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Ucraina, il giornalista Alberto Simoni: “Per capire la guerra si studi Visegrad”

L'autore nel corso della presentazione del libro 'Ribelli d'Europa': "Budapest non è il cavallo di Troia di Putin"

Pubblicato:24-06-2022 16:06
Ultimo aggiornamento:24-06-2022 18:49

simoni alberto ribelli d'europa
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ROMA – “I Paesi di Visegrad non sono i cavalli di Troia della Russia in Europa. La Polonia è il paese in prima linea contro Putin e con il Regno Unito, quello che fornisce più armi e fa da cassa di risonanza alla resistenza di Kiev. Neanche l’Ungheria di Orban lo è, anche se ci sono similitudini dal punto di vista culturale e certamente tanti interessi economici. Se la questione ucraina verrà risolta, però, ciò avverrà solo tramite un accordo tra Biden e Putin“. Ne è convinto Alberto Simoni, giornalista de La Stampa e inviato negli Stati Uniti, intervistato dall’agenzia Dire a margine della presentazione del suo libro ‘Ribelli d’Europa. Le democrazie illiberali da Visegrad all’Ucraina’ edito da Paesi edizioni.

L’intero dibattito con Alberto Simoni, il deputato del Pd Andrea Romano e Luciano Tirinnanzi di Paesi Edizioni, si può seguire al seguente link: https://tv.dire.it/video/62b5c1f49214ab187f412ea1.

‘Ribelli d’Europa’ è un testo in cui il cronista evidenzia l’importanza di conoscere le motivazioni storiche e culturali che hanno spinto le cosiddette ‘nazioni di Visegrad’ – Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia’ – a sviluppare dei sovranismi, come chiave per capire le scelte politiche del presente, a partire dal conflitto in Ucraina: “Cito due esempi importanti” dice Simoni.


“La grande nazione Magiara, ossia la diaspora della popolazione ungherese seguita alla caduta dell’Impero austro-ungarico nei Paesi vicini, che portò alla formazione di una grande comunità magiara in Ucraina e che oggi conta 180mila persone. Tutti i governi di Budapest hanno sempre cercato di tutelarla, con tensioni con Kiev. Nel 2018, il premier Viktor Orban ha addirittura fermato il cammino di ipotetica adesione dell’Ucraina alla Nato perché voleva più garanzie per quella comunità“. Quanto alla Polonia, continua il giornalista, “sono i rapporti con la Russia, storicamente conflittuali”. Simoni ricorda il disastro aereo sui cieli della città russa di Smolensk, nel 2010, dove perse la vita l’allora presidente polacco Lech Kaczynski. Ciò, spiega, “ha alimentato la sensazione di subire un complotto da parte della Russia”.

UN’ALTRA IDEA DI UNIONE EUROPEA

Il testo di Simoni si concentra sulla sfida che i quattro Paesi hanno lanciato in anni recenti all’Unione europea non solo facendosi portatori di una critica forte ai valori di Bruxelles, ma creando partiti e movimenti sovranisti che hanno trovato una comunanza ideologica con Mosca e hanno anche rappresentato un modello per gli altri Stati a partire dall’Italia. Simoni prosegue: “Personalità come Viktor Orban, che ho potuto intervistare a pochi giorni dalla visita a Budapest del leader della Lega Matteo Salvini, non è spuntato dal nulla, bensì è il prodotto di un processo che parte dalla critica al liberalismo economico propugnato da Stati Uniti e Ue”.

L’autore ricorda che Orban ben prima di diventare primo ministro dell’Ungheria, nel 2010, “aveva costruito la teoria delle ‘democrazie illiberali’ che rifiutavano anche una certa distruzione dei confini promossa dall’Ue nonché l’allontanamento dai valori cristiani. Pertanto- evidenzia- è illiberale, ma perché guarda a un’altra forma di libertà”.

Tuttavia quei Paesi, chiarisce, “non sono contrari all’Europa, come dimostra il tasso di consenso all’europeismo tra i cittadini che supera quello italiano. Propongono solo un’altra idea di Unione“. Per Simoni lo dimostra il fatto che “l’Ungheria, pur restando più vicina a Putin rispetto alla Polonia, ha aderito alle sanzioni Ue contro Mosca”. L’Europa d’altronde “non è una, ce ne sono almeno tre: quella monetaria, di difesa e di sicurezza. I Paesi di Visegrad vogliono un’Unione economica e per il resto chiedono maggiore autonomia. Spinelli non sarebbe stato d’accordo, ma l’Ue ha già dimostrato che può ricomporre queste fratture e gli conviene farlo anche con la Russia, con cui confina, pur senza rinunciare a identità e valori”.

I PAESI DI VISEGRAD

Nel corso della presentazione del libro è intervenuto anche lo storico e deputato del Partito democratico (Pd) Andrea Romano: “Al di là del giudizio politico, ‘Ribelli d’Europa’ ha il valore di raccontare i sovranismi dei Paesi di Visegrad tenendo conto della storia di questi Stati segnati da forti nazionalismi”. Una regione che nei secoli fu “divisa in tante piccole patrie multilinguistiche e multiculturali”. L’indipendeza dall’impero Asburgico prima e dall’Unione sovietica poi “è giunta in tempi relativamente recenti quindi sono nazioni giovani: è normale che difendano strenuamente la loro indipendenza”, anche se questo significa opporsi all’Ue. E la patria recente dei sovranismi per Romano “è Mosca che, paradossalmente, se prima era capitale comunista, ora è diventata quella del sovranismo grazie alla sua piattaforma culturale”.

Quanto all’Europa, dopo il 1989 “l’errore è stato di non promuovere accanto allo sviluppo economico, la costruzione parallela di uno Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani nei paesi post-sovietici”. Sono state così introdotte forme di ‘democratura’ che hanno lasciato certi legami clientelri “tra Stato e magistratura, e Stato e stampa”. La vicenda ucraina “obbliga però ora i Paesi sovranisti a guardarsi all’interno” e Romano parla di “rottura dell’asse di Visegrad“, risultato del fatto che “alcune nazioni preferiscono tutelare la loro indipendenza dal nazionalismo aggressivo proposto dalla Russia”. A riportare l’analisi in Italia è il direttore di Paesi edizioni, Luciano Tirinnanzi: “Il capitalismo ha sgretolato un pensiero politico, e di colpo c’è chi ha scoperto che a est ci sono idee che vogliono prevalere sull’aspetto economico, pronte a piegare le regole della democrazia e le leggi a loro favore”.

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