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ROMA – “Dall’inizio dell’offensiva dell’esercito siriano nella provincia di Idlib, il 26 aprile, ben 38 strutture sanitarie sono state attaccate nei raid dell’aviazione. Gli ospedali condividono con l’esercito le coordinate degli ospedali per scongiurare attacchi, ma tra molti ormai c’e’ il timore che farlo aumenti la probabilita’ di essere bombardati”. Lo denuncia alla ‘Dire’ Mohamad Kattoub, responsabile advocacy della Syria-American Medical Society (Sams), una ong che in Siria, e nei Paesi vicini che accolgono i rifugiati, offre servizi medico-sanitari a 111 strutture, attraverso 2.504 professionisti.
Ad Idlib, nel nord-ovest della Siria, la Sams opera in 35 strutture, ma dall’inizio dell’operazione di Damasco volta a eradicare i gruppi armati “la situazione umanitaria non fa che peggiorare”. La sfida per le poche organizzazioni rimaste nell’area e’ duplice: “Da un lato c’e’ l’emergenza sanitaria. Si susseguono gli attacchi contro obiettivi civili – come case, scuole o ospedali – quindi i medici non fanno che ricevere nuovi feriti o persone di cui confermare il decesso”.
Da aprile oltre 700 persone hanno perso la vita, 3.700 sono rimaste ferite in un’area in cui vivono 3,5 milioni di abitanti. “Fornire cure in queste condizioni e’ difficilissimo, cosi’ come – prosegue Kattoub – e’ complesso garantire la sicurezza dello staff medico e dei pazienti ricoverati. Per questo riceviamo solo casi in emergenza, e in determinate strutture, in cui sappiamo mancano farmaci e altri materiali. In questo modo aiutiamo l’ospedale a far fronte al flusso continuo di feriti”.
La seconda sfida riguarda l’enorme esodo di profughi: “Oltre 350mila persone sono fuggite dalle proprie case. E’ una pressione enorme per le organizzazioni umanitarie che operano nei campi profughi: qui, solo un profugo su tre trova posto”. Per gli altri che restano fuori, prosegue il responsabile, “l’alternativa e’ vivere nella ‘terra di nessuno’ che circonda i campi. Solo in pochissimi possono permettersi un affitto nei centri abitati”.
Una crisi, quella di Idlib, che “supera le capacita’ delle ong” secondo Kattoub. “Perfino le agenzie delle Nazioni Unite sono in affanno”. Gli operatori della Sams pero’, assicura il portavoce, “continuano a fare del loro meglio. Molti ospedali sono stati distrutti, quindi ci preoccupiamo di rafforzare le strutture rimaste in modo che le necessita’ della popolazione possano essere soddisfatte in ogni momento”.
Cio’ che scoraggia, al di la’ della situazione sul terreno, e’ l’inerzia delle istituzioni e della comunita’ internazionale. “Ad oggi – denuncia Kattoub – neanche un’inchiesta e’ stata avviata per far luce sulle responsabilita’ di questi attacchi contro le strutture pubbliche. Non vediamo neanche azioni concrete per fermare le violenze”.
E destano preoccupazione gli attacchi agli ospedali: “I centri forniscono le coordinate all’esercito siriano per scongiurare gli attacchi, ma ormai c’e’ il timore diffuso che farlo li esponga maggiormente al pericolo”. Un fatto che secondo l’attivista troverebbe conferma nei numeri: delle 38 strutture attaccate da aprile, “14 avevano condiviso le loro coordinate per la prima volta”.
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