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Cucchi, la frase choc del carabiniere: “Magari morisse”

Secondo gli atti depositati dal pm Musaro' a parlare sarebbe l'appuntato Vincenzo Nicolardi, riferendosi a Stefano Cucchi

Pubblicato:24-10-2018 14:46
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:42
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stefano cucchi
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ROMA – “Magari morisse, li mortacci sua oh”. Così un carabiniere, che secondo gli atti depositati dal pm Musarò sarebbe l’appuntato Vincenzo Nicolardi (imputato per calunnia nel processo davanti alla I Corte d’Assise), riferendosi a Stefano Cucchi mentre parlava col capoturno della centrale operativa del comando provinciale di Roma, nel corso di alcune comunicazioni (intercettate) radiofoniche e telefoniche intercorse tra le 3 di notte e le 7 del mattino del 16 ottobre 2009, giorno dell’arresto del giovane geometra romano.

Cucchi era stato arrestato poche ore prima, si trovava nella stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza e nella conversazione si fa riferimento alle sue condizioni di salute.

“Mi ha chiamato Tor Sapienza. Lì c’è un detenuto dell’Appia, non so quando ce lo avete portato se stanotte o se ieri. E’ detenuto in cella e all’ospedale non può andare per fatti suoi”, dice il capoturno della centrale. “E’ da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua”, la risposta del carabiniere.


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CC INDAGATO A FRATELLO: DOPO SUA MORTE RIUNIONE TIPO ALCOLISTI ANONIMI

Una riunione “tipo gli alcolisti anonimi”. È quella avvenuta il 30 ottobre 2009, quindi otto giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, al Comando provinciale di Roma dei Carabinieri, convocata dall’allora comandante generale Vittorio Tomasone, e a cui parteciparono tutti i carabinieri coinvolti nella vicenda che poi porto’ alla morte del giovane geometra romano.

Il racconto, secondo quanto emerge dalle carte depositate dal pm Musaro’ nel processo in corso davanti alla I Corte d’Assise del Tribunale di Roma, lo fa Massimiliano Colombo, comandante della stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza (dove Cucchi fu trasferito dalla caserma Casilina) al fratello Fabio nel corso di una telefonata intercettata lo scorso 26 settembre.

“Il 30 ottobre, la mattina ero di pattuglia con Colicchio. Soligo mi chiama, mi chiede ‘Fammi subito un appunto perché poi dobbiamo andare al Comando provinciale perchè siamo stati tutti convocati, cioè tutti coloro dall’arresto di Cucchi, a chi lo aveva tenuto in camera di sicurezza. Tu che sei il comandate della stazione, anche se non hai fatto nulla, il comandante della compagnia Casilina, il maggiore Soligo, comandante di Montesacro, il comandante del Gruppo Roma, stavamo tutti quanti. Ci hanno convocato perché all’epoca il generale Tomasone, che era il comandante provinciale, voleva sentire tutti quanti. Abbiamo fatto tipo, hai visto ‘gli alcolisti anonimi’ che si riuniscono intorno ad un tavolo e ognuno racconta la sua esperienza, così abbiamo fatto noi quel giorno dove però io non ho preso parola perché non avevo fatto nessun atto e non avevo fatto nulla”’.

Colombo è poi tornato sull’incontro nel corso dell’interrogatorio svolto la scorsa settimana davanti al pm Giovanni Musarò. A quella riunione presero parte anche “il comandate del Gruppo Roma, Alessandro Casarsa, il comandate della compagnia Montesacro, Luciano Soligo, il comandante di Casilina maggiore Unali, il maresciallo Mandolini e tre tre/quattro carabinieri della stazione Appia. Da una parte c’erano il generale Tomasone e il colonello Casarsa, mentre gli altri erano tutti dall’altra parte. Ognuno a turno si alzava in piede e parlava spiegando il ruolo che avevano avuto nella vicenda Cucchi. Ricordo che uno dei carabinieri di Appia, che aveva partecipato all’arresto, aveva un eloquio poco fluido, non era molto chiaro. Un paio di volte intervenne il maresciallo Mandolini per integrare cosa stava dicendo e per spiegare meglio, come se fosse un interprete. Ad un certo punto Tomasone zittì Mandolini dicendogli che il carabiniere doveva esprimersi con le sue parole perché, se non fosse stato in grado di spiegarsi con un superiore certamente non si sarebbe spiegato con un magistrato”.

INDAGATO ANCHE EX CAPO UFFICIO COMANDO GRUPPO CC ROMA

C’è anche il Tenente colonnello Francesco Cavallo tra gli indagati dal pm, Giovanni Musaro’, nell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, nella quale si sta procedendo per il reato di falso ideologico, relativa alla scoperta della catena gerarchica dei carabinieri che provo’ a insabbiare il pestaggio ai danni del giovane geometra romano (dopo il suo arresto), successivamente morto per le lesioni subite.

Il dato emerge dagli atti depositati oggi dal sostituto procuratore nell’ambito del processo Cucchi. Cavallo all’epoca era capo dell’ufficio comando del gruppo Carabinieri Roma e si aggiunge a Massimiliano Colombo, comandante della stazione di Tor Sapienza, Roberto Mandolini, ex comandante della stazione Appia, Francesco Di Sano, ex carabiniere della stazione di Tor Sapienza, Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti-Montesacro e all’avvocato Gabriele Giuseppe Di Sano.

Secondo quanto emerge in particolare da una mail allegata agli atti, sarebbe stato Cavallo a chiedere a Colombo di apportare delle modifiche all’annotazione di servizio sullo stato di saluto di Cucchi, al suo arrivo a Tor Sapienza dalla caserma Casilina.

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