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SPECIALE ELEZIONI | I principali ballottaggi del Nord

Domenica 26 giugno dalle 7 alle 23 si vota per il secondo turno delle elezioni comunali

Pubblicato:24-06-2022 14:24
Ultimo aggiornamento:24-06-2022 14:32
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MILANO – Domenica 26 giugno si torna a votare per il secondo turno delle elezioni amministrative. Nei Comuni sopra i 15mila abitanti in cui nessun candidato sindaco ha conquistato il 50% più uno dei voti è previsto il ballottaggio. Nella seconda tornata elettorale, al candidato sindaco possono essere collegate liste differenti rispetto al primo. Le urne saranno aperte dalle ore 7 alle 23.

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LOMBARDIA

(A cura di Michele Bollino)

MILANO – Chiusi gli accordi per le alleanze, in Lombardia fari puntati sui ballottaggi di domenica a Monza, Como e Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia guidata ora dal centrodestra con Roberto Di Stefano. Il centrosinistra punta a difendere il risultato ottenuto a Como e crede nella rimonta a Sesto e Monza, dove governa l’uscente e ricandidato della Lega Dario Allevi. Il centrodestra, invece, punta alla riconferma dei suoi due sindaci uscenti mentre a Como, dove non è riuscito ad accedere al secondo turno, la coalizione si spacca sul sostegno al civico Rapinese contro Barbara Minghetti del centrosinistra.

LA SITUAZIONE A MONZA

A Monza è il centrodestra a partire in vantaggio. Il sindaco uscente Dario Allevi, forte del 47,1% dei voti ottenuti al primo turno, per blindare la vittoria ha chiuso un accordo con il civico Paolo Piffer, che aveva incassato il 5,8% delle preferenze. Il candidato del centrosinistra Paolo Pilotto ripartirà invece dal 40,1% del primo turno. La rimonta è difficile, i due candidati sono separati da oltre 3.000 voti, ai quali si aggiungono i 2.500 potenziali di Piffer. Ma i dem ostentano sicurezza, con il segretario Enrico Letta che parla di “vittoria alla portata”. Di segno opposto le sensazioni di Allevi, che si dice “molto ottimista” anche se l’incognita astensione preoccupa: “Con questo caldo, il vero problema sarà riportare i cittadini al voto di domenica 26 giugno”.

A SESTO FOGGETTA INSEGUE DI STEFANO

A Sesto San Giovanni, invece, è il candidato di centrosinistra Michele Foggetta ad aver chiuso un accordo con il civico Paolo Vino. Foggetta deve recuperare circa 3.000 voti sul sindaco uscente e ricandidato dal centrodestra, Roberto Di Stefano. Sulla carta, quindi, i 1.800 voti di Vino non bastano a riequilibrare la partita. Il vincitore delle primarie, inoltre, non è riuscito a incassare l’appoggio dei centristi di Italia Viva e Azione che, dopo aver ottenuto il 2,8% con la candidatura di Massimiliano Rosignoli al primo turno, hanno deciso di non dare indicazioni di voto per il ballottaggio, aumentando le chance dell’uscente Di Stefano.

A COMO CENTRODESTRA FUORI DAL BALLOTTAGGIO E SPACCATO

Partita dai contorni diversi a Como, dove il centrosinistra punta alla vittoria con la candidatura di Barbara Minghetti che riparte dal 39,4% del primo turno. Il centrodestra, rimasto fuori dal ballottaggio dopo non aver confermato il suo sindaco uscente, Mario Landriscina, non è riuscito a chiudere un accordo con il candidato civico Alessandro Rapinese che, forte, del 27,3% dei voti, sfiderà i dem in solitaria. Ma se la Lega non ha dubbi sull’appoggio a Rapinese, con il coordinatore regionale Fabrizio Cecchetti che dice che “la Lega non voterà mai la sinistra”, Fratelli d’Italia la pensa diversamente e fa sapere che non voterà il candidato civico “che per anni ha insultato il centrodestra”. I meloniani sono rimasti scottati dalla sconfitta del loro candidato, sostenuto da tutto il centrodestra, Giordano Molteni, arrivato terzo nonostante il riconteggio dei voti.

