NEWS:

Groppi (Amnesty): “Usare il Recovery per limitare industria delle armi”

"L'Italia negli ultimi 25 anni ha esportato armamenti verso 123 paesi, superando in diverse occasioni l'Alleanza atlantica. Vendute armi a regimi autoritari come l'Egitto, l'Arabia Saudita e l'Eritrea"

Pubblicato:25-02-2021 16:46
Ultimo aggiornamento:25-02-2021 18:48
Autore:

mondiali di calcio
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Chiediamo di utilizzare una parte delle risorse del Recovery Plan per limitare l’industria degli armamenti, riconvertendo la produzione, o parti di essa, verso altre filiere che rispettano i diritti umani. Si pensi, ad esempio, al settore della transizione ecologica che ha bisogno di investimenti importanti per lo sviluppo di tutti gli ambiti collegati a questo processo”. A dirlo è Giulia Groppi, Lobbying and Policy Senior Officer di Amnesty International Italia, intervistata dall’agenzia Dire.

“L’Italia- aggiunge Groppi- negli ultimi 25 anni ha esportato armamenti verso 123 paesi. In diverse circostanze ha accresciuto il proprio export grazie a partner commerciali di paesi che sono caratterizzati da regimi autoritari che non tutelano minimamente i diritti umani. La riconversione consentirebbe ad altre filiere di crescere dal punto di vista produttivo e non metterebbe a rischio posti di lavoro. Quest’ultimo aspetto è stato utilizzato ad arte dalle grandi aziende produttrici di armi, un autentico ricatto occupazionale che è stato sempre accettato dai governi che si sono succeduti nel tempo”, conclude la rappresentante dell’Organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani.

LEGGI ANCHE: Beretta (Opal): “Licenze armi troppo facili, dubbi su attività sportive”


AMNESTY: OBBLIGO COMUNICARE ACQUISTO A CONVIVENTI, LEGISLATORE INTERVENGA

“Sul tema della detenzione legale di armi l’Italia non ha ancora un quadro normativo coerente. I dati sulle licenze, inoltre, vengono comunicati soltanto a riviste settoriali. Manca trasparenza sia sul numero di armi detenute che sulle licenze”. Questo il monito lanciato da Groppi.

Nel nostro Paese continua a crescere il numero dei femminicidi e degli omicidi che si consumano all’interno delle mura domestiche. Secondo i dati dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia, infatti, rimangono costanti gli omicidi in famiglia e le vittime sono in maggioranza donne con una percentuale di oltre l’80%. “In un Paese dove i femminicidi continuano a salire- spiega Groppi- è inammissibile che non ci sia l’obbligo di comunicare l’acquisto di un’arma ai conviventi maggiorenni. L’obbligo era stato introdotto dal legislatore nel 2010. Tuttavia non ha mai trovato effettiva attuazione. A oggi basta, infatti, presentare un’autocertificazione”.

UNA LEGGE ORGANICA CHE DISCIPLINI DETENZIONE

“Come Amnesty International Italia chiediamo una legge organica che renda coerente il quadro normativo per quanto attiene la detenzione legale delle armi. Non è illegale avere un’arma dichiarata, ma è necessario che ci siano controlli più rigorosi da parte delle autorità pubbliche”, conclude Groppi.

GROPPI (AMNESTY): “ITALIA VIOLA LEGGE CON EXPORT A EGITTO

“Secondo la relazione annuale sull’export italiano del 2019, esposta al Parlamento, l’Italia ha scelto l’Egitto come principale partner commerciale, ricevendo oltre 700 milioni di euro tra armi e munizioni. Il nostro Paese è ormai da 25 anni che stringe accordi commerciali con territori in cui non vengono minimamente rispettati i diritti umani”.

La Legge 185 del 1990 vieta l’esportazione di armi e munizioni verso Paesi che violano i diritti umani. Inoltre le esportazioni del nostro Paese riguardano anche realtà che non rientrano all’interno della cosiddetta ‘Alleanza atlantica’. Sono state vendute armi a forze armate di regimi autoritari come l’Egitto, l’Arabia Saudita e l’Eritrea. In altri casi si è scelto di stringere accordi commerciali con Paesi chiamati ad affrontare conflitti e guerre civili. Negli ultimi anni Amnesty ha chiesto la revoca del commercio di armi verso l’Arabia Saudita. Il governo Conte bis ha provveduto a concretizzare questo stop. Questo dimostra che se c’e’ la volontà politica si può limitare l’export verso i regimi autoritari”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it