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La ricerca: in Italia un milione di romeni, si acceleri sul riconoscimento dei titoli

Il Centro Studi e Ricerche Idos e l'Istituto S. Pio V: "Presenza vivace ma non deve lasciarsi assimilare"

Pubblicato:25-01-2023 16:04
Ultimo aggiornamento:25-01-2023 16:04
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ROMA – “Con oltre 1 milione di esponenti, quella romena è la più numerosa tra le comunità straniere in Italia nonché tra le comunità romene all’estero. Nel 1991 erano 10mila, e questo dà la dimensione di quanto rapida sia stata la sua crescita”. A illustrare questi dati è Benedetto Coccia, Ricercatore Istituto di Studi Politici ‘S. Pio V’, tra i curatori dello studio ‘Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia’, realizzato con il Centro Studi e Ricerche Idos. Lo studio è stato presentato a Roma nel corso della conferenza ‘I romeni in Italia tra vecchi stereotipi e nuovi orizzonti’, organizzato in Campidoglio dall’Ambasciata di Romania in Italia, dall’Istituto ‘S. Pio V’ e da Idos.

Una ricerca in cui, continua Coccia, “abbiamo coinvolto anche persone di origine romena perché si dibatte spesso di cosa ci aspettiamo dalle comunità straniere, ma poco su cosa si aspettano loro dal nostro Paese”. Il titolo ‘Radici a metà’, spiega l’esperto, “non indica un legame spezzato bensì che è cresciuto in due terre diverse e parte da quando Traiano porta i romani in Dacia, dove restano fino al 271. Un arco di tempo breve- osserva Coccia- ma che ha lasciato tanto: il romeno è l’unica lingua neolatina dell’area. Tracce si ritrovano poi anche nella legge, nella filosofia e nella cultura”. L’appello del volume è di “non tranciare questa radice antica, cedendo all’assimilazione completa della cultura italiana. L’integrazione non è abbandonare identità, costumi e valori. Tutto questo- conclude lo studioso- va mantenuto vivo, perché per l’Italia è fonte di arricchimento”.

Ad entrare nel merito dello studio è anche Antonio Ricci, ricercatore di Idos: “Abbiamo davanti la terza edizione del volume, le prime due servirono a combattere gli stereotipi, peggiorati nel 2007 a causa dell’omicidio Reggiani (la donna assassinata a Roma da un giovane romeno, poi condannato all’ergastolo, ndr). In quest’ultimo studio invece si guarda alle prospettive future: i tanti giovani nati e cresciuti qui, portatori di esempi di successo”.


Tra gli elementi più interessanti emersi dal rapporto secondo Ricci c’è il fatto che “l’esperienza romena rappresenta un laboratorio di cittadinanza europea“, perché se i padri “furono considerati immigrati, i figli e i nipoti sono cittadini europei”.

Dallo studio emergono anche altri dati, come la presenza oggi di un maggior numero di donne sole che lasciano il paese per lavorare in Italia. Famiglie separate che fanno contare “150mila bambini che restano in Romania, ma -avverte il ricercatore- non deve spingere a biasimare donne che con coraggio si trasferiscono per lavorare e costruire un futuro migliore”. Si contano poi “250mila nati nel nostro Paese.
Ricci prosegue: “Sono 610mila i lavoratori, 50mila gli imprenditori e 63mila i disoccupati che risentono come noi della crisi. Gli occupati svolgono soprattutto mansioni non qualificate ad esempio nell’agricoltura o in compiti di cura della casa o degli anziani”. Figure che “sono state indispensabili durante la pandemia di covid 19”. Solo il 5%, avverte ancora Ricci, “svolge impieghi qualificati ma questa cifra sta crescendo”, un traguardo che si raggiungerebbe più facilmente “se venisse semplificato il riconoscimento del titolo di studio“. In generale, i cittadini romeni “contribuiscono con 2 punti percentuali al Pil dell’Italia, sul 10% che giunge dalle comunità straniere”, conclude lo studioso.

LA GINNASTA STEFANESCU: “LA CITTADINANZA È DECISIVA PER IL SOGNO OLIMPICO”

“In Italia ho realizzato il sogno di vincere una medaglia olimpica anche grazie al fatto di aver ottenuto la cittadinanza italiana in tempi record. Dispiace per quegli atleti di origine straniera che non hanno questa opportunità e restano esclusi dalle gare internazionali”. Parla con l’agenzia Dire Andreea Stefanescu, la farfalla azzurra di ginnastica ritmica che alle Olimpiadi di Londra 2012 ha conquistato il bronzo con la squadra italiana.

Nata in Romania nel 1993, già a sei anni entra in palestra, rapita dalla passione per “i piccoli attrezzi”. Ma la vita in Italia inizia nel 2006, quando a 13 anni “ho raggiunto mia madre, che si era trasferita da sola a Perugia l’anno precedente per lavorare, con grande coraggio. Quanto allo sport, non nutrivo grandi aspettative”.

La giovane all’epoca è già parte della nazionale romena, quindi la mamma si attiva subito per cercare una società che possa permetterle di continuare a lavorare sul suo talento in pedana, che non tarda a manifestarsi. “A Perugia- ricorda Stefanescu- mi viene suggerito di andare a Spoleto, dove avrei trovato un livello più alto. Lì ho incontrato un’allenatrice che è diventata la mia seconda famiglia e a cui devo tantissimo”.

A breve, nel 2007, arriva la prima convocazione in nazionale per gli europei del 2008 che si sarebbero disputati a Torino. “Grazie a quella gara ottengo la cittadinanza in tempi record” ricorda Stefanescu. “So di essere stata davvero fortunata perché so che la cittadinanza non si prende così facilmente e velocemente e mi dispiace per tutti quegli atleti e sportivi che desiderano gareggiare per l’Italia e non possono, perché non riescono ad ottenere la cittadinanza”.

Da tempo molte organizzazioni della società civile avvertono che quasi 2 milioni di giovani nati e/o cresciuti in Italia devono attendere il compimento dei 18 anni o anche di più per ottenere la cittadinanza. Cavilli normativi e lungaggini burocratiche costringono i ragazzi ad attese che raggiungono anche diversi anni, perdendo così occasioni fondamentali per il proprio percorso di studio, professionale e anche sportivo.

Stefanescu invece, proprio grazie ad un’accelerazione nelle procedure, arriva a regalare all’Italia non solo una medaglia olimpica ma anche un argento e due bronzi ai Campionati europei, due ori e sei argenti ai Mondiali.

E per questa farfalla azzurra i sogni non sono finiti. “Al momento- racconta- faccio parte del gruppo sportivo dell’Aeronautica militare, quindi continuo ad esibirmi in Italia e all’estero. Poi c’è l’Università: mi mancano cinque esami per laurearmi in Scienze motorie, inoltre sto preparando il concorso da sergente in Aeronautica e sto studiando per diventare tecnico federale all’interno della Federazione ginnastica italiana”, la Fgi.

L’intervista si tiene a Roma a margine della presentazione dello studio ‘Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia’, nell’ambito della conferenza ‘I romeni in Italia tra vecchi stereotipi e nuovi orizzonti’, organizzata in Campidoglio dall’Ambasciata di Romania in Italia, dall’Istituto ‘S. Pio V’ e dal Centro Studi e Ricerche Idos. L’incontro mira a mettere in luce l’apporto positivo della prima comunità straniera residente in Italia, a lungo oggetto di stereotipi e discriminazioni.

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