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Congo, Kayembe (Reporter): “Nostri morti non contano, tanta rabbia”

"Nelle stesse ore in cui i vostri connazionali venivano uccisi- dice il giornalista- altri 15 congolesi perdevano la vita a causa dalle bande armate"

Pubblicato:25-02-2021 15:44
Ultimo aggiornamento:25-02-2021 15:44

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ROMA – “Gli inquirenti che indagano sulla morte dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci non avranno vita facile: la gente qui è molto arrabbiata con il governo e il rischio è che non collabori affatto. Dovendo condividere il territorio con i gruppi armati, solo i residenti possono dare informazioni sulle loro attività e forse su quello che è accaduto lunedì mattina”. Cosi’ il giornalista Dido Kayembe all’agenzia Dire, che lo contatta a Goma, nella provincia del Nord Kivu. Il reporter lavora per la testata Congo Check, per la quale ha già visitato più volte la zona dell’imboscata – non lontana da Goma – dove sono rimasti uccisi il diplomatico Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del World Food Programme Mustapha Milambo.

Il problema sollevato da Kayembe potrebbe interessare anche i carabinieri del Ros, già arrivati in Congo su delega della Procura di Roma. Senza la cooperazione della popolazione, però, avverte il giornalista, “potrebbero tornare a casa con dati superficiali e parziali”.

A suscitare malcontento e indignazione, l’indifferenza che il governo mostra per la crisi nel nord-est della Repubblica democratica del Congo. “Nelle stesse ore in cui i vostri connazionali venivano uccisi- dice il giornalista- altri 15 congolesi perdevano la vita a causa dalle bande armate: sei a Beni e nove nella vicina provincia dell’Ituri. Il governo non ha speso una parola per loro nonostante da lunedì non smetta di esprimere cordoglio e condanna per la morte dell’ambasciatore italiano. Ho sentito tanta gente dire che, per lo Stato, la vita dei congolesi non conta“.


Il reporter sottolinea che “in tanti sono arrabbiati” e continua: “Il governo ha indetto commemorazioni di Stato a Kinshasa e a Goma per le salme dei vostri connazionali e ha subito inviato una squadra di inquirenti per indagare sull’accaduto”. Gesti inediti, mai visti per le vittime locali che pure si contano a migliaia, dice il cronista: “Dal gennaio 2019 solo in Nord Kivu i miliziani hanno ucciso 2.052 persone: una media di due morti al giorno. Ma il silenzio dello Stato è assordante”.

Ora si è anche riaccesa la polemica per la promessa che a ottobre il presidente Felix Tshisekedi aveva fatto di trasferirsi a vivere a Goma, “fintanto che la pace non sarà ripristinata”. Un impegno che, finora, non ha mantenuto. Kayembe sottolinea che “da tempo tanti organismi della società civile chiedono azioni concrete, più fondi all’esercito e una missione militare con Uganda e Ruanda”, Paesi dai quali provengono alcune tra le decine di milizie attive nel nord-est.

Rispetto all’agguato di lunedì, circolano molte versioni, e vanno tutte verificate, dice il giornalista: “C’è chi tira in ballo i Mai-mai oppure una nuova milizia nata da pochi mesi, legata alle Fdlr (quelle ufficialmente accusate dell’attacco, ndr) e guidate da un colonnello che ha disertato”. E i dubbi non mancano davvero, secondo Kayembe: “Il governo ha licenziato ieri il segretario del gabinetto del ministro dell’Interno che ha accusato per primo le Fdrl, senza prima avere l’autorizzazione del governo. Perchè si è esposto così, a rischio di perdere il suo incarico?”

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