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ROMA – “Lo Stato italiano non ha fatto praticamente nulla. Mi dispiace dirlo. Ho avuto una riunione, l’anno scorso, con una console italiana per il sud del Brasile, lei e la sua assistente non parlavano neanche portoghese: tante parole e tanta cordialità”, ma nulla di fatto. “Io mi sono sempre reso disponibile, ma non sono mai stato contattato“. Stesso glaciale silenzio riguarda il clero e il Vaticano dato il coinvolgimento nella storia della Matriarca, come comproverebbero le indagini, persino di un alto prelato della Chiesa cattolica, proprietario e abitante di un sontuoso Castello in Brasile: Padre Nivaldo Ceron. In un’intervista alla Dire l’avvocato Edson Ribeiro, noto criminalista e legale del giurista d’impresa Nunzio Bevilacqua, vittima della setta brasiliana della Matriarca, fa il punto sulle indagini e sulle omertà che le stanno ostacolando sin dagli esordi.
Bevilacqua, questo il caso, dopo una breve relazione con Barbara Z., conosciuta su una piattaforma di insegnamento professionale di lingue, subisce una vera e propria estorsione per mantenere la figlia di cui la donna è incinta e che gli viene presentata come sua figlia biologica. Occultamento di informazioni sanitarie e anagrafiche, test di dna senza firme, avvocati infedeli e riti magici sveleranno pian piano, e con innumerevoli colpi di scena, a Bevilacqua di trovarsi al centro di una vera e propria truffa che, come lui, avrebbe colpito altri italiani, per lo più sposati e quindi ricattabili. Nella vicenda sarebbero coinvolti medici, ostetriche, uno “pseudo-laboratorio” di analisi dna, una rete di complici della Matriarca, il personaggio alla regia dell’organizzazione, e la “Casa”, da incubo come la definisce Ribeiro, quella dove le ragazze, proprio come Barbara, porterebbero avanti la gravidanza in gran segreto per custodire il tesoro da contrattualizzare a vita.
“Le domande al clero coinvolto dovrebbero essere poste direttamente dal Vaticano”, incalza Ribeiro che sottolinea come l’indagine sia stata condotta “con una documentazione molto dettagliata e dopo un’attenta investigazione durata svariati mesi che ha attraversato ben tre Stati del Brasile. C’è un silenzio generale- sottolinea ancora l’avvocato- più persone interrogate hanno sostenuto di non sapere nulla anche se abbiamo le prove di una loro conoscenza con persone coinvolte: alcune identificate altre non ancora”.
Un solo ringraziamento va a “Padre Lino Brunel (ex amministratore diocesano, al tempo dei fatti, della diocesi di Tubarao, ndr) l’unico che ci ha aiutato molto e al quale siamo grati”, continua il legale di Bevilacqua.
Oggi in Brasile c’è sul caso un “processo civile su cui- secondo Ribeiro – pendono ipotesi di palese nullità perchè Bevilacqua non è stato mai autorizzato a produrre prove nè controprove, come è il caso del test del dna sulla bambina nonostante ben tre emeriti periti lo abbiano definito nullo, o ancora il luogo dell’esame o documenti senza firme che sono falsità documentali”.
Nulla di fatto, tiene a ricordare l’avvocato, anche dopo un primo incontro di Bevilacqua con una agente della polizia federale in San Paolo e un secondo, questa volta di Ribeiro, con un altro federale proprio a Santa Catarina che si defilò definendosi “non titolato ad entrare nelle indagini”.
“Credevo la diplomazia italiana fosse più interessata ai suoi concittadini, ma mi sbagliavo”, dice Ribeiro, che garantisce: “Questa storia non avrà fine finchè non scopriremo tutto”.
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