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Egitto, la prof di Zaki: “Accendere i riflettori ha fermato le torture”

A rivendicarlo è Rita Monticelli, responsabile per l'Università di Bologna del progetto Gemma, per il quale lo studente imprigionato al Cairo era stato selezionato fra 600 aspiranti

Pubblicato:24-04-2021 13:09
Ultimo aggiornamento:24-04-2021 13:09

PATRICK_ZAKI
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di Pietro Tabarroni

BOLOGNA – “Abbiamo acceso i riflettori, ottenendo un iter difensivo e lo stop alle torture. Siamo la famiglia italiana di Patrick“. A rivendicarlo è Rita Monticelli, responsabile per l’Università di Bologna del progetto Gemma, per il quale Patrick Zaki, lo studente imprigionato al Cairo e per il quale di recente in Senato è stata votata la mozione per il conferimento della cittadinanza onoraria italiana, era stato selezionato fra 600 aspiranti. Di lui e del suo calvario si è tornati a parlare l’altro ieri in una conferenza organizzata dall’associazione di Casalecchio di Reno ‘Percorsi di pace‘.

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Zaki è detenuto da febbraio 2020. “Un ragazzo brillante, studente italiano ed europeo- continua Monticelli- arrestato ingiustamente proprio per l’attivismo che lo aveva portato a studiare, viaggiare e interrogarsi sul mondo. Fra i portici della nostra città, viveva la vita di qualsiasi altro studente”. Casalecchio, peraltro, è stata una delle prime amministrazioni comunali a sposare la causa di Zaki, al quale è stata concessa la cittadinanza onoraria già a febbraio scorso. “L’iniziativa è utile, a Casalecchio siamo stati pionieri per lo Stato, arrivato solo oggi alla cittadinanza per Patrick- commenta Massimo Masetti, assessore al Welfare del Comune alle porte di Bologna- lo stesso Stato che consolida, ogni giorno, la propria partnership economica con il regime egiziano”. In ballo, continua l’assessore, non ci sono solo le vite di tanti prigionieri politici come Zaki, ma anche “i diritti di tutti noi, sanciti da una Costituzione che abbiamo pagato col sangue e con tante vite. Non possiamo cedere sui valori assoluti, in favore di quelli economici”.

Alla conferenza (online), è intervenuta anche Giada Rossi, amica e compagna di studi di Zaki, che ne ha rievocato la vita bolognese. “Era iperattivo, a volte era faticoso stargli dietro- racconta l’amica dell’attivista- si faceva riconoscere da tutti per la sua vitalità, per la sua energia intellettuale. Una volta siamo stati a Castelmaggiore, una brigata mista di veneti, irlandesi, ragazzi da tutto il mondo. Volevamo mangiare il tartufo. Patrick era a Bologna da pochissimo, non parlava una parola di italiano. A un certo punto, un emiliano doc si è alzato ed è venuto a salutarlo, come se si conoscessero da sempre. Patrick l’aveva incontrato giorni prima, e quello si ricordava perfettamente di lui. Le mie parole, oggi, sono figlie di un dolore lungo un anno”.

In attesa che il Governo dia attuazione a quanto stabilito dal Senato, gli occhi restano puntati sulla condizione di Zaki in carcere, mentre, a colpi di rinvii da 45 giorni l’uno, si sommano i giorni della sua prigionia. “L’Università- dichiara Monticelli- ha un dovere nei confronti del suo studente, così come ce l’ha l’Europa. Non possiamo cedere terreno, dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione, per garantire almeno uno straccio di difesa legale e impedire che ricomincino a torturarlo”.

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