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‘Women in Run’ per dire ‘no’ alla violenza sulle donne

‘Women in Run’, la maratona che, in diverse parti d'Italia, prenderà il via domenica 29 novembre, in occasione della 'Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne'.

Pubblicato:24-11-2015 16:16
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:37

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maratona_violenza_donneROMA – Ai nastri di partenza per gridare ‘basta’. E’ questa ‘Women in Run’, la maratona che, in diverse parti d’Italia, prenderà il via domenica 29 novembre, in occasione della ‘Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne’. In realtà, gli appuntamenti per celebrare il 25 novembre, sono tanti, tantissimi (per fortuna) da non poterli ricordare tutti. Un segno, questo, di presa di coscienza di un fenomeno, quello della violenza sulle donne, che ha raggiunto livelli intollerabili e che merita, per essere arginato e sconfitto, l’impegno di tutti.

I dati diffusi dall’Onu sono raccapriccianti. Il 35% delle donne nel mondo ha subito una violenza fisica o sessuale, dal proprio partner o da un’altra persona. Due terzi delle vittime degli omicidi in ambito familiare sono donne. Solo 119 Paesi, nel Mondo, hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sulle molestie a sfondo sessuale. In Italia, in questo caso i dati sono stati forniti dall’Istat, 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. In percentuale si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, quasi una su tre.

La ‘ Giornata internazionale’ – istituita con una risoluzione, la 54/134, dell’Onu del 17 dicembre 1999 – prende le mosse da un gravissimo fatto di cronaca risalente al lontano 1960. In quell’anno le sorelle Mirabal, considerate delle rivoluzionarie dal regime del dittatore Trujillo, furono massacrate e poi gettate in un dirupo a simulare un incidente.


La violenza sulle donne non vuol dire però solo maltrattamenti fisici. Tutte le forme discriminatorie, infatti, vanno etichettate come violenza. Quelle sul lavoro, ad esempio, non sono da meno. Ancor più grave il fatto che, tali differenze, vengano perpetrate anche nei cosiddetti Paesi civili. Sempre dal rapporto Onu si evince che i tassi di disoccupazione rimangono più elevati per le lavoratrici, e le donne occupate a tempo pieno nella maggior parte dei Paesi hanno uno stipendio che va dal 70% al 90% di quello dei colleghi maschi. È necessario un approccio culturale al fenomeno, un cambio di mentalità. L’Italia, a tal proposito, con la Legge n. 107 di luglio 2015, ha introdotto la previsione dell’educazione alla parità tra i sessi nelle scuole di ogni ordine e grado. È solo un primo passo, ma non è poco.

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