Getting your Trinity Audio player ready...
|
ROMA – Sharon ha 38 anni, è nata e cresciuta ad Asmara, è al sesto mese di gravidanza quando viene arrestata a settembre con suo marito Fitsum Goitom, anche lui testimone di Geova e come lei molto attivo nella comunità dei fedeli. Suo padre, Ghebru Berhane, è stato imprigionato quattro volte. Altri suoi due fratelli hanno lasciato il paese. Molti dei suoi familiari sono stati arrestati il 14 aprile 2014, durante un arresto in massa di 150 Testimoni e simpatizzanti. Stessa sorte per Henok: ha 41 anni, ama il calcio e voleva fare l’ elettricista. Lavorava nell’attività di famiglia e aiutava il padre a badare al bestiame. Il 24 gennaio 2005 fu arrestato quando l’esercito si mise a cercare in strada dei giovani per l’arruolamento militare. Henok, Testimone di Geova, rifiutò infatti di unirsi all’esercito, dato che questo avrebbe violato la sua coscienza. Kdisti è una donna che ha più di 70 anni, è stata messa in carcere insieme al marito di 73 anni nel novembre del 2022 per essersi rifiutata di donare del denaro per scopi politici.
Le storie che vengono dall’Eritrea, documentate e denunciate dalla congregazione dei Testimoni di Geova, di persone perseguitate e private di diritti civili senza aver commesso reati, sono molte, tante se si pensa che i fedeli nel Paese non sono molti. La congregazione lancia un appello al presidente Afwerki affinchè tolga il decreto che ha privato i Testimoni di Geova dei diritti di cittadinanza, costringendoli a vivere “oltre 30 anni di brutale oppressione”, non avendo più la possibilità di svolgere un servizio civile alternativo a quello militare. “Il 27 settembre 2024- solo l’ultimo degli episodi che rende noto la congregazione in una nota ufficiale- le autorità eritree hanno violato palesemente i diritti di un piccolo gruppo di testimoni di Geova facendo irruzione in una casa privata in cui dei fedeli stavano tenendo una pacifica riunione religiosa. Le autorità hanno arrestato 24 persone, tra cui Testimoni anziani ultraottantenni, una donna al sesto mese di gravidanza e dei minorenni. Allo stato attuale sono 64 i Testimoni (35 uomini e 29 donne) che si trovano in prigione. Si tratta di un numero considerevole, dal momento che nel paese i Testimoni sono relativamente pochi”.
“I Testimoni di Geova in Eritrea affrontano incarcerazioni arbitrarie e un’oppressione implacabile in ogni aspetto della loro vita quotidiana in particolare dal 25 ottobre 1994. Questa è la data in cui il presidente eritreo Isaias Afwerki- ricordano- ha firmato un decreto con il quale è stata revocata la cittadinanza ai testimoni di Geova di nazionalità eritrea. Negli ultimi tre decenni dall’emanazione del decreto almeno 270 testimoni di Geova – uomini, donne, anziani e persino bambini – sono stati imprigionati in condizioni disumane. Alcuni sono stati imprigionati persino senza che fossero stati accusati di un qualche reato, trovandosi in effetti a scontare una forma di ergastolo. Almeno 7 Testimoni sono morti in prigione o a causa della persecuzione religiosa. Essendo diventati apolidi a seguito dell’emanazione del decreto, i Testimoni di Geova eritrei non sono in grado di ottenere un impiego né possedere o prendere in affitto beni o proprietà. Inoltre non hanno i requisiti per ricevere generi alimentari di base provveduti dal governo (ad esempio farina e latte), che sono estremamente costosi o quasi impossibili da reperire nel paese”.
Tutto si è irremdiabilmente complicato proprio con “il decreto del 1994 che- sottolineano i Testimoni di Geova- ha anche eliminato un istituto legale indispensabile per i giovani Testimoni maschi: il servizio civile alternativo. In precedenza gli obiettori di coscienza al servizio militare potevano svolgere un servizio civile alternativo, ma il decreto ha posto fine a questa disposizione costringendo i giovani eritrei a registrarsi per l’addestramento militare per completare la dodicesima classe del loro sistema scolastico. Di conseguenza, i giovani testimoni di Geova non sono in grado di completare il loro ciclo di istruzione di base, e alcuni sono stati arrestati in quanto obiettori di coscienza”. “Ci addolora profondamente sapere che tanti dei nostri compagni di fede sono morti o hanno trascorso molti anni nelle prigioni eritree”, ha detto Alessandro Bertini, portavoce nazionale dei Testimoni di Geova in Italia.
“I Testimoni di Geova sono noti in tutto il mondo per essere cristiani pacifici e rispettosi della legge. Che i membri della nostra comunità religiosa continuino a subire tali vergognose violazioni dei loro diritti umani è una vera e propria farsa. La persecuzione non colpisce soltanto i Testimoni di Geova. Ha anche un effetto negativo sulla società eritrea in generale, perché, invece di contribuire al miglioramento delle proprie comunità, i giovani Testimoni languiscono in prigione. Ci appelliamo al presidente affinché annulli il decreto che ha privato i nostri compagni di fede dei loro diritti in qualità di cittadini, così che possano tornare a dare nuovamente un contributo significativo alla società eritrea”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it