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“La pediatria di famiglia ha tutta l’intenzione di essere protagonista nella definizione dell’impiego dei fondi del Pnrr, un obiettivo che ci poniamo con determinazione nell’interesse della salute dei piccoli pazienti”. A dirlo è Antonio D’Avino, nuovo presidente nazionale della Federazione italiana medici pediatri, che non ha dubbi nel tracciare la road map di un mandato che inizia con sfide importanti, ma anche con grandi opportunità. All’indomani della sua elezione D’Avino ha voluto ringraziare tutti i colleghi campani e napoletani che “hanno mostrato una forte unità di intenti e grande compattezza”, ha detto. D’Avino resterà in carica per i prossimi quattro anni.
“Il 30% dei ragazzi in età scolare, in Italia, soffre di allergie respiratorie. Possiamo stimare che siano oltre 1 milione i giovani colpiti dal problema”. A dirlo è Alessandro Fiocchi, responsabile dell’Unità operativa complessa di Allergologia presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. La situazione varia molto a seconda dell’area geografica in cui si vive. “I pollini che incontriamo al Nord sono la betulla e il nocciolo in quota nelle Prealpi- spiega Fiocchi- mentre le graminacee e l’ambrosia si concentrano nella pianura Padana. Se poi si scende lungo lo Stivale, nel centro Italia ci si può imbattere nel polline dell’ulivo e del cipresso. Nel Sud Italia è presente la parietaria”. Sulle cause del problema l’allergologo precisa che “consistono in una disregolazione immunologica dovuta tanto a fattori ambientali quanto genetici”.
“La situazione in Ucraina è indubbiamente grave ma i bambini hanno bisogno di essere protetti e rassicurati. Non facciamo vedere loro le immagini o le narrazioni della guerra che vengono fatte dalla televisione o dal web, per loro possono essere allarmanti. È necessario proteggerli dagli stimoli che possono spaventarli. La paura è un’emozione preziosa, che ci aiuta a proteggerci dai pericoli, ma in questo caso i bimbi non possono fare nulla, sarebbe quindi una paura inutile dal punto di vista pratico, nei confronti di una situazione che non possono controllare, e quindi ansiogena”. A dirlo è Marco Mazzetti, psichiatra e presidente della Simm, spiegando come affrontare con i bambini italiani il tema del conflitto in Ucraina.
“Dall’inizio della guerra in Ucraina milioni di bambini sono fuggiti dal Paese. In media, ogni giorno, più di 75.000 piccoli sono diventati rifugiati. E’ un numero particolarmente scioccante perché vuol dire che ogni singolo minuto, 55 bambini sono fuggiti dalle loro case. Ossia quasi ogni secondo dall’inizio della guerra un bambino ucraino è diventato un rifugiato”. A dirlo è il portavoce dell’Unicef, James Elder. “Questa crisi dei rifugiati è, in termini di velocità e portata, senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale. I bimbi che fuggono dalle loro case hanno un disperato bisogno di sicurezza, stabilità e servizi di protezione, specialmente quelli che non sono accompagnati o sono stati separati dalle loro famiglie”, sottolinea Elder evidenziando che “l’unico modo per uscire da questa catastrofe è che la guerra finisca, e finisca adesso”.
“Le cure palliative pediatriche interessano un numero rilevante di bambini: 20 ogni 10mila nei Paesi industrializzati, con il coinvolgimento diretto e indiretto di una rete di 300 persone per ciascun bambino. Nel mondo, sono 21 milioni i bambini eleggibili alle cure palliative pediatriche, 30mila in Italia. I prossimi dieci anni questi numeri sono destinati ad aumentare con un fattore di incremento notevole”. A scattare la fotografia, in numeri, della popolazione pediatrica che necessita di cure palliative è Franca Benini, responsabile del Centro regionale Veneto di Terapia del dolore e Cure palliative pediatriche di Padova. “Sebbene si ritenga che le cure palliative pediatriche riguardino soprattutto i bambini oncologici- precisa- nella realtà questi ultimi ne sono interessati solo per il 20%. Nell’80% dei casi, in realtà, queste cure si rivolgono a bambini non oncologici. L’altro mito da sfatare- aggiunge Benini- è che l’accesso alle cure palliative richieda la sospensione della terapia curativa. Quest’ultima- conclude- può essere proseguita, sempre in un’ottica di qualità della vita, valutando il rapporto rischio-beneficio”.
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