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A Reggio Emilia nasce ‘Union’ per tutelare i diritti dei riders

I ciclofattorini della città emiliana aderiranno allo sciopero di venerdì e chiederanno al Comune azioni concrete per aiutarli

Pubblicato:24-03-2021 15:21
Ultimo aggiornamento:24-03-2021 15:30

riders reggio emilia
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REGGIO EMILIA – I riders di Reggio Emilia si organizzano e battono i pugni per ottenere più tutele e diritti. Sono circa una cinquantina i lavoratori aderenti alla neonata “Union” reggiana (costituita oggi), che già venerdì faranno sentire la loro voce sospendendo come in altre 20 città italiane le consegne per conto di Glovo, Just Eat, Deliveroo e Uber eats e invitando i cittadini a non ordinare cibo pronto dalle multinazionali del food.

Con un presidio davanti al municipio (alle 17.30) promosso dal sindacato Adl Cobas, chiederanno inoltre al Comune di Reggio azioni concrete per migliorare le proprie condizioni di lavoro e un tavolo per arrivare ad una “Carta dei diritti”, come quella firmata a Bologna. Nella città del Tricolore a inforcare la bici per consegnare panini e piatti pronti, sono giovani e non, alcuni stranieri. C’è chi spinto dalla crisi da Covid ne ha fatto un’occupazione esclusiva e altri “disponibili” solo nel fine settimana per arrotondare. Ma a decidere per tutti quantità, tempi e compensi dei recapiti è un’applicazione basata su “un algoritmo segreto”.

Lo spiega alla ‘Dire’ Alberto Seligardi, 27 anni, laureato a Londra in cooperazione internazionale e rider da due mesi, aspettando tempi migliori dopo la pandemia. Parla due lingue -inglese e francese- ma la sua denuncia è in italiano: “Ci dicono che siamo ‘imprenditori di noi stessi’– racconta- ma in realtà siamo lavoratori senza contratto, diritti e ammortizzatori sociali”. La “nostra vita e il nostro reddito- aggiunge- dipendono da un’applicazione che determina la paga di ogni consegna e che ti dà più o meno lavoro”.


A fine mese un rider può guadagnare fino a 1.500 euro lordi ma questo, viene precisato, non è affatto scontato. “Dovrebbe infatti lavorare a pranzo e cena tutti i giorni, cosa che nella realtà non si verifica spesso”. Cioè, continua Seligardi, “un lavoratore può dare la disponibilità ad effettuare consegne anche per quattro o cinque ore, trascorrerle all’aperto col freddo o col caldo, ma magari il sistema non gliene assegna nessuna”. Il “rischio di impresa” grava invece tutto sui lavoratori che si sobbarcano i costi di riparazione delle biciclette, telefono, linea internet e perfino mascherine e gel igienizzante. “Se si verificano irregolarità nei compensi possiamo confrontarci con la piattaforma solo via mail, perché non c’è un ufficio sul territorio o un numero da chiamare”, sottolineano i riders. “Se invece tardiamo un minuto a partire per una consegna, siamo subito contattati telefonicamente dalla piattaforma per sapere perché”.

E poi “siamo esposti a rischio di incidenti stradali e rapine, ma infortuni e malattia non ci vengono riconosciuti“. I lavoratori denunciano anche condizioni “ambientali” al limite della sopportazione. “Banalmente- spiega Silvio Rosati di Adl Cobas- non hanno un posto dove mangiare o andare in bagno fino a mezzanotte (quelli pubblici chiudono alle otto di sera e negli esercizi commerciali è vietato), ricaricare il cellulare, o aspettare gli ordini al coperto”. Una richiesta specifica dunque, quella di un “rifugio”, che i riders inoltrano al Comune. “Come sindacato- conclude Rosati- siamo al loro fianco anche con il nostro ufficio legale”. Componente fondamentale dello sciopero di venerdì, viene evidenziato, sarà però la solidarietà dei reggiani, a cui si chiede quel giorno di cucinare da soli.

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