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ROMA – Bocche cucite, poca voglia di parlare. La testa è già a questa sera, ma la lunga giornata dei demoni da scacciare sembra non voler passare mai. Sono palpabili l’attesa e la tensione dei tifosi giallorossi in piazza Testaccio. Qui tra un caffè, un giornale e una commissione da fare si cerca di nascondere l’ansia, quasi di non pensare al big match che vedrà i giallorossi di Di Francesco affrontare tra poche ore gli inglesi del Liverpool nella semifinale di andata di Champions League.
“Ho accompagnato i miei amici all’aeroporto- racconta Francesco- non ho dormito tutta la notte. Cosa ho detto loro? Di cantare più forte quando all’Anfield (lo stadio del Liverpool, ndr) intoneranno il loro inno: ‘You’ll never walk alone’. Non ci fanno paura. Sono 34 anni che li aspettiamo”. Ma parlare della partita non è così facile per tutti.
Tanti vorrebbero dire qualcosa, ma poi ci ripensano: “Meglio di no, ne riparliamo domani”. È facile intuire il motivo: in molti, qui nel cuore del tifo giallorosso, c’erano 34 anni fa. Ed è facile intuire come quella finale di Champions persa ai rigori contro il Liverpool sia una cicatrice che oggi fa ancora più male. Claudio, 60 anni, testaccino da sempre, racconta: “Avevamo costruito un’enorme Coppa dei Campioni in cartapesta e l’avevamo messa in mezzo alla strada, poi andò come andò”. Luca: “Molti di noi erano allo stadio e a fine partita non volevamo uscire dall’Olimpico, impossibile dimenticare”. E poi c’è chi memore proprio di quella finale non vede l’ora: “È una vita che aspetto questa serata. E allora a testa alta: Forza Roma!”.
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