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Cucchi, il Pm: “Storia costellata di falsità”. Ecco le testimonianze dal processo

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Pubblicato:24-10-2018 10:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:42
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stefano cucchi
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ROMA – “Questa storia è costellata di falsi da dopo il pestaggio ed e’ proseguita in maniera ossessiva subito dopo la morte di Stefano Cucchi“. Così il pm Giovanni Musaro’ in apertura di udienza nel processo sulla morte di Stefano Cucchi davanti alla I Corte di Assise del Tribunale di Roma, che vede imputati a vario titolo cinque carabinieri per omicidio preterintenzionale, calunnia e falso.

Il sostituto procuratore nel motivare l’avviso di deposito di alcuni atti istruttori ha evidenziato che “c’è stata un’attività di inquinamento probatorio, indirizzando in modo scientifico prove verso persone che non avevano responsabilità nei fatti per cui si procedeva, sono state sottoposte a giudizio fino in Cassazione e che ora sono parti civili perché vittime di calunnie”.

Il pm ha anche accennato uno spaccato delle azioni che sarebbero state messe in atto dai carabinieri per falsificare lo stato di salute di Cucchi al suo arrivo nella stazione di Tor Sapienza: “Quello che ha detto il carabiniere Francesco Di Sano nell’udienza del 17 aprile scorso e’ vero: la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Stefano Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma l’esecuzione di un ordine veicolato a Di Sano tramite il suo comandante di stazione, che a sua volta aveva ricevuto un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva ricevuto un ordine dal Gruppo. Solo così si può capire il clima che si respirava in quei giorni e perché quella annotazione del 22 ottobre 2009 sia stata fatta sparire senza che nessuno ne abbia mai parlato per nove anni”.


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INDAGATO ANCHE EX CAPO UFFICIO COMANDO GRUPPO CC ROMA

C’è anche il Tenente colonnello Francesco Cavallo tra gli indagati dal pm, Giovanni Musaro’, nell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, nella quale si sta procedendo per il reato di falso ideologico, relativa alla scoperta della catena gerarchica dei carabinieri che provo’ a insabbiare il pestaggio ai danni del giovane geometra romano (dopo il suo arresto), successivamente morto per le lesioni subite.

Il dato emerge dagli atti depositati oggi dal sostituto procuratore nell’ambito del processo Cucchi. Cavallo all’epoca era capo dell’ufficio comando del gruppo Carabinieri Roma e si aggiunge a Massimiliano Colombo, comandante della stazione di Tor Sapienza, Roberto Mandolini, ex comandante della stazione Appia, Francesco Di Sano, ex carabiniere della stazione di Tor Sapienza, Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti-Montesacro e all’avvocato Gabriele Giuseppe Di Sano.

Secondo quanto emerge in particolare da una mail allegata agli atti, sarebbe stato Cavallo a chiedere a Colombo di apportare delle modifiche all’annotazione di servizio sullo stato di saluto di Cucchi, al suo arrivo a Tor Sapienza dalla caserma Casilina.

MEDICO REGINA COELI: AVEVA VOLTO TUMEFATTO E DIFFICOLTÀ A SEDERSI

“Vidi tumefazioni al volto bilaterali e periorbitali sottozigomatiche, e lamentava dolori alla regione sacrale”, tanto che “aveva difficoltà a mettersi seduto e mi disse che gli faceva male la schiena. Mi disse che si era fatto male cadendo dalle scale“. Sono le condizioni di Stefano Cucchi che il dottor Rolando degli Angioli, guardia medica nel carcere di Regina Coeli di Roma, quando il geometra romano vi arrivo’ prima di morire, ha raccontato durante la sua deposizione in I Corte d’Assise nel processo che vede imputati 5 carabinieri per la morte del ragazzo.

“Visitai Cucchi nella stanza dell’ambulatorio, gli furono presi parametri pressori e il peso. Aveva 90-60 di pressione, riferiva nausea e astenia. Gli feci una digito-pressione sulla schiena dove diceva di sentire dolore. Scrissi che venisse portato presso un ambulatorio esterno per eseguire delle indagini“, ha spiegato il medico, il quale poi ha aggiunto che richiese “un esame rx sacrale e una visita neurologica all’ospedale Fatebenefratelli” perché “Stefano stava male. Non era da codice rosso, era un codice giallo in evoluzione, ma ho avuto la sensazione che la situazione di Cucchi si stesse aggravando rispetto a quanto accaduto tempo prima forse anche un giorno prima. Doveva fare quegli esami per capire perché aveva questo dolore e questa difficoltà a deambulare. Non poteva stare in istituto”.

E ancora: “Quando lo visitai ero preoccupato per la schiena, per il cranio e perché mi aveva riferito della caduta. Temevo una trauma cerebrale non commotivo e per questo ordinai una diagnostica superiore“.

Che però non fu svolta: “Rimasi allibito che fosse tornato dal Fatebenefratelli con due vertebre rotte e senza che gli avessero fatto la radiografia che avevo prescritto”, ha detto il medico.

DETENUTO: ERA TUTTO NERO, DISSE ESSERE STATO PICCHIATO DA CC

“Stefano era tutto nero, tumefatto, in faccia e sulla schiena. Gli avevamo dato una sigaretta e una tazza di latte caldo perché aveva freddo“. Così Pasquale Capponi, ex detenuto, vicino di cella di Stefano Cucchi a Regina Coeli e testimone nel processo sulla morte del giovane che vede imputati cinque carabinieri, ha raccontato le condizioni in cui il giovane geometra romano arrivò nel carcere di Regina Coeli nell’ottobre del 2009.

Capponi, ascoltato nella I Corte d’Assise del Tribunale, ha riportato il racconto di un altro detenuto, il cittadino tunisino Alaya Tarek, che aveva parlato con Cucchi in cella cercando di confortarlo: “Tarek gli chiese ‘Ma chi ti ha ridotto così?’ E lui gli rispose ‘Sono stati i carabinieri’“.

BONAFEDE: TUTTI PROCESSI ABBIANO GIUSTIZIA IN TEMPI BREVI

Visita a sorpresa del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al Tribunale di Roma dove ha incontrato, fuori dalla I Corte d’Assise dove si sta celebrando il processo per la morte di Stefano Cucchi, Ilaria Cucchi e l’avvocato Fabio Anselmo.

“Ho detto a Ilaria che stiamo lavorando affinché i casi come il suo abbiano giustizia in tempi brevi- ha raccontato- Non tutte le famiglie hanno persone con la determinazione di Ilaria Cucchi e non è giusto che chi chiede giustizia debba fare conto sulla propria determinazione per ottenerla. Assicuro che ci sarà giustizia in tempi celeri e sarà di qualità. Questo senza entrare nel caso specifico”.

Bonafede non è voluto appunto entrare nel dettaglio del processo: “Sono il ministro della Giustizia e non voglio ne’ posso dire nulla per rispetto della magistratura. Sto lavorando per fare in modo che chi si rivolge allo Stato per ottenere giustizia la ottenga in tempi brevi”.

Quanto al suo ‘blitz’, “rientra in un ciclo di visite a sorpresa nei luoghi della giustizia italiana. La settimana scorsa sono stato nel carcere di Secondigliano e oggi al Tribunale di Roma che ha il carico di pendenze più grande d’Europa. Sono stato prima nel Tribunale civile, dove ho potuto parlare con alcune persone, quindi sono venuto qui al penale dove ci sono udienze delicate e quindi mi sono limitato ad affacciarmi”.

 

 

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