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Libano, creative e pacifiche: le proteste si riprendono Beirut

In Libano ottavo giorno di manifestazioni contro la corruzione e il "nizam", il regime o "sistema" di potere

Pubblicato:24-10-2019 16:45
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:52
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ROMA – In Libano, nell’ottavo giorno di manifestazioni contro la corruzione e il “nizam”, il regime o “sistema” di potere, il presidente Michel Aoun ha pronunciato il suo primo discorso alla nazione dall’inizio delle proteste. Aoun ha precisato che non si dimetterà, ma che è disponibile a un dialogo con i rappresentanti del movimento popolare.

“Le piazze dovrebbero trovare dei rappresentanti, non una sola persona ma un gruppo che possa incarnare le varie istanze” osserva da Beirut Roberto Renino. Classe 1994, Renino si trova in Libano per una ricerca e in questi giorni segue le proteste, di cui ha anche scritto su alcune testate giornalistiche. “Martedì ho notato che in piazza era spuntato un banchetto che raccoglieva i pareri delle persone rispetto a chi volevano li rappresentasse – racconta lo studioso – ma i suoi promotori mi sembravano piuttosto isolati”. D’altra parte, nessun soggetto politico già organizzato sembra potersi candidare come legittimo portavoce delle variegate istanze del movimento: “Oltre a quelle nazionali, le uniche bandiere che si vedono in piazza sono, ogni tanto, quelle dell’esercito” racconta Renino: “Molti manifestanti considerano i militari come l’unica realtà un po’ più trasversale, che vada oltre la logica settaria”.

Ieri ha fatto il giro del web un video ripreso a Jal El-Dib, sulla costa a pochi chilometri dalla capitale, dove pure ci sono stati scontri con i militari. Il filmato mostra un soldato commuoversi davanti ai manifestanti che intonano l’inno nazionale e che poco dopo lo abbracciano.


Oggi i media hanno riportato le voci anonime di esponenti dell’esercito che dichiarano di sentirsi schiacciati tra la simpatia verso i manifestanti e gli ordini dall’alto. “In piazza a volte li vedi che sorridono, che scherzano con la gente” racconta Renino. “In alcuni casi chi protestava ha lanciato loro dei fiori”.

È un percorso atipico, quello del movimento scoppiato in Libano, inizialmente contro l’annuncio di una tassa su Whatsapp, poi revocata. La sua evoluzione, infatti, sembra averlo portato da una prima fase di reazione rabbiosa e violenta a manifestazioni di massa pacifiche. Questa settimana, poi, l’atmosfera è diventata festiva e quasi goliardica. “In piazza si balla, ci sono dj set e concerti techno” racconta Renino. “Lunedì e martedì sono scesi in piazza anche i commercianti, nel centro di Beirut c’era un’atmosfera da festival. Ma un festival che si svolgeva in strade e piazze che di solito sono deserte. Non credo sia nulla di negativo: così ci si riappropria di spazi che erano stati sottratti alla popolazione”.

Dopo la guerra civile, il centro di Beirut ha vissuto infatti un’intensa fase di speculazione edilizia e ‘gentrification’: “Molte case sono state espropriate, sono state costruite principalmente banche, alberghi, uffici, grattacieli” ancora Renino. “Molti hanno investito in questa bolla immobiliare e di fatto ora il quartiere è vuoto, l’unico posto realmente frequentato dai beirutini è il ‘Beirout Souks’, un centro commerciale che ha sostituito il vecchio suk della città”. 

sono davvero tante e originali le maniere in cui i libanesi stanno riattraversando lo spazio pubblico. Con una punta di entusiasmo nella voce, Renino le passa in rassegna: “Ci sono varie associazioni che si occupano di riciclaggio dei rifiuti, e ogni mattina vanno in piazza e puliscono tutto (Live-Love-Recycle e Recycle Beirut tra quelle più organizzate), poi tantissimi cartelli, un sacco di persone mascherate, sia come Guy Fawkes in ‘V per Vendetta’, sia come il ‘Joker’ nel film di quest’anno, e poi ragazzi che danno ‘abbracci gratis’, gente che distribuisce panini, narghilé, caffè… Ho visto persino una parrucchiera che tagliava i capelli gratis… I libanesi sono riusciti a canalizzare tutta la rabbia in una situazione di condivisione totale di spazi prima preclusi alla cittadinanza”.

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