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VIDEO | Africa, con ‘Ponti’ informati 50 mila migranti potenziali

I risultati del progetto 'Ponti. Inclusione sociale ed economica, giovani e donne, innovazione e diaspore', sviluppato in Etiopia e in Senegal tra il 2017 e il 2019

Pubblicato:24-07-2019 15:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33

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R​OMA – Cinquantamila persone raggiunte da campagne informative sui rischi della migrazione irregolare, 9mila giovani, donne e migranti che hanno acquisito competenze tecniche e in gestione di impresa, 20 progetti di investimento promossi, 30 organizzazioni della società civile (Osc) rafforzate per la promozione dello sviluppo locale, 1.500 famiglie supportate che hanno migliorato il proprio reddito. Sono solo alcuni dei numeri di ‘Ponti. Inclusione sociale ed economica, giovani e donne, innovazione e diaspore‘, il progetto promosso dal maggio 2017 ad agosto 2019 in sette regioni di due Paesi africani, Etiopia e Senegal, da Arcs-Culture solidali, capofila, e da altre 20 Ong italiane, straniere e locali – tra cui Aidos, Oxfam e Cipsi – e le comunità della diaspora in Italia, finanziato con 2 milioni 650mila euro (di cui 2 milioni e 357mila erogati dal ministero dell’Interno) e presentato stamattina alla Casa Internazionale delle Donne, a Roma.

Al centro di quello che Nadan Petrovic, valutatore esterno dell’Università La Sapienza di Roma, ha definito “più che un progetto un vero e proprio programma”, è il tema dei migranti e delle fasce deboli, in particolare donne e giovani, che grazie a ‘Ponti’ hanno potuto accedere a due livelli di supporto: azioni di formazione per la creazione di opportunità di lavoro, e attività di informazione sui rischi delle migrazioni illegali e sulle opportunità di quelle regolari. Obiettivo: contrastare le cause profonde delle migrazioni proprio attraverso la promozione dell’occupazione delle donne e delle giovani generazioni e il coinvolgimento delle diaspore e dei migranti di ritorno per lo sviluppo di attività sostenibili nei Paesi d’origine.




“Si tratta di un’iniziativa innovativa, perché è stato il ministero dell’Interno a finanziare un progetto che solitamente sarebbe stato finanziato dal Maeci“, aggiunge Petrovic, che entra nel merito delle azioni intraprese: “Si è mirato, da un lato, a rafforzare le organizzazioni della società civile e le istituzioni nell’elaborare strategie e servizi di inclusione sociale ed economica e promuovendo il dialogo sui rischi dell’immigrazione irregolare e sulle possibilità di quelle in regola. Dall’altro, sono state costruite attività concrete come servizi di formazione, per l’impiego e la promozione dell’autoimpiego, per la strutturazione di piccole e medie imprese, oltre al rafforzamento del ruolo della diaspora senegalese ed etiope in Italia”. Azioni che, per Petrovic, sono coerenti con la strategia Ue di rafforzamento della partnership Europa-Africa, come sostenuto anche da Elena Ambrosetti, docente del Dipartimento di metodi e modelli per l’Economia il Territorio e la Finanza Eurosapienza-Memotef , che si è occupata, assieme a Teresa Del Vecchio, di analizzare le buone pratiche del progetto ‘Ponti’.

“La prima buona pratica è il rafforzamento delle Osc e delle istituzioni locali nell’elaborazione di strategie e servizi di inclusione sociale ed economica, con i tre cicli di formazione ideate e coordinate da Cies, riproducibili e sostenibili anche in altre aree- spiega Ambrosetti-. La seconda è sicuramente la prevenzione dell’immigrazione irregolare, con le due campagne coordinate da Cies: in Etiopia, ‘Let me see my assets before I migrate’ e, in Senegal, ‘Toog Sabab Tekki’, dove sono state coinvolte le donne, che spesso guidano la vita familiare e instradano i figli, per invertire la tendenza e fare in modo di utilizzare le opportunità offerte dal territorio”. Un ruolo attivo delle donne testimoniato negli scatti di Giulio Di Meo, in mostra alla Casa delle Donne, e, in sala, dai racconti di Yayi Bayam Diouf , del Collettivo delle donne per la lotta contro l’emigrazione clandestina (Coflec) in Senegal, e Tsigie Haile Woldegiorgis, della Ong etiope Women in Self Empowerment (Wise), coinvolte nella rete di ‘Ponti’ in azioni locali. Fondamentale tassello del progetto la rete delle comunità all’estero che, sottolinea Susanna Owusu Twumwah del Summit italiano delle Diaspore, “ha in comune con ‘Ponti’ l’obiettivo di creare un connubio tra le realtà di diaspora in Italia e i Paesi d’origine, facendo sistema tra i vari soggetti che vogliono fare cooperazione internazionale”. E che, per Giulia Taccetti, di Oxfam Italia, “possono essere un ponte per un accesso privilegiato per la conoscenza dei territori” e per un uso strategico “delle rimesse delle diaspore in Italia, che hanno un potenziale enorme se convogliate in iniziative che hanno un impatto generale”.


