poeta. Dante il padre della lingua italiana. Dante l’autore di opere magnifiche: da ‘Le rime’ a ‘La vita nova’, dal ‘De vulgari eloquentia’ al ‘De Monarchia’, solo per citarne alcune. Dante conosciuto soprattutto per la ‘Divina Commedia’, capolavoro tradotto in tutte lingue del mondo, probabilmente la più importante testimonianza della letteratura medievale e una delle più grandi opere di quella universale. Un racconto di un viaggio ultraterreno, diviso in tre cantiche, ricco di avventure e di incontri con personaggi straordinari attraverso il dramma dell’Inferno, le pene del Purgatorio e le glorie celesti del Paradiso. Dante da oggi, forse, anche il narcolettico più famoso del mondo.

La narcolessia si caratterizza per un sonno notturno disturbato e per una eccessiva sonnolenza diurna. In quest’ultimo caso chi ne soffre non si addormenta all’improvviso ma ha a che fare con una sorta di sonnolenza molto aggressiva e invadente che fa venire sonno in qualsiasi momento della giornata e che fa letteralmente crollare. Nella gran parte dei casi la narcolessia si manifesta fra l’età infantile e l’età puberale e sono molti i bambini che la sviluppano verso i 6-7 anni. Zenti racconta come il sonno del narcolettico abbia caratteristiche davvero nervose. “È come rimanere svegli per 24 ore. Hai sonno e vuoi dormire ma hai un’adrenalina che non te lo consente. Se ti fermi un attimo puoi addormentarti, magari per 15 minuti, ma poi ti svegli nuovamente” – dichiara. Tutto questo avviene perché nel cervello del narcolettico manca la orexina. “Si tratta di una proteina che regola la sonnolenza e la veglia – afferma il presidente ain – e che non permette di riposare per lunghi periodi. Il cervello non riesce a rilassarsi per più di 20 minuti. Il narcolettico, a causa di una reazione autoimmune, distrugge questa proteina, determinando una sregolatezza tra il ritmo del sonno e della veglia. Quindi, di notte manca un sonno completo e ristoratore e di giorno si hanno continui colpi di sonno”.

La narcolessia si può trattare ma, al momento, non c’è una cura definitiva. “Esiste una terapia comportamentale, fatta di riposini programmati e di un’alimentazione corretta – prosegue – che permette di avere una buona qualità di vita. Il tutto è abbinato ad un trattamento farmacologico, spesso composto da due o più farmaci: uno per dormire bene la notte e uno stimolante per la veglia”. “Ci auguriamo – aggiunge Zenti – di poter contare in futuro su trattamenti più innovativi come la stessa orexina e che la narcolessia possa essere trattata, ad esempio, come il diabete, che viene curato con l’insulina”. “Sarebbe bello – suggerisce presidente ain -che a scuola si potesse abbinare il programma di scienze a quello di letteratura e all’insegnamento specifico di Dante. In questo modo gli studenti potrebbero davvero capire cosa può significare avere a che fare con un disturbo del sonno come la narcolessia. Anche perché negli istituti non viene data la giusta importanza al sonno e ai disturbi che il sonno comporta”.

Zenti prende infine spunto per denunciare una concezione negativa che la società ha del sonno. “Se al lavoro una persona prende un quarto d’ora per fumare o bere un caffè, questo non viene considerato un problema – conclude – ma se la persona usa lo stesso tempo per riposare in macchina, tornare fresco, riposato e più produttivo viene invece vista come pigra e svogliata”. In attesa di ulteriori studi che dimostrino la correlazione tra Dante e la narcolessia, ci auguriamo davvero che il sommo poeta stia riposando in quel di Ravenna nella maniera più serena e ristoratrice possibile.

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