PIEMONTE

(A cura di Lucio Valentini)

PD QUASI CERTO DI CUNEO, CI PROVA AD ALESSANDRIA

Con Cuneo che il 26 giugno vedrà quasi certamente la vittoria del Pd, dopo che ad Asti i giochi si sono chiusi al primo turno con la riconferma dell’attuale sindaco di centrodestra Maurizio Rasero, in Piemonte gli occhi sono puntati su un altro sindaco in cerca di conferme: ad Alessandria il leghista Gianfranco Cuttica di Revigliasco corre per il secondo mandato, ma dopo il primo round deve inseguire il giallorosso Giorgio Abonante che lo precede di due punti (Abonante ha raccolto il 42% il 12 giugno, Cuttica il 40%). Ma oltre ai due sfidanti, ad Alessandria è protagonista l’ex assessore ai Lavori pubblici di Cuttica, Giovanni Barosini, che ha lasciato il centrodestra e posto in giunta Cuttica per Azione e ha raccolto il 14,6% il 12 giugno. Barosini ha già annunciato che domenica voterà Abonante: il Pd nega di aver fatto accordi sottobanco col calendiano, mentre il centrodestra lo accusa di aver prenotato un posto nella giunta Abonante in cambio del sostegno al ballottaggio.

A Cuneo il Pd, dopo dieci anni alla guida della città con Federico Borgna, ha proposto la sua vicensindaca, Patrizia Manassero, che al primo turno ha raggiunto il 47% e dovrebbe avere vita facile contro il suo sfidante di centrodestra, Franco Civallero, reduce dal 19,8% raccolto il 12 giugno. Da notare che Manassero corre senza i 5 Stelle, andati da soli con Silvia Cina che ha ricevuto soltanto l’1,6% dei consensi al primo turno.

VENETO

(A cura di Fabrizio Tommasini)

LOTTA SBOARINA-TOSI RISCHIA DI COSTARE VERONA AL CENTRODESTRA

La frattura del centrodestra potrebbe costare la rielezione al sindaco Federico Sboarina, esponente di Fratelli d’Italia sostenuto, dopo qualche tentennamento, anche dalla Lega. Dopo aver raccolto il 32,7% dei voti al primo turno Sboarina ha deciso di non accogliere la richiesta di apparentamento del rivale che si è trovato in casa, l’ex leghista Flavio Tosi oggi passato a Forza Italia. Il 23,9% di voti ottenuto da Tosi avrebbe consentito a Sboarina di vincere sullo sfidante sostenuto dal centrosinistra, Damiano Tommasi, con una certa scioltezza. Ma Sboarina ha rifiutato la proposta di Tosi e ha deciso di puntare su chi al primo turno non ha votato, contando sul fatto che molti tosiani, piuttosto che consegnare la città al centrosinistra, lo voteranno comunque. Ha fatto però i conti senza lo stesso Tosi, che negli ultimi giorni sui social si è scagliato contro il sindaco uscente, chiarendo che se il centrodestra perderà Verona sarà solo colpa sua. Tommasi, forte del 39,8% ottenuto al primo turno, tiene intanto la sua linea: punta tutto sul programma, organizza passeggiate con i cittadini nei quartieri della città e mantiene la distanza dai partiti.