PANUNZI (AIDOS): MIGRAZIONE FENOMENO FEMMINILE E FEMMINISTA

Il fenomeno migratorio “è soprattutto un fenomeno femminile e femminista”. Ne è convinta Maria Grazia Panunzi, presidente di Aidos-Associazione italiana donne per lo sviluppo, tra le 20 Ong coinvolte da Arcs-Culture Solidali nel partenariato del progetto ‘Ponti. Inclusione sociale ed economica, giovani e donne, innovazione e diaspore’, presentato oggi alla Casa Internazionale delle Donne, a Roma. A renderlo tale, per Panunzi, “i numeri della popolazione migrante rifugiata, di cui quasi la metà è costituita da donne e ragazze. È un problema femminile e femminista- spiega alla Dire- perché in tutto il flusso della popolazione che subisce la tratta il 71% è costituito da donne e ragazze. sono quelle che vivono maggiormente situazioni di violenza. La stessa organizzazione dei campi, la mancanza di servizi di qualità e di servizi per la salute sessuale e riproduttiva fanno sì che la salute delle donne sia compromessa”.

Spesso “restano incinte durante il viaggio o partono in uno stato di gravidanza, hanno il ciclo mestruale”, ma “nei kit di prima assistenza mancano gli assorbenti”. Una mancanza di attenzione che acuisce la loro situazione “di vulnerabilità”. La discriminazione “diventa ancora maggiore in queste situazioni di disagio- chiarisce la presidente di Aidos- dove poi la mancanza di una rete, di un sistema di accoglienza e di ascolto dei bisogni, fa sì che alcune situazioni di violenza vengano ancora più perpetrate”. 

La spiegazione, per Panunzi, è che i bisogni delle donne e della popolazione LGBTQ “non vengono considerati” perchè “non c’è un approccio di genere“. Approccio con cui, invece, “nel progetto ‘Ponti’ noi di Aidos ci siamo misurati”, con un lavoro finalizzato ad affermare “che le donne hanno diritto ad avere un empowerment economico perché attraverso questo passa poi la loro autodeterminazione e autonomia, la gestione di un reddito e un diverso posizionamento all’interno della famiglia e della comunità”.

Partner locale di Aidos in Etiopia la Ong Women In Self Empowerment (Wise), con cui “lavoriamo affinchè un’impresa di donne sia seguita non solo da un punto di vista di gestione, ma anche con un accompagnamento al di fuori dal centro in cui vengono formate, perché poi queste donne lavoreranno nelle loro case dove potranno portare avanti anche un discorso di cura, nel rispetto dei loro tempi”. Rafforzate anche “le competenze delle microimprenditrici, nel settore delle confezioni di abbigliamento e delle linee di accessori- racconta Panunzi- nel settore della ristorazione, con la creazione di prodotti alimentari nuovi che possono avere un diverso sbocco sul mercato. Abbiamo lavorato anche con la tecnica del ‘color accounting’ affinché non soltanto le donne possano avere un’impresa, ma anche le analfabete, attraverso questa tecnica di colori, riescano a capire profitto e perdite e possono gestire la loro azienda. A tutto questo lavoro di assistenza tecnica- conclude la presidente di Aidos- abbiamo affiancato anche una formazione dello staff del progetto per trattare donne vittime di violenza sopravvissute, perché sono quelle alle quali ci rivolgiamo per creare impresa, che avendo un vissuto così difficile hanno maggiori difficoltà a concentrarsi”.

STILLI (AOI): MALE ASSENZA STRATEGIA DA GOVERNO

Silvia Stilli, direttrice di Arcs e presidente di Aoi, l’Associazione che raduna le ong italiane, ha concluso esprimendo profonda soddisfazione per i risultati di ‘Ponti’, “un progetto ampio e ambizioso”. La portavoce delle ong non può però non fare cenno al “difficile momento politico che stanno vivendo le Ong”, e ad altre criticità che colpiscono il settore: “Alla soglia di agosto non abbiamo ancora la programmazione dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), quindi dei fondi per le Organizzazioni non governative. Vediamo che vengono lanciati dei bandi dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, ma alla domanda della programmazione non abbiamo ancora risposte. Questo ci preoccupa perchè sembra manchi una visione strategia sulla cooperazione, a fronte di tante sfide”.

“Sentiamo parlare di un fondo sovrano a titolarità del ministero del Lavoro- sottolinea ancora Stilli-, a cui stanno lavorando anche Maeci e Mise, peccato che non sappiamo niente. Eppure c’è una legge nata solo cinque anni fa, la 125, che parla di cooperazione internazionale come trasversalità, ma che ha nel ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – e non più solo ministero ‘degli Affari Esteri’ – la sua titolarità politica di strategia e programmazione, mentre si discute da altre parti”. Per la presidente dell’Aoi nel Terzo settore “occorre discutere insieme di cosa sta succedendo oggi al mondo della società civile di questo Paese, laddove la questione dell’aiuto umanitario in mare è solo una scusa per attaccare complessivamente la società civile. A mio parere adesso è questo il tema”, precisa Stilli, che alle Ong lancia un appello “a un’unità di programmazione, di advocacy, di lavoro, di valori“.

Appello all’unità lanciato dall’Aoi “cinque anni fa- ricorda- non per costruire una, due o tre rappresentanze”, ma “nello scegliere una strategia comune del mondo non governativo, della società civile”, per fare in modo che questo mondo “parli con l’altro Terzo settore italiano, che comunque ha i suoi problemi”. Per la direttrice di Arcs-Culture solidali, i prossimi mesi per le Ong “saranno difficili, un momento da ‘de profundis’ del nostro lavoro e della cooperazione, che comunque questo piccolo Paese ha portato”. Tra un po’ “avremo problemi di sopravvivenza, perché oltre al taglio dei fondi pubblici si attacca la nostra credibilità, quindi diventa difficile complessivamente avere il sostegno dei cittadini e delle cittadine”, conclude Stilli.

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