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RIMINI – Non tutto torna sulla morte di Luca e Cristian, gli alpinisti romagnoli tragicamente scomparsi sul Gran Sasso il 22 dicembre scorso, i cui corpi sono stati ritrovati solo cinque giorni dopo, a causa delle condizioni meteo difficili che hanno impedito le ricerche. Vogliono andare fino in fondo per scoprire se quella tragedia poteva essere evitata le famiglie dei due amici di Santarcangelo di Romagna, Luca Perazzini e Cristian Gualdi, 42 e 48 anni, con alle spalle una lunga esperienza di imprese sulle montagne. Questo è il motivo per cui il fratello di Luca, Marco Perazzini, insieme ai suoi legali, Luca Greco e Francesca Giovanetti, ha presentato un esposto alla Procura di Teramo: vogliono chiarire le circostanze che non hanno evitato la loro morte per assideramento.
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Nel mirino non c’è la macchina dei soccorsi, puntualizzano gli avvocati, come riporta la stampa locale: la famiglia Perazzini, spiegano, non ha intenti polemici verso chi si è adoperato per i soccorsi, anzi, agli operatori, che anche in condizioni di grande pericolosità hanno portato avanti le ricerche, va il loro ringraziamento. Obiettivo dell’esposto è “quello di comprendere meglio alcuni aspetti della vicenda, anche al fine di evitare in futuro che drammi come questo possano ripetersi“.
Nel 2024 sulle montagne dell’Abruzzo sono stati 12 gli escursionisti deceduti a seguito di incidenti: il doppio rispetto al 2023. Numeri che possono sollevare dei dubbi sulla sicurezza: l’esposto dunque punta a far capire se quel giorno sul Gran Sasso ci fossero effettivamente le condizioni per consentire il libero accesso in quota. O se diversamente, anche alla luce dell’allerta meteo diramata dalla Protezione civile, sarebbe stata necessaria un’ordinanza urgente per impedire l’accesso nei luoghi potenzialmente a rischio e impedire il raggiungimento della vetta. Non solo: nel mirino dell’esposto anche la segnaletica dei sentieri e le informazioni rispetto all’indicazione della chiusura di un rifugio vicino al punto della caduta dei due uomini. E ancora, si chiede infine di capire se le azioni messa in campo per i soccorsi siano state immediate e precedenti al peggioramento delle condizioni meteo.
Cristian e Luca erano partiti per l’escursione domenica mattina, 22 dicembre, quando le condizioni del tempo erano ancora buone: intendevano compiere la salita al Corno Grande, percorrendo il sentiero della Direttissima. Poi però nel pomeriggio le condizioni meteo sono peggiorate velocemente e sono stati colti da una bufera di neve durante la discesa.
Poi qualcosa è andato ancora più storto: i due alpinisti sono scivolati in un canalone e lì, a 2.700 metri, sono rimasti bloccati. Sono riusciti a contattare i soccorritori, ma le condizioni del tempo hanno impedito le ricerche, malgrado siano state attivate sul posto decine di uomini del soccorso alpino e della guardia di finanza. La bufera, con raffiche di vento fino a 140 chilometri orari, ha ostacolato l’intervento degli elicotteri e per diversi giorni gli stessi soccorritori rimasti bloccati a Campo Imperatore a causa della rottura della funivia, poi ripristinata. Solo dopo 5 giorni, il 27 dicembre scorso, quando il tempo lo ha consentito, i corpi dei due alpinisti sono stati raggiunti e trovati, ormai senza vita, per ipotermia.
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