FRIULI VENEZIA GIULIA

(A cura di Milos Malinic)

GORIZIA, SINDACO USCENTE ZIBERNA PUNTA SULL’ITALIANITÀ

Parte avvantaggiato dai voti del primo turno, ma in salita, il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna (Forza Italia) che cerca la riconferma, sostenuto dal centrodestra unito, contro l’ex senatrice dem Laura Fasiolo, per il centrosinistra: 42,5% contro 31,4% rispettivamente per i due schieramenti. Non ci sarà infatti il rientro nel centrodestra dell’ex leghista Franco Zotti, che con il suo 5,8% si dichiara soddisfatto e invita i suoi quasi 900 elettori “ad andare in spiaggia” per il ballottaggio. E non c’è neppure l’indicazione al voto del primo corridore libero, Pierpaolo Martina, che al primo turno con la sua civica ha preso il 10,4%. Intanto il confronto pubblico tra Ziberna e Fasiolo è al vetriolo, dopo che il sindaco ha presentato un volantino in cui si accusa il centrosinistra, con tanto di bandiera dell’Urss, di voler di fatto “de-italianizzare” Gorizia. Città che, unitamente alla parte slovena Nova Gorica, nel 2025 sarà la Capitale europea della Cultura.

LIGURIA

(A cura di Simone D’Ambrosio)

CHIAVARI, MESSUTI VEDE LA VITTORIA MA CENTRODESTRA SPACCATO

Chiavari è l’unico comune ligure ad andare al ballottaggio domenica prossima. A contendersi il ruolo di sindaco saranno Federico Messuti, forte del 48,54% ottenuto al primo turno, e Mirko Bettoli, due settimane fa fermo al 16,85%. La vittoria di Messuti sarebbe in continuità con la giunta uscente, di cui era consigliere delegato, e con il defunto sindaco Marco Di Capua. A favore di un recupero di Bettoli gioca la spaccatura del centrodestra, con i partiti che al primo turno avevano sostenuto Giovanni Giardini, arrivato quarto. Il governatore Giovanni Toti non è mai stato convinto del progetto, tanto che si è affrettato a invitare gli alleati a ricompattarsi su Messuti in vista dello spareggio. Un appello caduto nel vuoto, dal momento che Fratelli d’Italia ha risposto con la libertà di voto per i propri elettori.

EMILIA-ROMAGNA

(A cura di Mattia Caiulo)

GUERRA FAVORITO A PARMA, SINISTRA SPERA IN RICONQUISTA

L’ex sindaco Pietro Vignali che promette di riportare Parma agli antichi fasti e Michele Guerra, docente universitario e assessore della Giunta uscente, su cui il centrosinistra punta per tornare a governare. Sarà uno di loro il prossimo sindaco della città ducale, votato al ballottaggio di domenica prossima. Al primo turno Guerra, scelto dal sindaco Federico Pizzarotti per ricoprire la carica di assessore alla Cultura ha ottenuto il 44,18% delle preferenze, doppiando il suo sfidante. Lo sostiene un’ampia coalizione di centrosinistra, basata sull’asse tra Pd e Effetto Parma, il movimento fondato da Pizzarotti dopo la sua uscita dal M5S, che invece non si è presentato. Vignali, sindaco tra il 2007 e il 2011 ha ottenuto il 21,25% dei voti. Dopo Lega e Forza Italia conta ora anche sull’appoggio di FdI. Azione non voterà invece l’ex sindaco, travolto dalle inchieste sulla corruzione.

A PIACENZA SFIDA ALL’ULTIMO VOTO BARBIERI-TARASCONI

Si annuncia una sfida all’ultimo voto, quella del ballottaggio di domenica per la scelta del nuovo sindaco di Piacenza. A contendersi la carica sono il primo cittadino uscente Patrizia Barbieri (sostenuta da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e dalla sua lista civica), che ha ottenuto il 37,72% dei voti, e la consigliera regionale del Pd Katia Tarasconi, arrivata prima col 39,93%. La candidata del centrosinistra dovrà ora cercare di recuperare le preferenze andate al primo truno a Stefano Cugini, candidato di Alternativa per Piacenza sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle, che ha preso più del 10%. Barbieri tenterà invece di portare dalla sua i “liberali piacentini” che facevano riferimento a Corrado Sforza Fogliani. Questo candidato che ha incassato l’8% era sostenuto anche dalla Buona Destra, che ha deciso di non dare indicazioni di voto.

