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Omotransfobia, Zan: “Non si può mediare sulla vita delle persone”

"Se la legge cambia ancora di una virgola nessuno della comunità ci si potrà più riconoscere", dice Pietro Turano, attore e portavoce Gay Center

Pubblicato:24-06-2021 15:02
Ultimo aggiornamento:24-06-2021 19:21
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legge zan
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ROMA – “Non ci aspettavamo delle reazioni così pesanti, siamo in trincea da mesi. Il nostro faro è sempre stato quello di costruire una buona legge che non discriminasse nessuno. E credo che ci siamo riusciti perché, nonostante il bombardamento continuo, stiamo tenendo il punto. Abbiamo accettato dei compromessi per far passare la legge, ma ora basta, sui diritti e sulla vita delle persone non si può mediare“. Sono le parole di Alessandro Zan, deputato PD e primo firmatario del disegno di legge contro l’omofobia, la transfobia, la misoginia e l’abilismo, che ha partecipato ieri sera al dibattito ‘Ready to pride’ nella sede della redazione di Scomodo a Roma. Presenti all’evento anche Pietro Turano, attore e portavoce del Gay Center, Alessandra Maiorino, senatrice M5S e co-autrice del DDL Zan, e Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay.

“È vero che a livello della società civile si sono fatti tantissimi passi avanti- ha detto la senatrice Maiorino- ma ci sono ancora delle sacche di omolesbotransfobia che diventano sempre più aggressive. Lo Stato e le Istituzioni devono dire con una legge da che parte stanno”. In veste di spettatore, era presente anche il ministro Stefano Patuanelli, che si è scusato, in quanto uomo politico, per tutte le persone che ancora oggi sono discriminate per colpa dei ritardi della politica.

Il dibattito si è poi concentrato sulla nota diplomatica inviata dal Vaticano al governo italiano per chiedere la modifica del disegno di legge, e sulle parole pronunciate da Mario Draghi ieri in Senato in difesa della laicità dello Stato. “Quando ho visto la notizia ieri mattina ho controllato che fosse vera, perché mi sembrava totalmente fuori dal mondo- ha detto Maiorino- Dei rappresentanti di uno Stato estero hanno avvicinato i loro omologhi italiani per fare delle osservazioni su una legge ancora in discussione in Parlamento, è qualcosa di inaudito. Ho tremato chiedendomi come avremmo reagito, ma finora le reazioni mi hanno confortato, siamo rimasti granitici e non ci siamo fatti spaventare”.


Più duro il commento di Pietro Turano, che ha definito il gesto del Vaticano come un “ricatto diplomatico inaccettabile, eseguito per mezzo di una comunicazione in cui veniva chiesta riservatezza”. “Si tratta di una modalità omertosa tipica delle organizzazioni malavitose, più che di quelle religiose- ha aggiunto- Il fatto che la risposta di Draghi venga percepita come oro colato, è proprio ciò che ha permesso al Vaticano di avere spazio di manovra; cioè che la laicità del nostro Stato non è scontata, nonostante sia sancita dalla Costituzione. Tutto ciò ha avuto almeno un effetto positivo: mi sono ricordato che mi devo sbattezzare”.

Avevo molta paura che Draghi dicesse parole incerte– ha detto Zan- Invece per me è stato netto: ha detto che siamo uno stato laico, non confessionale, con evidente riferimento al Vaticano. Si tratta di un’ingerenza enorme che dimostra la debolezza del Vaticano, perché è un palese attacco alla nostra democrazia. Forse è arrivato il momento di abolirlo questo Concordato. Però ciò dimostra ancora una volta che la legge va nel senso giusto. Non è un caso se il Vaticano usa la diplomazia, l’artiglieria pesante, perché questa legge è pericolosa per gli omofobi.Non sopportano che una legge che li possa finalmente censurare. Ciò dimostra che il famoso articolo 4 del DDL non è un emendamento al ribasso, ma un punto di equilibrio che lo rende potente sul contrasto ai crimini d’odio e sul piano simbolico”.

A questo punto il dibattito si è spostato sul discusso articolo 4, introdotto come una concessione alla parte politica che ritiene che il DDL possa instaurare un ipotetico reato d’opinione. L’articolo specifica che “ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti“.

“L’articolo viene da un deputato di Forza Italia, è una sintesi che abbiamo dovuto trovare per spianare la strada alla approvazione della legge- ha spiegato Alessandra Maiorino- È un articolo inutile e dannoso che ripete quanto già sancito dall’articolo 21 della Costituzione. Ma per me si tratta più di un orpello politico con un valore pratico nullo”. Di opposto parere Fabrizio Marrazzo, che lo definisce un articolo “salva omofobi: perché se un docente dirà che una persona gay è malata, dopo questo articolo un giudice avrà le armi spuntate per condannarlo– ha detto- Vedremo poi in base all’intepretazione, ma per me è un problema grave di questa legge”.

Secondo il suo primo firmatario, invece, la clausola che rimanda al rischio che certe esternazioni possono indurre un pericolo di discriminazione, oltre che di violenza, permetterebbe ai giudici di sanzionare le prese di posizione apertamente omofobe. In ogni caso, tutti i presenti erano d’accordo sul fatto che la legge non debba più subire ulteriori modifiche, che a questo punto potrebbero soltanto snaturarla: “La società civile è matura- ha concluso Zan- Dobbiamo approvare la legge senza fare passi indietro, nonostante tutti i muri che alza questa classe politica reazionaria. Come chi vuole togliere il riferimento all’identità di genere, che non accetteremo mai”.

“A me più che gli attacchi sgangherati di una certa destra, dispiacciono quelli che una frangia che si considera femminista sta portando avanti contro l’identità di genere– ha concluso Maiorino- Togliere quel riferimento non solo renderebbe la legge monca, ma porterebbe al paradosso di renderla discriminante. Perché rimarrebbero fuori le persone più vulnerabili della comunità, le persone transgender, in transizione. Il nostro faro è sempre stato il confronto con le persone interessate, abbiamo ascoltato i loro bisogni, ce l’hanno detto loro come tutelarle meglio”.

“Nonostante i compromessi fatti, la legge continua a subire attacchi pesanti- ha concluso Pietro Turano- e ciò dimostra, ancora una volta, che ci si sente legittimati a discutere sulla nostra pelle e sulle nostre vite. Ora basta, se la legge cambia ancora di una virgola nessuno della comunità ci si potrà più riconoscere“.

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