Da Kinshasa a Bukavu: il viaggio congolese diventa un giro d’Africa… con sorprese

Il diario di un missionario bolognese di ritorno a casa dopo l'avanzata dei ribelli

Pubblicato:25-02-2025 17:03
Ultimo aggiornamento:25-02-2025 17:10

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ROMA – Da Kinshasa a Bukavu. Un trasferimento nazionale, ma solo in teoria: con l’avanzata del Mouvement du 23 mars nell’est della Repubblica democratica del Congo, il viaggio è diventato un po’ un giro dell’Africa. Che ha riservato sorprese alla frontiera e all’arrivo: con inviti a pregare da parte dei ribelli e nuovi inquilini nelle ville di Ave Muhumba, nel quartiere chic in riva al lago Kivu.

UN MISSIONARIO BOLOGNESE IN VIAGGIO

A partire da Kinshasa è stato venerdì scorso padre Davide Marcheselli, sacerdote bolognese associato ai saveriani, da anni missionario nell’est del Congo. “Nella capitale eravamo arrivati in 11 il mese scorso” ricorda il religioso, condividendo la sua testimonianza con l’agenzia Dire. “Dovevamo svolgere un’attività di ‘pladoyer’: sensibilizzare sui problemi e le necessità delle nostre comunità, facendo presente anche alle autorità nazionali le esigenze di Kitutu e di altri villaggi della provincia del Sud Kivu”. In pochi giorni, però, è cambiato tutto. I ribelli dell’Mouvement du 23 mars (M23) hanno preso il controllo di Goma, capoluogo del Nord Kivu, e poi sono entrati anche a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. “All’andata avevamo viaggiato su un aereo di linea, dall’est all’ovest del Congo, ma adesso questo era impensabile” racconta padre Marcheselli: “Prima hanno chiuso l’aeroporto di Goma e poi dopo che avevamo già cambiato i biglietti anche quello di Kavumu, il piccolo scalo che serve Bukavu”.

Le difficoltà non riguardano solo i mezzi di trasporto ma anche le procedure burocratiche. “L’unica possibilità era un volo dell’Ethiopian in partenza da Njili, l’aeroporto di Kinshasa” sottolinea il missionario. “Ci avrebbe portato ad Addis Abeba, da dove avremmo dovuto prendere una coincidenza per Kigali, la capitale del Ruanda, e tentare poi il passaggio via terra in Congo: invece di percorrere 2.300 chilometri ne avremmo dovuti fare 6.800, ma soprattutto servivano passaporti, che non tutti avevano, perché con noi c’erano contadini e persone semplici che non avevano né la necessità né i soldi per documenti del genere”.

ATTESA E PARTENZA

Bisogna aspettare una ventina di giorni. Giorni particolari, segnati anche dalle proteste popolari per i fatti nell’est. A Kinshasa sono assaltate le ambasciate di Francia e Stati Uniti, mentre chi parla swahili è guardato con sospetto. Spiega padre Marcheselli: “C’è l’idea, del tutto infondata, che chi conosce quella lingua diffusa anche nel Kivu stia dalla parte dei ribelli”. I viaggiatori riescono infine a ottenere i nuovi passaporti. Per partire si deve aspettare però anche la riapertura della frontiera tra Ruanda e Congo, bloccata per più giorni dopo la caduta di Bukavu. “Ad Addis Abeba siamo arrivati all’alba e poi abbiamo preso la coincidenza per Kigali” sottolinea padre Marcheselli. “In direzione della frontiera siamo invece partiti a tarda sera, per non dover sostenere le spese di pernottamento in Ruanda”. Al confine l’arrivo è di mattina presto. “Non abbiamo trovato alcuna difficoltà, anche se dal lato congolese invece della solita polizia di frontiera c’erano controllori in abiti civili, probabilmente collaboratori dell’M23″ riferisce padre Marcheselli. “Un giovane mi ha domandato chi fossi e quando ha saputo che ero un prete mi ha chiesto di pregare per lui”. E ancora, a tema passaporti. “Sul libretto mi hanno messo lo stesso timbro di sempre, quello della Repubblica democratica del Congo” dice il missionario. “Come se il cambiamento della situazione non contasse affatto”.

“UN PO’ MENO CONFUSIONE DEL SOLITO”

All’arrivo, ieri mattina, domenica, “c’era un po’ meno confusione del solito” annota padre Marcheselli, accennando alle abitudini congolesi. Poche motociclette e poche auto, soprattutto nel quartiere di Ave Muhumba. “E’ qui che i gerarchi dell’M23 hanno trovato casa” spiega il missionario: “Si sono presi le ville utilizzate dai grandi capi di Kinshasa quando vengono nell’est, dimore che per gran parte dell’anno restano vuote”. Previsioni per il futuro? “Oggi Bukavu è tranquilla” risponde padre Marcheselli. “Domani andrò in giro per vedere e magari raccontare un po’”.

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