TOSCANA

(A cura di Carlandrea Poli)

A CARRARA DUELLO ALL’ULTIMO VOTO, IV SI BUTTA A DESTRA

Sfida incerta e carica di pathos politico quella che andrà in scena domenica a Carrara. Dopo cinque anni di amministrazione targata Movimento 5 Stelle, gli elettori carraresi sono chiamati a scegliere fra Serena Arrighi, esponente della società civile appoggiata dal centrosinistra, e Simone Caffaz sostenuto da un centrodestra allargato a Italia viva. Al primo turno Serena Arrighi, senza M5S e sinistra radicale, è arrivata davanti con 7.820 voti e il 29,92% delle preferenze validamente espresse alle urne contro i 4.948 voti e il 18,93% ottenuti da Caffaz.

A rovesciare gli equilibri potrebbe essere il gioco delle alleanze fra primo e secondo turno. L’apparentamento fra Caffaz, appoggiato inizialmente solo dalla Lega, e Andrea Vannucci, che il 12 giugno con FdI e Forza Italia ha raccolto 4.472 voti, pari al 17,11%, è stato un approdo naturale che ha ricomposto lo schieramento. A dare una scossa ha pensato, invece, il deputato di Italia viva ed ex sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri, che a sorpresa ha annunciato l’intesa con Caffaz. Sono seguiti scambi taglienti e recriminazioni reciproche fra Ferri e il Pd. Lo stesso cartello elettorale del candidato renziano in realtà, dopo aver conquistato 3.946 voti ovvero il 15,1% delle preferenze dei carraresi, si è sfaldato. Il Partito socialista, capitanato dall’ex sindaco Angelo Zubbani e forte di 1.566 voti di lista, converge su Arrighi per sbarrare la porta alla destra. Analoga scelta è maturata dal fronte progressista composto da Rifondazione comunista, Articolo Uno e M5S che al primo turno con Rigoletta Vincenti ha totalizzato il 13,68% e 3.574 voti assoluti.

A LUCCA PD IN VANTAGGIO, DESTRA CON EX DI CASAPOUND

Un capoluogo che vale quanto un’elezione di midterm per l’intera regione e, forse, pure un pezzo di segreteria toscana del Partito democratico. È alta la posta in palio al ballottaggio a Lucca di domenica prossima. Il centrosinistra, dopo aver governato per dieci anni con le giunte Tambellini, intende confermarsi alla guida della città con l’assessore uscente Francesco Raspini: al primo turno ha conquistato il 42,65% ovvero 15.244 voti. A sfidarlo è l’ex presidente di LuccaCrea Mario Pardini che col centrodestra parte da un meno lusinghiero 34,35% e 12.278 voti. In vista del secondo turno, in ogni caso, Pardini ha stretto un apparentamento con Fabio Barsanti (civico di destra sostenuto da ItalExit di Paragone) e ha incassato l’indicazione di voto di Andrea Colombini (Ancora Italia, No Green Pass) e di Alberto Veronesi candidato del polo civico. Con il 9,46% di Barsanti, il 4,19% di Colombini e il 3,65% di Veronesi il frontman del centrodestra e pupillo politico dell’ex presidente del Senato Marcello Pera potrebbe avere le carte in regola per un recupero.

D’altro canto il patto con l’ex CasaPound Barsanti è diventato un caso nazionale, tanto da provocare l’addio a Forza Italia del deputato Elio Vito. Acque agitate poi nel polo civico: Veronesi è stato sconfessato dai suoi supporter del primo turno, ovvero Italia Viva, Azione, +Europa desiderosi di far fronte comune per Raspini, mentre il padre nobile dei centristi lucchesi Giorgio Del Ghingaro, sindaco di Viareggio, in rotta da mesi col Pd, ha annunciato che sceglierà Pardini. Una vittoria del centrodestra porterebbe a sette su dieci i capoluoghi governati da sovranisti e moderati: un campanello d’allarme per il Pd in vista delle Regionali 2025 e, probabilmente, un colpo quasi da ko per la segretaria regionale dei dem Simona Bonafè.

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