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Egitto, 5 anni fa la rivoluzione di Piazza Tahrir che rovesciò il regime di Mubarak

In Egitto oggi ricorre il quinto anniversario della rivoluzione di

Pubblicato:25-01-2016 10:52
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:50

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In Egitto oggi ricorre il quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, il cui esito fu il rovesciamento del regime trentennale del presidente Hosni Mubarak, al potere ininterrottamente dal 1981.

Le istituzioni gia’ da vari giorni hanno messo in campo una serie di misure rigorose per scoraggiare i cittadini dallo scendere nuovamente in strada nella Capitale: arresti di attivisti politici, perquisizioni arbitrarie in oltre 5mila appartamenti e il blocco dei social network – largamente responsabili della rapida organizzazione dei giovani manifestanti nelle proteste del 2011.


Come riporta Madha Misr, un portale indipendente di informazione online, vari politici hanno avvisato gli egiziani dal non partecipare alle manifestazioni in programma per oggi. Ieri, in un discorso in cui ha celebrato le rivolte del 2011, pur lodando quanto fatto dai cittadini per costruire “uno stato civile, moderno e sviluppato che difende i valori della democrazia e della liberta’”, come riporta il libanese Daily Star Tuttavia, ha ribadito anche che una nuova rivoluzione “distruggerebbe il paese”.  Persino il servizio meteorologico nazionale ha cercato di tenere le persone in casa, prevedendo per oggi il brutto tempo.

L’azione repressiva delle autorita’ si e’ concentrata in particolare contro i quartieri del centro citta’. Come hanno raccontato numerosi testimoni intervistati da Mada Misr, la polizia ha fatto irruzione in oltre 5mila appartamenti – come confermato anche dal ministero degli Interni – e controllato computer, tablet, smartphone e cellulari dei proprietari alla ricerca di attivita’ sospette. “E’ un metodo che abbiamo visto applicare dal ministero degli Interni anche in passato- commenta un giovane-, ma mai con cosi’ tanta ferocia”.

Uno di loro – che ha preferito mantenere l’anonimato per ragioni di sicurezza – ha spiegato che al momento della perquisizione non era in casa: e’ stato il suo coinquilino a raccontargli come sono andate le cose: gli agenti si sono presentati senza mostrare alcun permesso, ma nonostante cio’ hanno rovistato in tutte le stanze, rovesciando a terra il contenuto di cassetti e contenitori. “Sono rimasti in casa per almeno un paio d’ore. Nella mia stanza hanno trovato il computer e molti libri, quindi hanno iniziato a chiedere al mio coinquilino ‘Cosa fa il tuo amico? E’ un socialista? E’ un attivista politico? Che sta facendo adesso? Ha fatto parte della rivoluzione?'”. Poi, dopo aver trovato i libri in camera da letto, gli hanno confiscato il passaporto. “Mi sento come se avessero violato il mio spazio personale- ha detto il protagonista di questa vicenda- Non puoi sapere se accadra’ ancora”. A oggi non ha piu’ fatto ritorno nell’appartamento, ospite di alcuni amici, e entro la fine del mese ha detto che traslochera’ in un posto piu’ sicuro. Un altro testimone ha descritto un episodio analogo: “Sono tornato a casa e li ho trovati li’ ad aspettarmi. Hanno controllato il mio computer, il mio profilo Facebook, i messaggi, le foto, i video… tutto“. Un altro abitante della zona ha scritto un post su Facebook in cui spiega di avere troppa paura la notte per restare in casa coi suoi figli: “La notte abbiamo tutti paura. La polizia entra in tutti gli appartamenti. Io non chiedo molto, non pretendo che non mi arrestino se esiste un mandato ufficiale. Basta che mi chiamino e mi dicano di andare, e io andro’, senza dover scappare in strada coi miei bambini nel cuore della notte gelida, perche’ non voglio che entrino in casa e li spaventino”.

Aswat Misrya riferisce poi di 47 stranieri provenienti da Europa e Asia, arrestati poiche’ in possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Tra di loro, 65 siriani e libanesi che erano entrati illegalmente nel Paese. La presenza degli agenti in strada e’ stata poi decisamente rafforzata: ogni strada che collega alla piazza Tahrir – cuore delle insurrezioni – e’ battuta dai poliziotti, e ci sono camionette agli ingressi.

“I raid nel centro del Cairo sono parte di una piu’ ampia campagna volta non solo a colpire le persone attive politicaente, ma anche coloro che potrebbero potenzialmente diventarlo- ha detto Ahmed Nader, un giornalista freelance che ha trascorso un lungo periodo all’estero per motivi di sicurezza- Chiudere i centri culturali, arrestare gli amministratori delle pagine Faceboog sospette, ordinare agli imam di dire nelle loro prediche che protestare e’ proibito dalla religione significa intimidire i cittadini in ogni ambito della loro vita quotidiana, costringendoli al silenzio e alla rassegnazione” ha concluso.

Gia’ nel 2014 numerosi caffe’ del centro – luoghi naturali di aggregazione e confronto – sono stati chiusi, insieme a teatri, biblioteche e gallerie d’arte. Nel 2015 le celebrazioni del 25 gennaio sono state bandite: la motivazione fornita allora fu quella di mostrare rispetto e cordoglio per la morte del re dell’Arabia Saudita Abdallah Bin Abdel Aziz, avvenuta due giorni prima. Ma le manifestazioni ebbero luogo comunque: la polizia in quell’occasione uccise 18 persone, ne feri’ 52 e ne arresto’ e multo’ a decine per “proteste illegali”.

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