Speciale Giubileo, padre Trinchero racconta “il miracolo centrafricano” del 2015 a Bangui

"Con il Papa a Bangui nel 2015 iniziò la risalita dalla guerra": padre Federico Trinchero ricorda la giornata del 29 novembre 2015, quando Papa Francesco aprì la Porta Santa della Cathedrale Notre-Dame nella città capitale della Repubblica centrafricana

Pubblicato:24-12-2024 11:00
Ultimo aggiornamento:24-12-2024 09:55

padre trinchero
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ROMA- L’inizio della “risalita” dal precipizio della guerra; o, anche, l’avvio di un cammino diverso e “miracoloso”: descrive con queste parole l’apertura della porta santa del Giubileo straordinario della misericordia, padre Federico Trinchero, missionario in quei giorni a Bangui, la capitale della Repubblica centrafricana. È il 29 novembre 2015. “Bangui diviene la capitale spirituale del mondo” proclama papa Francesco. Da quella frase, in “una terra che soffre la mancanza di pace”, denuncia il pontefice, sono trascorsi nove anni. Padre Trinchero, carmelitano originario di Casale Monferrato, condivide con l’agenzia Dire il ricordo proprio alla vigilia dell’apertura della porta santa di un nuovo giubileo.

La sua testimonianza riguarda un periodo complesso, vissuto nel convento di Notre Dame du Mont Carmel: nel 2013, dopo l’avanzata dei ribelli della Seleka e la caduta del presidente Francois Bozizé, questo lembo di terra rossa alle porte di Bangui arriva a ospitare fino a 10mila persone costrette dalle violenze a lasciare le proprie case.

“L’apertura della porta santa è stato un avvenimento indimenticabile per la Chiesa locale e per tutto il Paese” ricorda padre Trinchero. “Si è trattato di un duplice miracolo: il primo è che la visita è avvenuta tranquillamente, senza intoppi, e ciò non era assolutamente scontato perché diverse cancellerie avevano scoraggiato il papa”.


A preoccupare è la sicurezza, di Francesco e dei centrafricani. “Ci si attendeva che tante persone confluissero dalle altre regioni verso la capitale” dice il missionario, “e il Paese era in ginocchio dopo gli anni di guerra seguiti al colpo di Stato”.

La visita invece c’è stata. “Ancora adesso”, sottolinea padre Trinchero, “i centrafricani ricordano l’espressione che usò il papa, quando aprendo la porta della cattedrale disse che Bangui diventava la ‘capitale spirituale del mondo'”. Il missionario spiega: “Furono parole forti per un Paese ormai abituato a essere l’ultimo in tutte le classifiche; per una volta eravamo i primi della classe e provammo un po’ l’ebbrezza di avere i riflettori su di noi”. Padre Trinchero continua: “Si parlava bene di noi, non sempre male o solo di guerra; è da quel momento che è partita un po’, lenta ma determinata, la risalita dalla guerra”.

Ci sarebbe poi un secondo miracolo. “Se il giorno prima dell’arrivo del papa nei quartieri si sparava ancora”, ricorda padre Trinchero, “da quel momento il Centrafrica ha cominciato a credere che si poteva uscire dalla guerra”. È una storia di rinascita. “Prima c’erano scoraggiamento e pessimismo” ricorda il missionario. “Eravamo caduti nel baratro della guerra e sembrava impossibile uscirne”.

Quarantasei anni, rientrato in Italia per assumere il ruolo di provinciale, padre Trinchero torna spesso a Bangui. “Il cammino da fare è ancora tanto” sottolinea. “Ci sono state ricadute e ci sono ancora zone del Paese dove regna l’insicurezza ma la situazione è decisamente cambiata; direi che la visita del papa ha segnato un inizio di cui si sentono ancora gli effetti adesso”.

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